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Giustizia e media

Ipocrisia italiana: si rispettano solo le sentenze di condanna, non le assoluzioni

Ai media e all’opinione pubblica importa sempre e solo delle presunte errate assoluzioni. Mai delle errate condanne

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La Corte d’Assise di Cassino ha assolto il maresciallo Franco Mottola, la moglie Anna Maria e il figlio Marco “per non aver commesso il fatto”, suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica. I tre erano stati accusati dell’omicidio di Serena Mollicone.

Non ci interessa qui approfondire le ragioni della difesa, accolte dalla Corte d’Assise, né ci interessa riaprire un inutile processo mediatico, fonte di strumentalizzazioni, campagne colpevoliste o innocentiste a seconda di dove tira il vento.

Qui basta dire che una ragazza è stata brutalmente uccisa, una ragazza che aveva davanti a sé la vita intera. Ogni considerazione si ferma davanti al dolore indicibile di un padre che ha cercato ostinatamente la verità fino a morire di crepacuore.

Ma all’uscita del tribunale, la famiglia Mottola ha ricevuto sputi, insulti e minacce. Gesti dettati dall’emotività e dalla convinzione che i giudici della Corte abbiano sbagliato, decretando l’innocenza di tre assassini.

Non sappiamo chi abbia ragione: i giudici della Corte o la folla in preda alla rabbia, sentimento comprensibile da parte di amici e familiari della vittima, non da parte di improvvisati Sherlock Holmes, secondo i quali la famiglia Mottola è colpevole a priori perché “l’ha detto la televisione”.

Ci permettiamo, però, di fare qualche riflessione — non ce ne vogliano i cultori del cappio e delle manette — sul tentato linciaggio a danno dei tre imputati.

La cultura del sospetto

Da questa vicenda emerge una delle tante ipocrisie italiane, che si sentono ripetere da decenni: bisogna rispettare l’esito dei processi. Nulla di più falso: i processi, in Italia, vengono rispettati solo se si concludono con una sentenza di condanna.

Se un giudice decide di assolvere l’imputato, dopo una lunga e accurata analisi delle prove a disposizione, per l’informazione ufficiale ci troviamo automaticamente di fronte a un caso di malagiustizia, in cui le vittime e i loro cari non hanno ricevuto la giusta ricompensa per il torto subito.

Certo, può capitare che un giudice assolva erroneamente l’imputato e ciò può avere una serie di ricadute negative, dal momento che alcuni criminali sono recidivi. Detto ciò, ai mainstream media importa sempre e solo delle presunte errate assoluzioni. Mai delle errate condanne (più di mille all’anno, secondo il sito Errorigiudiziari.com).

Purtroppo per gli indignati in servizio permanente effettivo criticare l’impostazione processuale va bene solo se in senso colpevolista. Una tradizione difficile da estirpare. Come testimonia il fallimento dei referendum sulla giustizia, la cultura del sospetto ha contaminato il Paese in modo (forse) irreversibile.

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