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Il Climate Clock, l’orologio dei catastrofisti per terrorizzarci (e fare soldi)

Esposto a Union Square, New York, indica la data oltre la quale saremo spacciati. L’ultimo giorno utile per “salvare il pianeta” sarebbe sabato 21 luglio 2029

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In Union Square a New York esiste un orologio digitale molto particolare: per anni ha indicato un numero che pochi comprendevano (ore, minuti, secondi e decimi trascorsi dall’inizio della giornata).

Ma da qualche tempo ha cambiato funzione (e indicazione): oggi si chiama “Climate Clock”  (#ClimateClock) e serve a terrorizzare la popolazione, indicando con assoluta precisione quanto dura “la finestra temporale critica che ci resta prima che gli effetti globali del global warming divengano irreversibili”. Irreversibili: superata questa data il pianeta sarà spacciato.

A parte il non trascurabile fatto che qualunque azione distruttiva l’uomo faccia, il pianeta in sé non se ne cura proprio (è esistito ben prima della comparsa della vita stessa e probabilmente continuerà a farlo anche dopo la sua estinzione), è interessante capire sia chi ha deciso che una tale data esista, sia da chi e perché il meccanismo di terrorizzare le persone è utilizzato nel mondo.

Quanto manca? 

Innanzitutto, quanto manca alla famosa data? Ad oggi (8 marzo 2023) mancano 6 anni, 136 giorni ed alcune ore (ma attenti, voi che leggete: in questo momento anche meno). In altre parole, l’ultimo giorno utile per “salvare il pianeta” sarà sabato 21 luglio 2029.

Detto per inciso, esiste il rischio che questo orologio faccia la sua comparsa anche dalle nostre parti: seguendo il link, infatti, scopriamo che gli autori del clock invitano tutte le città del mondo a dotarsi del proprio, come hanno già fatto Seoul e Glascow. 

Le fonti

La data fatale pare essere stata decisa dal “Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change”, auto definito “think tank” che – attenti al caffè – “unisce analisi economiche e sociali di alto livello con un approccio strutturato all’interfaccia scienza-politica, fornendo portafogli di politiche orientate alle soluzioni per la mitigazione del clima, per la governance dei beni comuni globali in generale e per migliorare molti aspetti del benessere umano”. 

Beninteso, nell’ambito di “una cultura lavorativa e interpersonale di diversità, tolleranza e pari opportunità”.

A sua volta ll serbatoio di pensiero dichiara di basarsi sui dati dell’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate ChangeQuesta l’idea: “l’orologio indica quanta Co2 può essere rilasciata nell’atmosfera per limitare il riscaldamento globale ad un massimo di 1.5°C e 2°C, rispettivamente”.

Rispettivamente? Con un po’ di fatica comprendiamo: i sei anni sono relativi all’aumento di temperatura medio di 1,5 gradi, mentre nel caso si tollerino altri 0,5 in più si passa a 24 anni e un mese (come dire: il mondo sarebbe condannato solo dal 2046).

Perché proprio 2?

Ci aspetteremmo di trovare su uno dei due siti la spiegazione del perché questa data sarebbe fatale, ma niente. Oltretutto la cifra “2” ci ricorda un altro assioma che nessuno spiega, il famoso 2 per cento di target dell’inflazione (obiettivo sia della Fed che della Bce).  

Perché proprio 2 per cento? Perché non ad esempio 3, o 0,5 per cento? Se qualche lettore conosce la risposta a questo dilemma, e ovviamente al target di 1.5C scelto per il Climate Clock, ce lo faccia sapere nei commenti (ma per cortesia con un ragionamento logico, non citando qualcuno che lo abbia affermato).

Il peccato originale

Per parte nostra diremmo che tutta questa operazione sia il modo scelto da una certa élite per guadagnare potere (e soldi).

Proviamo un’analogia. Nella religione prevalente in Italia si nasce nel peccato (peccato originale) e occorre battezzarsi. Analogamente lato clima, noi occidentali siamo tutti nel peccato, nostra colpa originale l’abitudine a riscaldare troppo le case – per anni abbiamo addirittura preferito il gasolio al metano -, l’utilizzo di automobili con il motore a scoppio (sorry, “endotermico”) e così via. 

Lato religione, restare nel peccato senza l’intervento delle chiese sotto forma di determinati riti ci porterebbe alla morte (eterna). Lato clima, non seguire le indicazioni dei climatologi porterebbe addirittura alla “morte del pianeta” (o meglio, all’estinzione della razza umana). Quello che ci ricorda il Climate Clock

Nel frattempo, donate!

In tutti i casi chi avanza queste fosche previsioni tende a impaurire gli altri anche al fine di raccogliere denaro: come lo facciano le chiese lo sappiamo, nel caso dei nostri amici del clima si usa un bel bottone “Donate”, che prevede i seguenti tagli: 20, 50, 100, 250, 1000 dollari. 

Ma va anche detto che nel caso delle religioni, almeno qui in Italia, tolte le spese dell’infrastruttura e degli stipendi ai sacerdoti, restano azioni positive sotto gli occhi di tutti: gli interventi dalla Caritas, le missioni in zone povere, eccetera. Non è invece dato sapere il dettaglio di come siano spesi i fondi raccolti da Climate Clock

Pascal’s mugging 

Il tutto ci riconduce alla teoria detta Pascal’s Mugging, una variante della scommessa di Pascal. In quest’ultima, il matematico, fisico e filosofo francese sosteneva che, a fronte dell’impossibilità razionale di determinare l’esistenza di Dio, la decisione saggia è scommettere sul sì, in quanto se si vince si guadagna (la vita eterna), mentre se si perde, non si perde nulla.

Nel caso del Pascal’s Mugging (rapina di Pascal) si evita di portare in ballo gli antipatici infiniti (vedere le formule di Wikipedia qui sopra) e il problema è formulato in modo più correlato alla nostra questione. Ecco un esempio: “Una persona è avvicinata da un rapinatore che minaccia di uccidere un numero astronomico di esseri umani a meno che la persona stessa non accetti di dargli cinque dollari. Anche una probabilità minima assegnata all’ipotesi che il rapinatore manterrà davvero la sua promessa sembra sufficiente a rendere la prospettiva di dare cinque dollari al rapinatore migliore dell’alternativa”.  

L’esperimento mentale solleva un problema per la teoria del valore atteso poiché sembra intuitivamente assurdo che dovremmo dare soldi al rapinatore, eppure questo è ciò che la teoria sembra implicare: è possibile approfondire l’affascinante questione qui.

Conclusioni 

Non possiamo che fare i complimenti a coloro che hanno affittato il clock di New York trasformandolo nel Climate Clock, togliendogli oltretutto l’assurda pretesa di indicare banalmente l’ora.

Con soli 20 dollari (ricorrenti) questi artisti (sì, sono artisti) ci danno la possibilità di sentirci quasi senza peccato, togliendoci non solo il senso di colpa per andare in vacanza in aereo, ma anche quello ben più grave di aver ecceduto i 19 gradi in casa durante le feste di Natale. 

Sì, è davvero venuta l’ora che qualcuno installi un Climate Clock anche nelle nostre città.