Politica

Il successo di Giorgia Meloni in Europa manda in crisi di nervi la sinistra

Merito della premier l’accordo a Bruxelles, si avvia ad essere il vero kingmaker post-9 giugno, mentre la sinistra si aggrappa al caso Salis che sarà un boomerang

Meloni Orban Consiglio Ue

È notizia di ieri, dopo mesi di paralisi finalmente il Consiglio europeo ha dato il via libera a 50 miliardi di aiuti a Kiev. Al netto delle minacce concrete che i vari leader dell’Ue hanno rivolto al primo ministro ungherese Viktor Orban, una delle persone cui maggiormente si deve questo risultato è senza dubbio Giorgia Meloni.

Merito di Meloni

Ne è convinto il quotidiano Politico.com, uno dei più autorevoli organi di informazione a livello europeo, il quale riconosce i meriti del presidente del Consiglio italiano, facendo notare come la preziosa tela diplomatica tessuta da Meloni in questi ultimi mesi abbia avuto ieri uno dei suoi punti culmine: il sì dell’Ungheria allo sblocco dei fondi all’Ucraina. Persino il Corriere, seppur molto timidamente, riconosce i meriti del premier, fatto evidente di come anche questa volta sia passato un messaggio del tutto opposto rispetto a quello di un’Italia cenerentola d’Europa o addirittura suddita dei diktat di altri stati.

E così Giorgia Meloni, che sin da sempre si è battuta per un’Europa nella quale non vi siano degli stati di serie A e serie B – molto semplicemente perché così prevedono i Trattati, visto anche il voto all’unanimità su molte materie delicate – sembra aver funzionato. Ma c’è di più: al di là della visione di Europa, ciò che maggiormente colpisce del vertice di giovedì è l’immagine ritrovata di un’Italia che finalmente, dopo anni nei quali era andata a Bruxelles con il cappello in mano, pronta ad acconsentire ad ogni misura, rinunciando a giocare un ruolo di traino ma accontentandosi di una pacca sulla spalla (importantissima in tempi dei premier arrivati a Chigi grazie a giochi di palazzo), ha ritrovato nuovamente il suo orgoglio ed è pronta ad esercitare il ruolo che da sempre le aspetta in quella che da sempre è la sua casa naturale: l’Europa.

Questo grazie a un governo con una visione chiara, una stabilità e un consenso politico di cui oggi in pochissimi godono in Europa, in grado di agire in maniera strategica, calcolando e programmando le proprie mosse non in maniera miope, ma con in mente un orizzonte di lungo periodo.

Se ieri Orban ha detto sì ai fondi all’Ucraina il merito è soprattutto di Giorgia Meloni, che forte di un’amicizia personale mai rinnegata con il premier ungherese nonché della fiducia e dell’influenza conseguita all’interno delle istituzioni comunitarie e internazionali, è riuscita in un’operazione di vitale importanza per l’Occidente intero. Già, perché in ballo c’era lo sblocco di fondi in assenza dei quali la resistenza ucraina, e di riflesso quella occidentale, all’aggressore russo sarebbe stata gravemente fiaccata.

La strumentalizzazione del caso Salis

Il tutto è avvenuto in un clima quasi surreale in Italia, montato ad arte dalle opposizioni, le quali ormai da giorni si esibiscono nell’ennesimo miserabile tentativo di strumentalizzazione politica di una tragedia umana (o, date le condizioni, disumana) di una persona, cercando in maniera bizzarra di scaricare la responsabilità della vicenda su Giorgia Meloni e sulla sua amicizia con il premier ungherese Orban.

Il caso a cui mi riferisco è quello di Ilaria Salis, giovane maestra frequentatrice di centri sociali accusata di aver pestato un neo fascista in Ungheria. Senza entrare nel merito della vicenda, la quale meriterebbe di essere approfondita, tale campagna mediatica ha lo scopo ben preciso di destabilizzare il governo, presentando Giorgia Meloni e i membri dell’esecutivo come insensibili, o peggio ancora conniventi, al trattamento degradante di una cittadina italiana.

Al netto del fatto che tale campagna è destinata ad essere l’ennesimo boomerang (voglio proprio vedere le loro facce quando Meloni riporterà in Italia anche Salis, dopo Zaki), tale iniziativa non è che l’ultima di una lunga serie di campagne di distrazione di massa mediante le quali l’opposizione, davvero a corto di ogni mezzo e strumento per contrastare il prestigio sempre maggiore che Meloni sta acquisendo persino all’estero, se ne inventa di tutte pur di distogliere l’attenzione dei cittadini da quelli che sono i veri traguardi raggiunti ogni giorno.

Kingmaker in Europa

Insomma, mentre a sinistra continua il chiagni e fotti, Meloni continua a governare un Paese, accumulando sempre più consenso e influenza in Europa, tanto da apprestarsi a essere il vero kingmaker nelle future nomine europee post 9 giugno: ad oggi sembra davvero impensabile che ogni decisione sui futuri vertici Ue venga presa senza l’impulso o quanto meno l’assenso italiano, complice anche una situazione precaria anche nel resto di Europa, Germania e Francia in primis.

La malagiustizia italiana

Ma non è ancora finita, perché le critiche (legittime) alle condizioni di detenzione di un imputato provengono dal pulpito di un Paese il cui sistema giudiziario non è noto per essere uno dei più efficienti e garantisti del mondo, tutt’altro. Noi siamo più furbi, non mettiamo le catene fisiche agli imputati in attesa di giudizio, ma siamo in grado di fare di peggio, molto di peggio.

Dapprima, li esponiamo ad una gogna mediatica senza fine, calpestiamo i loro diritti in materia di privacy pubblicando a mezzo stampa trascrizioni o messaggi vocali di intercettazioni che, nella maggior parte dei casi, poco hanno a che vedere con il capo di accusa, ma volti solo a creare un clima di colpevolezza diffuso ai sensi dell’opinione pubblica; li facciamo attendere per anni e anni in carceri sovraffollate e ai limiti dell’umano in attesa di giudizio, che a volte è persino sbagliato e dev’essere rivisto.

Un Paese nel quale chi accusa oggi potrebbe un domani, senza troppi passaggi, passare dall’altro lato della barricata e quindi giudicare; un Paese dove la magistratura è stata molto spesso oggetto e terreno di scontro politico, capace di spazzare via un’intera classe politica, che dal Dopoguerra aveva governato l’Italia, compiendo una delle involuzioni più significative e rumorose nella storia del nostro Paese.

L’ipocrisia della sinistra

Insomma, un Paese il nostro nel quale il sistema giudiziario e la magistratura non sono certamente la punta di diamante. O forse sì. Perlomeno per certa sinistra, che da sempre si avvale di questo validissimo strumento di potere mediante il quale è possibile colpire, e talvolta persino affondare, l’avversario politico, e costringendolo al passo da parte.

La conferma della verosimiglianza di questa affermazione si ottiene del resto riguardando le reazioni feroci della sinistra all’approvazione da parte della Camera dell’emendamento Costa, il quale vieta la pubblicazione delle ordinanze per custodia cautelare. Soprannominato “legge bavaglio” da chi per anni ha costruito una vera e propria (e forse unica) fortuna su questi eventi, questo sarebbe uno dei tanti provvedimenti necessari per far sembrare il nostro Paese un po’ più liberale e garantista e meno Ungheria. Ma non ditelo alla sinistra, loro sì che hanno a cuore l’Ungheria e il tema delle garanzie di libertà collettive. Almeno sin dal 1956.