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Il perdente di successo: tutti gli errori e le contraddizioni di Letta

Una delle più disastrose campagne elettorali della sinistra: dal caos alleanze agli allarmi poco credibili. Il post 25 settembre si preannuncia incandescente nel Pd

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Si sta per concludere una delle più disastrose campagne elettorali nella storia della sinistra italiana. Tutto merito o demerito (a seconda dei punti di vista) dei madornali errori strategici e della tattica suicida adottata dal segretario del Pd, Enrico Letta, che dall’inizio non ne ha azzeccata una nemmeno per sbaglio, fino al bus elettrico che si scarica e lo lascia a piedi, costringendolo a proseguire in auto la sua campagna elettorale. Una barzelletta più che una nemesi.

Le contraddizioni

Letta aveva cominciato promuovendo la fantomatica agenda Draghi e si è ritrovato come alleati Fratoianni e Bonelli che sono stati arcigni oppositori del governo guidato dall’ex capo della Bce. Così, ha spostato sempre di più a sinistra l’asse dell’alleanza, perdendo per strada la strana coppia formata per esigenze elettorali da Calenda e Renzi.

A quel punto, avrebbe potuto imbarcare anche i 5 Stelle a guida contiana che, almeno in termini di consensi, surclassano la formazione di Fratoianni e Bonelli. Ma ha prevalso l’ostracismo verso l’ex premier dettato da una questione di principio: è stato ritenuto responsabile della caduta del governo.

Mentre, allo stesso tempo, Letta ha concesso il paracadute a due ministri non proprio brillantissimi (eufemisticamente parlando), Speranza e Di Maio, che non avrebbero mai raggiunto il quorum con i loro piccoli partiti.

Ben conoscendo il meccanismo del Rosatellum che obbliga alle aggregazioni, era consapevole di consegnarsi a una sicura sconfitta. Per cui, risultano incomprensibili le recriminazioni di questi giorni sulla “peggiore legge elettorale” concepita a suo tempo da un deputato del Pd e mai modificata nella fase post renziana dal partito di Letta, che pure è stato al governo in questi ultimi anni.

Così come risulta altrettanto surreale la retromarcia sul taglio del numero dei parlamentari, votato anche dal Pd all’epoca della corrispondenza di amorosi sensi con i grillini e del governo giallo-rosso.

Tutto questo sta avendo come effetto uno schiacciamento del Pd tra l’ala destra, quella calendiana, e l’ala sinistra, quella contiana, che sono cresciuti negli ultimi sondaggi diffusi (prima che scatti l’assurdo divieto di pubblicazione) proprio a danno della compagine lettiana. Insomma, un capolavoro di tattica e strategia.

Una demonizzazione poco credibile

A questo si aggiunga la demonizzazione dell’avversario partita un attimo dopo la caduta del governo Draghi, sostenuta anche dalla stampa di riferimento, che sta accompagnando Letta in questa ingloriosa Caporetto.

Tuttavia, anche su questo versante, il comportamento di Letta risulta contraddittorio e pure autolesionista. Dapprima, ha dimenticato tutte le uscite pubbliche con Giorgia Meloni che la stessa leader di Fratelli d’Italia definì scherzosamente come una riedizione della famosa sit-com Casa Vianello.

Per cui, trasformare qualche settimana dopo la Meloni nella donna nera della politica italiana non è stato tanto credibile. È servito solo a impostare la campagna elettorale inseguendo l’avversario senza avere la forza e la capacità di imporre una propria linea politica.

Letta ha portato alle estreme conseguenze quella che fu la stessa tattica perdente di Veltroni nella campagna del 2008. Non pagò la scelta di creare un cordone sanitario nei confronti di Berlusconi che l’allora leader del centrosinistra non riteneva degno nemmeno di essere nominato. Un clamoroso autogol che ebbe come epilogo una sonora sconfitta.

L’allarme democrazia

Né può risultare convincente l’allarme reiterato di Letta sulla Costituzione a rischio o sulla democrazia in pericolo dopo il biennio pandemico e le incredibili restrizioni imposte ai cittadini. Così come pare di retroguardia e pregiudiziale il rifiuto di discutere di presidenzialismo nel prossimo Parlamento, anche perché non adeguatamente motivato.

Probabilmente, è strumentale a questi ultimi giorni di campagna che si preannunciano molto impervi per il leader dei Dem, vista anche la pesante eredità lasciata al futuro esecutivo in termini di crisi energetica con la poco incoraggiante prospettiva di passare dai lockdown ai blackout.

Per cui, appare spuntato pure l’ultimo timore, quello sul tentativo del centrodestra di conquistare il Quirinale a elezioni vinte, liquidato seccamente da Calenda con un epiteto colorito.

Limitare la sconfitta

La netta sensazione è che, fin dal principio, Letta stia difendendo la sconfitta tentando di contenerne le proporzioni con l’obiettivo di conservare almeno la leadership del partito. L’impressione, però, è che alla fine non riesca né nell’una né nell’altra impresa.

Anzi, Bonaccini appare già il segretario in pectore del futuro Pd che proverà a ricostruire quel campo largo che, invece, a Letta si è disintegrato tra le mani. Il presidente dell’Emilia Romagna ha dichiarato di recente: “Ora si va uniti per le elezioni e poi si vedrà”.

Ergo, il post 25 settembre si annuncia già incandescente dalle parti del Nazareno. Le parole di Bonaccini risuonano come una versione aggiornata del famoso e indimenticabile “Enrico stai sereno”. Quello che rischia di passare alla storia come il più grande perdente di successo della politica italiana.