“Davvero, vivo in tempi bui!” scriveva Bertolt Brecht nella celebre poesia del 1939 “A coloro che verranno”. Il poeta e drammaturgo tedesco si riferiva ovviamente al nazismo, che lo costrinse ad un lungo esilio in Europa e America.
Rigurgiti in Europa
Fatte le debite differenze, l’impetuoso e sfacciato ritorno sulla scena dell’antisemitismo induce purtroppo a credere che i tempi bui non siano affatto passati. Gli episodi, un po’ ovunque nel mondo, si contano ormai a centinaia. Incendi di sinagoghe, aggressioni collettive e individuali a comunità e cittadini ebrei, propaganda antisemita diffusa senza freni.
A preoccupare, comunque, è l’Europa, giacché proprio qui la follia antisemita ha già provocato tragedie immani riempiendo il vecchio continente di pogrom e campi di sterminio. A chi conosce la storia non suonano nuove le pulsioni antiebraiche nell’Europa orientale, patria per eccellenza dei pogrom che diedero origine all’ultima diaspora.
Più difficile giudicare i rigurgiti antisemiti in Paesi quali Francia e Regno Unito, dove ci si attendeva che l’antisemitismo fosse tramontato per sempre. Non è così, e le drammatiche immagini dell’aggressione subita tempo fa a Parigi dal filosofo Alain Finkielkraut sono lì a dimostrarlo.
Meraviglia ancor più, tuttavia, quanto accade nel Regno Unito, contesto in cui l’antisemitismo – pur presente – non ha mai raggiunto dimensioni di massa. Nel Labour, partito storico della sinistra inglese, un gruppo di deputati organizzò una scissione mettendo sotto accusa l’allora leader, Jeremy Corbyn. Non va trascurato il fatto che, secondo gli scissionisti, lo stesso Corbyn pronunciò più volte frasi interpretabili in chiave antisemita, senza d’altro canto prendere posizioni nette di fronte al diffondersi del fenomeno anche in ambito britannico.
Si tratta di una tendenza nettamente percepibile e già notata. Le pulsioni antiebraiche non vengono solo dai tradizionali movimenti neonazisti, peraltro sempre minoritari, che ancora credono all’autenticità dei “Protocolli dei savi anziani di Sion”. Attraversano pure il variegato movimento populista, qualunque sia il significato ad esso attribuito, e naturalmente la popolazione di origine arabo-islamica, ormai consistente proprio in Francia e Regno Unito.
Antisemitismo di sinistra
Né deve sorprendere che si manifestino pulsioni di questo tipo anche a sinistra. In questo caso giova ricordare che molti movimenti di sinistra, dopo un’iniziale simpatia manifestata per Israele ai tempi dei fondatori quali Ben Gurion, hanno poi assunto posizioni nettamente contrarie facendo leva, per esempio, sulla mancata distinzione tra ebraismo e sionismo, e scordando i motivi che condussero alla nascita di quest’ultimo.
Ci sono eccezioni, anche se minoritarie. L’11 ottobre Maurizio Molinari, direttore di Repubblica, quotidiano mai tenero nei confronti di Israele, ha avuto il coraggio di scrivere un fondo significativo. Parlando dei bambini massacrati nei kibbutz di Kfar Aza e di Be’eri, ha citato i pogrom paragonando i miliziani di Hamas alle guardie dello zar che compivano stragi nei villaggi della Russia, e alle SS naziste che davano alle fiamme villaggi e sinagoghe per risparmiare le pallottole.
Purtroppo, a sinistra, ben pochi hanno seguito l’esempio di Molinari. E stupisce, a questo punto, il sostanziale silenzio di Elly Schlein, che pure è ebrea. Se Bertolt Brecht tornasse in vita non tarderebbe a riconoscere nell’antisemitismo odierno gli stessi tratti di quello dominante al tempo suo, e ne sarebbe inorridito. Ci farebbe notare che l’antisemitismo è sempre stato il brodo di coltura del totalitarismo e, ancora una volta, ricorrerebbe alla metafora dei “tempi bui”.