Si era scritto nelle scorse settimane che l’Abruzzo si era trasformato in una sorta di Ohio italiana, lo Stato chiave nella contesa elettorale tra le forze della maggioranza di governo e il cosiddetto campo largo organizzato dai partiti d’opposizione. In effetti, l’Abruzzo si è rivelato una Caporetto per Elly Schlein, Giuseppe Conte e tutti coloro che avevano aderito al campo fin troppo allargato.
Ma più della regione che divide l’Appennino centrale dal mar Adriatico, è la Basilicata che si è improvvisamente presentata come una vera Via Crucis per il centrosinistra che ha fatto fatica perfino a trovare un candidato. Eppure non mancavano i nomi da poter proporre. Uno su tutti: l’ex ministro della sanità, Roberto Speranza, che ha declinato l’invito provocando la reazione stizzita di Rosy Bindi.
Il rimprovero di Rosy Bindi
“L’ex ministro Speranza ha assolutamente sbagliato nel rifiutare la candidatura a presidente regionale della Basilicata per il centrosinistra, perché, in caso contrario, ci sarebbe stata l’unità del centrosinistra e probabilmente avrebbe vinto le elezioni. Anziché stare in Parlamento a fare un discorso ogni tanto, poteva far vincere una regione al centrosinistra e magari metteva a posto la sanità della Basilicata”, ha dichiarato l’ex ministro ed ex presidente del Pd a Otto e mezzo su La7.
Per poi rincarare la dose rivolgendosi direttamente al suo collega di partito: “Candidati tu, sacrificati, fai una cosa utile per la tua terra, per il centrosinistra e per l’Italia. Ma purtroppo i giovani non sono abituati a fare questi sacrifici e siamo in questa situazione”.
Il rifiuto
Non si è fatta attendere la replica di Speranza affidata a un lungo post su Facebook. Ha definito “insensate” le critiche ricevute trincerandosi dietro lo stress accumulato durante il periodo pandemico e l’ostilità di quella che lui definisce “galassia no-vax”. Ha anche parlato di minacce che continuano ad arrivargli nonché di istigazioni all’odio nei suoi confronti sia sui social che da parte “di un pezzo limitato ma molto rumoroso del mondo editoriale”.
A suo dire, questo clima così sfavorevole è stato ulteriormente aggravato dall’istituzione della Commissione d’inchiesta sul Covid. Insomma, per tutte queste ragioni e anche “per non rompere il patto con gli elettori del collegio napoletano” dove è stato eletto nel listino plurinominale del Pd, ha deciso di rifiutare la candidatura offerta.
Fare luce sull’emergenza sanitaria
Tuttavia, c’è un punto assai debole in questa disanima: lo stress accumulato non gli impedisce di svolgere l’attività politica, di presentare il suo libro in giro per l’Italia ma gli sconsiglia di correre in Basilicata. Il controsenso è evidente. Peraltro, lo stesso Speranza è particolarmente vivace quando si tratta di contrastare l’indagine parlamentare sulla pandemia. Tanto è vero che ha aspramente etichettato la commissione come “un plotone d’esecuzione contro chi ha governato nella stagione precedente”.
Eppure, al di là delle minacce che sono sempre da censurare, il diritto di critica e il dovere di analizzare faccende controverse dovrebbero essere alla base di una democrazia liberale. Soprattutto quando si tratta di far luce su un periodo buio in cui i principi liberali sono stati sacrificati sull’altare dell’emergenza interminabile. Troppo comodo catalogare come un reietto, come uno spregevole no-vax chi ha contestato l’introduzione del Green Pass (e non dei vaccini) come strumento coercitivo e discriminatorio dietro cui si celava un obbligo surrettizio.
Altro che consenso informato, visto e considerato che si trattava di bere o affogare. Nel nostro caso, di piegarsi ai diktat sanitari pena la perdita del lavoro e/o della vita sociale. Questa è la questione che non può essere elusa con le solite formule stereotipate. Così come ci sarebbe tanto da approfondire sui lockdown prolungati, sulle continue chiusure delle attività economiche e, appunto, sui pesanti effetti collaterali della gestione sanitaria sui diritti e sulle libertà.
Banco di prova
Magari, le elezioni in Basilicata sarebbero state un piccolo banco di prova per misurare il consenso popolare di queste politiche sanitarie così draconiane. Il sistema maggioritario dà risposte certe e inequivocabili rispetto ai listini proporzionali dove prevale il voto per il partito e non per il candidato. Qualche commentatore ha ironizzato sulla decisione di Speranza. Il dubbio di tanti è che il non expedit sia stata dettato dal timore della sconfitta che avrebbe rappresentato una sonora bocciatura per colui che, più di altri, ha incarnato l’intransigenza sanitaria.
Un’ultima obiezione: se il post doveva chiarire il senso delle scelte dell’ex ministro almeno nelle sue intenzioni, alla fine prevalgono le perplessità sulle certezze. Se Talleyrand fosse vissuto nella stessa epoca di Speranza gli avrebbe fornito un suggerimento fondamentale: surtout, pas trop de zèle. Soprattutto non troppo zelo. In particolare, quando non giova affatto alla tesi che si vuol ostinatamente difendere.