Politica

I nuovi trend del borseggio in metro: spray urticante e bande di latinos

Borseggi e rapine aumentano e si trasformano. Parlare di rom oggi è riduttivo, nuove organizzazioni e nuove “armi”. Più colpite Roma, Milano e Napoli

borseggiatori metro Roma (Cicalone)

Sembrava che il fenomeno da combattere, nelle grandi città come Roma, Milano e Napoli, fosse quello dei continui furti in aumento a danno di cittadini e turisti. In realtà, questa è una verità purtroppo solo parziale. Il problema è un altro, anche peggiore. Il trend 2024 per la c.d. Classe dei Borseggiatori è il ricorso ad una “tecnica” di scippo ben più grave e pericolosa. Da mesi, infatti, sono sempre maggiori gli episodi, soprattutto all’interno delle stazioni metro, di rapine violente facilitate dall’uso dello spray al peperoncino.

Effettivamente, va notata una certa genialità nell’iniziare a servirsi di una vera e propria arma dagli effetti per lo più temporanei ed immediati e non fatali, salvo che in rari casi, acquistabile senza alcun tipo di “identificazione” o altro requisito che richiederebbe, invece, qualsiasi altra “vera” arma.

Così, se questo spray nacque con uno scopo nobile, quello di aiutare soprattutto il genere femminile a scongiurare eventuali aggressioni, oggi si è conformato quasi inarrestabilmente ad un altro target dai fini subdoli.

Cosa fare?

Come impedire ad un cliente di poter effettuare un tale acquisto? Sulla base di cosa si può determinare la vendita a taluni e la non vendita a talaltri? Come accertarsi, cioè, della reale finalità dell’acquisto, ossia che quella sarà utilizzata come un’arma difensiva e non offensiva?

Il dilemma che si è aperto è piuttosto singolare. Si dovrebbe ritirare dal commercio, lasciarlo ancora in circolazione oppure contingentare le vendite? Se si ritirasse dal commercio, i malintenzionati riuscirebbero comunque a reperirlo per vie traverse, a dispetto degli onesti cittadini che ne verrebbero privati ingiustamente venendo nuovamente esposti a possibili pericoli. Viceversa, se non si ritirasse non prendendo alcuna misura, continuerebbe ad essere alla mercé di questi microcriminali. Cosa fare allora?

Sicuramente non fingere che il problema non esista. La logica più meticolosa sarebbe quella di concedere la licenza di vendita esclusivamente ai negozi di armeria, con tanto di identificazione e registrazione di ciascun acquirente.

I dati

La situazione è critica. Facendo una media delle tre città, al netto degli innumerevoli furti, lo spray urticante viene utilizzato da questi malviventi 1,7 volte al giorno per favorirsi nelle vie di fuga dopo un’avvenuta o tentata rapina. I dati sono ancor più allarmanti se si considera il solo territorio capitolino, attestandosi ad una volta al giorno con prevalenza metropolitana. Quindi si tratta di un conteggio relativo ai soli furti metropolitani.

Andrebbero considerati poi, in un discorso generale di sicurezza pubblica, tutti gli altri furti in prossimità di luoghi d’interesse, supermercati etc. Basti pensare alla rapina a mano armata di pochi giorni fa, avvenuta in pieno giorno tra lo sconcerto dei presenti, nel centro commerciale Happio di via Appia Nuova. Un evento che ha lasciato interdetti i romani che da decenni non sentivano parlare di un fatto simile nella propria città.

Le nuove bande

Nel frattempo, i borseggi aumentano e si trasformano. Parlare di rom o di zingari oggi è riduttivo. Roma e Milano sono scivolate nelle mani di una nuova famiglia criminale proveniente dal sud America: le bande dei Latinos. Sono strutturati, organizzati e ben frazionati sul territorio.

Si mimetizzano tra turisti e professionisti. Non si tratta più di individui immediatamente identificabili e quindi facilmente distanziabili; sono spesso ben vestiti, a volte si confondono tra professionisti e pendolari, quelli da cui mai ti aspetteresti un asso nella manica.

