Seneca diceva: “Da una grande persona c’è qualcosa da imparare anche quando tace”. Quando tace, appunto. Ma viviamo il tempo del pensiero che si propaga alla velocità della luce, liquido e melmoso come i fiumi in piena.
Parlare tanto finché si può, finché qualcuno ci ascolta, finché qualcuno dà ancora valore a ciò che diciamo e finché ciò conti anche solo qualcosa. Poi sarà l’oblio al quale siamo tutti destinati, tranne l’improbabile caso in cui la gloria sollevi quei pochi dal mare vasto delle persone passate fra le tante.
O si lascia un segno profondo o la storia piallerà anche i profili dei potenti di un’epoca, pochi dei quali resteranno dei fari a segnare una rotta, se qualcuno vorrà farlo.
La lettura più semplice
Nel caso del loquace Berlusconi, con le sue ultimissime esternazioni – benché, si badi bene, anche queste rubate e diffuse illegalmente – siamo alle solite.
Come sempre, gli esperti della dietrologia e gli esegeti delle cazzate, anche quelle dette tanto per spararne una, si sono buttati ad attribuire a Berlusconi chissà quali astrusi secondi fini.
La lettura più semplice e probabile, quella della smania del Cav di stare in cima al mondo anche dopo aver imboccato definitivamente il viale del tramonto, unita alla probabile percezione di essere ormai fuori dal gioco sul campo principale, quello che fa classifica, da sole basterebbero a spiegare tanta inopportuna e pericolosa verbosità. Ma invece no, bisogna dividersi tra il partito del “B. dice quel che pensa?” e quello del “B. pensa ciò che dice?”.
Inutili esercizi di retorica, aggravati da un clima di “fate presto!” che difficilmente si riesce a giustificare anche in tempi di crisi, stiamo ammantando di valori politici e filosofici persino le scemate dal sen sfuggite di un signore molto anziano che, come capita a moltissimi, non sa più e non vuole trattenersi. Ognuno di noi invecchia come può e, seppure in misura molto ridotta, come vuole. A certi inflessibili detrattori potrebbe capitare di peggio, prima fra tutte, la mancata garanzia di arrivarci agli 86.
Per onestà intellettuale dovremmo, comunque, non scartare la tesi del grande statista che sa di fare scoppiare la bomba incendiaria con quelle esternazioni e che ritiene giusto ed opportuno farlo in quel modo.
Francamente mi pare difficile associare le doti dello statista con la vanteria di avere riallacciato, tanto più recentemente, rapporti tenerissimi col dittatore russo, e, se ciò che sentiamo fosse tutto vero, verrebbe del tutto meno, per la maggior parte di noi, ogni stima per l’autore di tali sciocchezze, le quali, oltretutto, stanno creando non pochi problemi interni ed esterni.
Cui prodest?
Ma questi sono i fatti di questi giorni. I casi sono solo due: o tutto ciò è vero, oppure trattasi di una colossale e mefitica montatura, ordita, più che contro un Berlusconi che conta ormai come il due di picche, contro un governo che dovrebbe essere forte e coeso, oltre ad essere, dopo oltre un decennio, frutto della volontà della maggioranza degli italiani.
Diciamolo chiaramente: se buona parte degli avversari di Berlusconi lo hanno indicato per moltissimi anni come espressione vivente di ogni più infamante perversione, oltre all’accusa di avere addirittura rapporti diretti con la mafia, cosa può cambiare, almeno per lui, se ci aggiungiamo quella delle bottiglie di vodka o quella di chi avrebbe davvero voluto la guerra in Ucraina?
Cui prodest? A chi giova tutto ciò? Non di certo al governo di centrodestra che (forse) sta per nascere. Ma non è finita qui, statene certi. Ne sentiremo di peggiori.
Di sicuro c’è una vittima del gran parlare ed annotare del Silvio nazionale – non saprei se designata, sacrificale o malcapitata: il partito da lui fondato, sul quale, peraltro, non ha più il controllo, riportando in gran luce la quasi sopita questione del suo successore.
Sarà una guerra di secessione o di sola successione? Comunque vada, lascerà molte vittime sul campo, ivi e soprattutto comprese quelle da ”fuoco amico”.