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Il ruolo dei media in pandemia: mea culpa in Germania, i nostri perseverano

Il direttore dello Spiegel coglie il punto: preoccupanti la facilità con cui le libertà civili sono state sospese e l’accondiscendenza della stampa

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Prima o poi, bisognerà analizzare in maniera accurata pure il ruolo che ha ricoperto l’informazione mainstream durante la lunga stagione di divieti e obblighi sanitari. Infatti, mentre da noi la grande stampa persevera nella narrazione pandemicamente corretta, altrove è arrivato il momento di riconoscere gli errori di valutazione e iniziare una doverosa fase di autocritica per l’atteggiamento compiacente verso le severe misure sanitarie imposte dai vari governi.

L’accondiscendenza dei media

Per esempio, in Germania, la nota rivista Der Spiegel, attraverso il suo direttore Alexander Neubacher, ha pubblicato un editoriale che assomiglia a una sorta di pentimento. “Ciò che mi preoccupa in retrospettiva è la facilità con cui le libertà civili sono state sospese nella nostra presunta civiltà liberale”, ha scritto Neubacher cogliendo alla perfezione il punto focale di tutta la questione, quello rispetto al quale in Italia si fanno ancora orecchie da mercante o ci si rifugia nello stantio frasario sanitario.

“Ora sappiamo che molte misure pandemiche erano prive di senso, eccessive e illegali”, ammette il giornalista tedesco aggiungendo che il comportamento accondiscendente dei media ha rappresentato una pagina ingloriosa. Non a caso, nel silenzio generale, solo La Verità ha dato conto di questa importante presa di posizione che apre uno squarcio nel granitico muro eretto dai principali organi di informazione a difesa dell’autoritarismo sanitario.

Infatti, Neubacher ha elencato alcune delle misure assurde che abbiamo patito negli ultimi tre anni: divieto di uscire di casa, divieto di contatti, blocco dei viaggi, mascherine obbligatorie pure all’aperto, coprifuoco in alcune ore del giorno.

Insomma, lo scenario apocalittico, tristemente noto, che certifica una volta di più l’invadenza del potere pubblico, nonché la blanda opposizione a questi provvedimenti terribili da parte della stampa che, come da tradizione anglosassone, dovrebbe essere il cane da guardia della democrazia e, in questa circostanza, si è dimostrata fin troppo mansueta.

Il quarto potere, invece, come in un riflesso pavloviano, ha assecondato la svolta tirannica derogando al proprio ruolo. Neubacher, con grande lucidità e coraggio, ha messo tutto nero su bianco. Chissà quando ci sarà concesso il piacere di leggere un minimo ripensamento anche di qualche penna nostrana.

La nostra stampa persevera

Per ora, prevale ancora una certa prudenza. Lo conferma, per esempio, il pezzo dello scrittore Paolo Giordano apparso in settimana sul Corriere della Sera in cui ha bollato la commissione parlamentare d’inchiesta come qualcosa di “troppo politico e opportunistico”.

Sul fatto che sia uno strumento politico – dando al termine un’accezione neutra – non ci sono dubbi di sorta. Ne resta qualcuno sull’opportunismo evocato da Giordano, anche perché si ravvisa assolutamente l’opportunità e la necessità di approfondire quanto successo nel periodo pandemico.

Per la verità, Giordano si duole del fatto che le misure stringenti non siano state adottate con la dovuta celerità, accusando dei ritardi quelle incertezze dettate dalla volontà di non stressare troppo l’economia (le libertà e i diritti non li menziona neppure). Lui scrive che “la ratio iniziale nella gestione della pandemia è stata quella di preservare la normalità socio-economica al di sopra del resto, e quella ratio è stata mantenuta fino a quando è stato inevitabile rovesciarla”.

Sappiamo che, in seguito, è stato tutto stravolto, non solo la normalità socio-economica. Siamo piombati in un delirio di norme insensate prodotte a livello statale e locale, a volte perfino confliggenti tra di loro, che hanno inciso pesantemente su diritti presidiati a livello costituzionale. Tutto questo sfugge a Giordano (ma non solo a lui).

L’oggetto della commissione d’inchiesta

Tuttavia, non vuol lasciare nulla di intentato: è giusto cercare la verità, affidandosi a esperti imparziali che ci forniscano “un resoconto condiviso e il più possibile coerente per non ricadere in futuro in errori analoghi”. Purché, nessuno sia così avventato da “additare delle singole persone, e nemmeno delle singole forze politiche come colpevoli dell’epidemia in Italia”.

Quindi, di grazia, su cosa si dovrebbe indagare se dal campo di azione vanno escluse le responsabilità politiche? Quale sarebbe il ruolo di una commissione d’inchiesta? Peraltro, dell’epidemia è responsabile il virus venuto dalla Cina ma della gestione scriteriata sono responsabili tutti coloro che hanno avuto un ruolo durante questo lungo triennio.

Se alcune decisioni sono ritenute “insensate, eccessive e illegali”, come ha scritto Der Spiegel, allora, in una democrazia matura, si riscrive la storia e si informano i cittadini su quelle che sono state le criticità riscontrate. Così da evitare che, in futuro, si risponda a un’epidemia con strumenti medioevali, si spaccino per scientifici provvedimenti che sono del tutto politici, che si consenta di derogare a norme costituzionali con atti amministrativi o addirittura ordinanze regionali.

Questa è la materia del contendere, non i mancati lockdown sulla cui conclamata inefficacia ci sono studi scientifici importanti. A maggior ragione, adesso, che stanno emergendo fatti che meriterebbero un attento esame.

La versione di Sileri

Come, per esempio, le dichiarazioni rese dal vice ministro Pierpaolo Sileri quando è stato ascoltato dalla Procura di Bergamo nella veste di persona informata sui fatti. Il racconto – così come riportato da diversi organi di informazione, tra cui Corriere della Sera e La Verità – delinea i contorni di un complicato intrigo e dimostra ancora una volta quanto sia fondamentale il ruolo della commissione d’inchiesta per illuminare certi passaggi delicati di quei giorni drammatici in cui stavamo perdendo progressivamente le nostre libertà.

Dopo le rivelazioni di Sileri, appaiono definitivamente depotenziate le resistenze delle opposizioni alla istituzione della commissione che dovrebbe partire senza ulteriori indugi o esitazioni. Gli italiani hanno il sacrosanto diritto di conoscere tutta la verità e di ricevere risposte convincenti.

Rimozione inammissibile

Infatti, in nome del martellante e fuorviante richiamo alla “scienza” è stata giustificata qualsiasi norma insensata. Gli scienziati possono esprimere pareri indipendenti e imparziali – dimostrandone pure l’efficacia – ma poi spetta al decisore politico assumersi l’onere delle scelte contemperando i vari interessi in gioco e rispettando i principi fondamentali del nostro ordinamento.

Altro che normalità socio-economica di cui ha parlato Giordano. L’Italia ha sacrificato tutto sull’altare del virus: le libertà, i diritti, l’economia, il patto sociale, la convivenza civile e, non ultima, la salute messa a rischio da provvedimenti liberticidi e dalla maniacale attenzione riservata solo al Covid (il tutto a discapito di patologie assai più gravi).

Perciò, non è ammissibile alcun tentativo di rimozione. Così come va arginato l’ostruzionismo parlamentare. Ogni aspetto di questa assurda vicenda deve essere scandagliato e messo sotto la lente di ingrandimento. A futura memoria.

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