Da qui si spiega anche l’aumento dei borseggi, sempre più difficili da schivare. Agiscono in coppia e quando sono in difficoltà, perché qualcuno si permette di porre resistenza per difendersi, sopraggiungono i compagni. Sono molti i pestaggi già denunciati in cui le vittime di turno si sono ritrovate circondate da dieci o venti individui, sovente armati di coltelli. Questo fa capire non solo quanto sia ormai consolidata la loro struttura, ma anche che non si può continuare a farli entrare e uscire dalla caserma come fossero casi isolati; occorre indagare sulla più ampia organizzazione delittuosa cui fanno parte.

Le responsabilità dei sindaci di sinistra

Stupisce – e forse neanche tanto – che queste tre città, succubi di tale vessazione per mano straniera, abbiano in comune amministrazioni che, caso vuole, afferiscono al medesimo colore politico: a Roma Roberto Gualtieri, a Milano Giuseppe Sala, a Napoli Gaetano Manfredi.

Non è un voler puntare ostinatamente il dito contro l’opposizione politica ma, dati alla mano, è normale che questo genere di problemi riguardi puntualmente, sempre e soltanto la malagestione di sinistra? Perché quando a governare è la destra, quello della sicurezza non si pone mai come un tema di estrema urgenza? La risposta che giunge come un nastro rotto è sempre la stessa: “Della sicurezza, però, se ne occupa il prefetto”.

No! La prefettura ha il potere di stanziare forze dell’ordine sul territorio, ma di concerto con l’amministrazione comunale. È dovere del sindaco e della sua giunta provvedere e contribuire alla sicurezza della propria città.

L’ultima giunta di destra nella città di Roma risale agli anni in cui il Campidoglio era presieduto da Gianni Alemanno. La polizia dispiegata in città era tale da non permettere quasi neanche un’infrazione per velocità, figuriamoci violenze di altro genere. San Lorenzo per esempio, quartiere romano famoso per un certo tipo di movida sinistrosa e “420 friendly”, era letteralmente assediato dalle forze dell’ordine con innumerevoli posti di blocco.

Qualcuno lamentava il fatto di sentirsi “in uno stato di guerra”. Ma come? Invece di encomiare la presenza di più forze demandate alla nostra sicurezza, ci sentiamo in uno stato di guerra? Si arrivò a parlare addirittura di “privazione di libertà”. Forse quella libertà cara ad una certa sinistra di circolare con sostanze stupefacenti o di limitare la libertà altrui, quella che oggi abbiamo perso per davvero. Eppure la Roma di undici anni fa era decisamente meno violenta e più sicura della Roma di oggi. Come anche Milano e Napoli.

I cittadini si mobilitano

Alcuni cittadini, stanchi di questi quotidiani soprusi e dello snobismo e indifferenza dei propri sindaci, hanno pensato bene, pertanto, di mobilitarsi pacificamente, senza armi e senza violenza, e gratuitamente, con il solo fine di proteggere le potenziali vittime quotidiane.

È divenuto noto il gruppo di alcuni attivisti capeggiati da due pugili, Simone Cicalone e Mattia Faraoni, intenzionati a fare della propria prestanza fisica e forza un’arma di sola dissuasione per scoraggiare e diminuire i furti. Hanno sempre cercato di dissuadere gli scovati borseggiatori dai loro propositi, senza mai aggredirli. Questo ha permesso a decine se non centinaia di potenziali vittime di non essere derubate.

Eppure, questa “squadra” è balzata alla cronaca nazionale – sembra assurdo dirlo – per gli “attacchi” ricevuti proprio dalle rispettive giunte di sinistra, dai loro elettori e da alcuni presunti dipendenti delle stazioni metro: “Non potete fare quello che fate”. Ci si dovrebbe interrogare moralmente, prima di rispondere alla propria carica ricoperta, rispondendo alla propria rettitudine civica.

Come posso rimanere indifferente dinanzi a un furto, ad una ingiustizia, ad un sopruso? Come posso essere ostacolato nella volontà di aiutare pacificamente la mia stessa comunità? Prima di ambire ad una carica istituzionale, dovremmo imparare ad essere dei bravi cittadini. Kropotkin diceva: “se riuscissimo a metterci nei panni degli altri, tanto da sentire gli altri come fossimo noi, non avremmo più bisogno di leggi”.