Del centrodestra in generale e di Giorgia Meloni in particolare si sono fidati e continuano a fidarsi milioni di italiani: la schiacciante vittoria di Fratelli d’Italia nelle urne ha consentito allo schieramento conservatore di approdare nel palazzo dei bottoni per la prima volta dopo circa 11 anni di governi a trazione progressista (del governo Conte I faceva parte la Lega, del governo Draghi facevano parte sia la Lega che Forza Italia, ma la loro azione non è mai riuscita a contrastare in modo efficace il pauperismo grillino né a correggere le scelte, a nostro parere discutibili, dell’ex governatore della Bce durante la pandemia).
Vertici inutili
Ma oggi, proprio perché la maggioranza assoluta dei votanti le ha affidato il compito tutt’altro che semplice di traghettare l’Italia verso una stagione di rinnovamento, Giorgia Meloni non può continuare a vivere di passerelle, di consigli europei per ora inconcludenti, né può continuare a celare la propria incertezza programmatica dietro la maschera del prestigio internazionale che — come le abbiamo più volte riconosciuto su Atlantico Quotidiano — ha indubbiamente saputo costruirsi a partire dal 24 febbraio 2022, inizio dell’”operazione militare speciale” di Vladimir Putin in Ucraina.
Giusto percorrere il sentiero della diplomazia e degli accordi fra Stati (a questa strategia l’ex ministro dell’interno dei governi Renzi e Gentiloni, Marco Minniti, deve il proprio successo nel contrasto all’immigrazione clandestina, sconfessato dalle successive prese di posizione della dirigenza Pd a favore degli sbarchi incontrollati), ma forse in tempo di guerra occorrerebbe correre su binari paralleli, iniziando a giocare in solitaria, senza per questo abbandonare il dialogo con gli altri Paesi.
Immigrazione e terrorismo
Mi spiego meglio: un leader politico di lungo corso come Giorgia Meloni può davvero pensare di affrontare con mezzi ordinari una situazione straordinaria, anzi, drammatica? Nei primi sette mesi del 2023, gli sbarchi sono più che raddoppiati rispetto allo stesso periodo dell’anno passato e l’ombra del terrorismo islamico, da cui pensavamo ingenuamente di esserci liberati, incombe minacciosa sull’Europa.
Non occorre essere esperti di geopolitica per cogliere il legame fra l’ignobile attacco di Hamas allo Stato di Israele del 7 ottobre e i due attentati che nei giorni scorsi hanno sconvolto Francia e Belgio (piccolo promemoria ai sostenitori dell’accoglienza indiscriminata: l’attentatore tunisino che ha ammazzato due tifosi svedesi a Bruxelles era sbarcato a Lampedusa nel 2011, a dimostrazione che purtroppo i terroristi arrivano anche tramite barconi).
Ue assente
L’attacco inferto allo Stato ebraico è un attacco a tutti noi, ai nostri valori, alle nostre tradizioni, al nostro modo di vivere. Ed è avvilente che Stati Uniti e Ue non siano in grado di assumere una posizione unitaria. Come ha efficacemente spiegato Mario Sechi su Libero del 16 ottobre, “l’Unione europea in questa storia si nota per l’assenza, non esiste, né sul piano politico né su quello militare, l’Europa in Medio Oriente è ridotta al ruolo di predicatore del nulla tra i predicatori islamisti dell’assassinio degli occidentali. Si iscrive di diritto e di fatto tra i gazisti da summit internazionale, genere di esibizione che prevede tartine e champagne…”.
L’ambiguità su Israele
Alla coesione politica dell’Occidente certamente non giova la frammentarietà delle varie opinioni pubbliche nazionali, soprattutto di quella italiana: la velocità con cui alcuni politici e commentatori hanno preventivamente colpevolizzato Israele per la strage all’ospedale di Gaza, la cui responsabilità ricade sui fondamentalisti islamici, lascia sgomenti. Altrettanto sgomenti lascia l’atteggiamento a dir poco ambiguo di numerosi esponenti della sinistra italiana che verso lo Stato ebraico nutrono una diffidenza antica, quasi ancestrale.
Tempo di agire
Ebbene: di fronte all’aumento degli sbarchi, di fronte alla recrudescenza del terrorismo dovuta al conflitto israelo-palestinese, di fronte alle sempre più frequenti manifestazioni pro-Hamas che infiammano le piazze italiane, Giorgia Meloni cosa intende fare?
Un primo segnale è stato dato: la temporanea sospensione del trattato di Schengen e la conseguente chiusura del confine con la Slovenia vanno nella giusta direzione, ma non bastano. Se come sembra l’Unione europea non intende presidiare i suoi confini marittimi, toccherà all’Italia rimboccarsi le maniche per presidiare i suoi, di confini.
Meloni avrà il coraggio di farlo? Con ogni evidenza, la sfortunata congiuntura storica in cui ci troviamo non dipende dal governo attuale, ma questo agli italiani importa meno di zero: nel bene e nel male, qualunque cosa accadrà sarà il governo di destra a doverne rispondere. Non all’opposizione, ma ai suoi elettori…