I giovani “resistenti” contro la Meloni, ma muti sui diritti violati durante il Covid

Nemmeno 48 ore dal voto e gli studenti progressisti del Manzoni di Milano protestano. Non così attenti ai loro diritti quando venivano compressi da lockdown e Green Pass

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Non passano nemmeno 48 ore dalla vittoria di Giorgia Meloni. Nemmeno il tempo di elaborare il lutto, di convocare una riunione con le milleseicentocinquantadue correnti del Pd che la meglio gioventù cresciuta a pane e Maneskin decide di occupare il liceo Manzoni di Milanocrème della crème del progressismo italico, col cuore a sinistra e il portafoglio ben assestato a destra, coltivato nelle redazioni di alcuni quotidiani

Alla quale gioventù non interessa comprendere, senza per forza condividere, il malessere della maggioranza (26 per cento in totale per Fratelli d’Italia, più gli elettori di Lega e Forza Italia che insieme fanno il 16 e passa per cento: ovviamente tutti deplorables, per dirla con Hillary Clinton). Perché, in fondo, il voto è una zavorra, un intralcio burocratico con cui, ahimè, talvolta tocca confrontarsi.

Qualunque destra un pericolo

La demonizzazione del centrodestra, che come previsto non ha avuto alcun impatto sull’esito elettorale ma lo avrà eccome sulla reputazione dell’Italia all’estero, non sembra aver insegnato nulla: i giovani progressisti della Milano bene persistono negli errori dei padri.

Contrasteremo con tutte le nostre forze le politiche fasciste-classiste-razziste – ormai sono un tutt’uno – di questa destra. E pazienza se la destra, qualunque destra, in Italia, non ha mai avuto diritto di cittadinanza: da Berlusconi a Meloni, passando per Matteo Salvini. Ciascuno, a modo suo, è stato vittima di campagne d’odio.

Secondo la narrazione progressista, l’onda nera cavalcata dal Duce di turno – oggi è la Meloni, domani sarà qualcun altro – incombe sul nostro Paese da almeno vent’anni. A ogni elezione, si presenta un pericolo per la democrazia (“Dobbiamo dar vita a un nuovo CLN per salvare la Costituzione!”).

E pazienza se nessuno, di questa presunta svolta autoritaria, ha mai notato gli effetti. A dire il vero, nemmeno la sinistra riformista di Matteo Renzi ha mai avuto vita facile: riformisti sì, ma anche massimalisti (l’eterno paradosso del Pd descritto con lucidità dal professor Ricolfi).

Ma torniamo ai giovani partigiani, pronti a scendere dallo yacht di mamma e papà per salire sulle montagne (con adeguata attrezzatura da trekking e solo per un po’, perché di sera fa freddo e poi c’abbiamo l’ape in Piazza Duomo).

E i diritti compressi durante il Covid?

Costoro denunciano fantomatiche derive liberticide, soprattutto per quanto riguarda i diritti: il diritto all’unione civile, riconosciuto da una legge del 2016 che nessuno intende modificare; il diritto all’aborto, garantito dalla legge 194 di cui il futuro governo Meloni non cambierà una virgola etc…

Eppure, negli ultimi due anni e mezzo di Covid, i diritti di tutti e in particolar modo dei giovani sono stati compressi come mai era accaduto: dalle chiusure coatte, di cui sempre più studi attestano l’inefficacia, al Green Pass per accedere a scuole e luoghi di lavoro.

Lo spettro del lockdown energetico

E ora il fantasma del lockdown energetico che aleggia come un avvoltoio nei corridoi del Ministero dell’istruzione. Il primo a lanciare il sasso nello stagno, senza fare troppo rumore, è stato il presidente dell’Anp (Associazione nazionale presidi), Antonello Giannelli, intervistato dal Corriere lo scorso 28 agosto. Premessa rassicurante:

“Di fronte a questa nuova crisi anche la scuola deve fare la sua parte, come tutti noi: non è pensabile che si sottragga ma qualsiasi misura si decida di prendere per risparmiare metano ed energia elettrica, questa non deve pregiudicare il diritto allo studio né deve essere lasciata alla decisione della singola scuola”.

Sospiro di sollievo. Pugnalata improvvisa: “Certamente, si può accorciare la settimana scolastica riadattando gli orari. Molte scuole, soprattutto elementari e medie, già lo fanno”. Ennesima rassicurazione, non efficace quanto la prima:

“Il diritto allo studio è un diritto costituzionale e dunque non si può comprimere. Se però c’è un’emergenza nazionale, il governo e il Parlamento potrebbero imporre una soluzione temporanea a tutte le scuole”.

Domanda del giornalista: “Per esempio la chiusura del sabato con le lezioni a distanza. Dad un giorno alla settimana da ottobre ad aprile?”. Seconda pugnalata inferta al lettore, stavolta fatale: “Noi siamo pronti a considerare anche questa opzione purché sia per tutti gli istituti” (pari opportunità nell’idiozia, direbbe Paolo Crepet). E ancora: “Questa soluzione se usata bene può essere utile”.

Guarda un po’, queste parole non hanno suscitato l’indignazione dei giovani democratici, i quali hanno occupato un liceo per protestare contro l’esito di libere elezioni.

Niente proteste contro lockdown e Dad

Se quei giovani avessero davvero a cuore la libertà, in questi anni avrebbero protestato contro lockdown, coprifuoco e Dad, dannosa da un punto di vista formativo e psicologico. Tutte misure imposte dalla sinistra al governo.

Ma forse non è abbastanza cool mettersi contro gli autoproclamati eredi della Resistenza che, come tutti sanno, con la Resistenza vera non c’entrano niente.

Non lo sapremo mai con certezza, ma non è da escludere che se i giovani protestanti del liceo Manzoni fossero vissuti durante il Ventennio, avrebbero sfilato per le strade col fez e gli stivaloni da camerata in ossequio al conformismo di allora, uguale e contrario al conformismo di oggi. Cos’è che scrisse Alessandro Manzoni di Don Abbondio? “Coraggiosi si nasce, non si diventa”.

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