Politica

Javier Milei, il libertario argentino che i nostri media già demonizzano

Esattamente l’opposto di un populista o estremista di destra, ma tutto diventa estremista, fascista o populista, se alternativo al socialismo delle nostre redazioni

Javier Milei con la motosega Javier Milei

Il Manifesto, quotidiano comunista, dà la linea sul risultato delle primarie argentine: “Un anarco-capitalista di estrema destra sbanca l’Argentina”. Javier Milei, che ha ottenuto il 30 per cento dei voti e si candida alla presidenza in pole position, non è propriamente “anarco”, considerando che vuole diventare presidente. Però è un libertario e vuole ridurre ai minimi termini il potere dello Stato. La seconda parte del titolo è però oggettivamente sbagliata: di “estrema destra” mal si concilia con il libertarismo.

Stampa in confusione

Il titolo del Manifesto è già il più corretto rispetto a tutti gli altri. “Javier Milei, il leader di estrema destra che ha vinto le primarie in Argentina” (Il Post), “Javier ‘el loco’ (il pazzo, ndr) Milei, il Grillo di destra che galvanizza l’Argentina” (La Repubblica), “Argentina, alle primarie trionfa l’estrema destra” (Euronews), “Chi è Javier Milei, il Grillo di estrema destra” (l’Unità)…

Vogliamo continuare? Continuiamo con il giornale di riferimento della borghesia milanese, il Corriere della Sera, che titola “Javier Milei, l’anarco-capitalista: anche l’Argentina ha il suo Trump”. Capito, amici libertari? Trump era anarchico e nessuno se n’era accorto. Il pezzo, a firma di Sara Gandolfi, inizia come una classica character assassination: “Economista, polemista di talk show, maestro di sesso tantrico ed ex bambino maltrattato, con un morboso attaccamento alla sorella minore Karina, il mio Capo, e ai cinque cani mastini con cui condivide casa” (corsivo nostro).

Praticamente è Psycho che mira al potere. Vediamo invece cosa ne pensa La Stampa, quotidiano di riferimento della borghesia torinese: “Argentina, Javier Milei dilaga alle primarie: il Bolsonaro argentino punta alla presidenza”. A parte il paragone con Bolsonaro, che con il candidato argentino condivide la difesa del libero mercato (ma forse non è per questo che lo paragonano a lui…), il sottotitolo è già un programma: “Populismo, odio per la casta, liberismo e anarco-capitalismo: il candidato underdog rovescia tutte le previsioni”.

Un liberale coerente

La stampa italiana è evidentemente in stato confusionale perché, per la prima volta in questo ventennio, un liberale coerente e senza compromessi sta puntando al potere. E promette di ridurre drasticamente il potere dello Stato, eliminando tutti i ministeri non necessari (che sono praticamente tutti, a voler vedere).

Milei individua correttamente nell’ipertrofia dello Stato il problema vero dell’Argentina e per questo vuole tagliare tasse, spesa e debito, “con la motosega”, simbolo della sua campagna elettorale. In un Paese in cui è nato il populismo moderno, anche Milei adotta il linguaggio dei populisti, per questo è difficile che si citeranno i suoi aforismi: sono sempre pieni zeppi di parolacce e insulti. Non le manda a dire neppure al Papa, che gli preferisce Castro, Chavez e Maduro.

È questo che crea un magnifico cortocircuito nei media. Il linguaggio volgare viene usato spesso e volentieri dalla destra estrema e dall’estrema sinistra. Al liberale o al libertario viene solitamente associata la figura di un intellettuale marginale, al massimo eccentrico, ma mai volgare. Milei punta invece alla pancia dell’elettore, ma non lo fa per distribuire ai poveri i “soldi dei ricchi”, ma per ridurre il potere a chi promette di redistribuirli.

I due equivoci

Di qui i due equivoci: che sia populista e di estrema destra. L’estrema destra, in Argentina, è quella del generale Juan Peron, coevo e ammiratore di Mussolini e artefice dello statalismo massimo che ha rovinato il Paese più ricco dell’America latina. L’estrema destra è quella che ha condannato l’Argentina alla tirannia e alla sconfitta, con la dittatura militare che nel 1982 invase le Falkland senza alcun motivo e perse la guerra contro il Regno Unito.

Milei è esattamente l’opposto: vuole privatizzare tutto quel che Peron (e tutti i suoi successori nell’ultimo secolo di storia) aveva nazionalizzato e anche per le Falkland preferisce ascoltare l’opinione della popolazione, britannica, che le abita, invece che lanciarsi nella solita retorica nazionalista e vittimista della (vera) destra.

Il populismo è invece l’anima dell’estrema sinistra contemporanea latina. Era populista Evita Peron, volto umanitario del marito Juan, “la Madonna dei descamisados” che distribuiva soldi ai poveri. Era populista, oltre che marxista, Fidel Castro, a Cuba. Lo sono tuttora i suoi discendenti, prima il fratello Raul ed oggi il meno carismatico Diaz Canel. Era ed è tuttora populista Daniel Ortega, prima dittatore, poi presidente e poi ancora dittatore del Nicaragua. Era populista Hugo Chavez, l’uomo che ha mandato in bancarotta il Venezuela e lo è tuttora il suo diretto successore Nicolas Maduro, che ha completato la trasformazione del Paese da democrazia a dittatura.

Milei è esattamente l’opposto anche di tutti costoro, visto che non ha alcuna intenzione di nazionalizzare, socializzare, collettivizzare, redistribuire terre e ricchezze ai poveri e agli indigeni. Vuole esattamente il contrario: privatizzare, tagliare la spesa pubblica e rilanciare un’economia oggi è asfittica, ma, dopo una bella cura dimagrante dello Stato, potrebbe tornare ad essere competitiva.

Redazioni socialiste

Ma ai giornalisti italiani piace giocare su questo equivoco? Anche se sapessero distinguere fra un libertario e un populista, o fra un libertario e un estremista di destra, c’è da scommettere che non lo scriverebbero. Non per qualche oscuro disegno, né per obbedienza politica, ma perché i giornalisti sono quasi tutti socialisti, più o meno massimalisti.

Sì, è vero, c’è anche qualche socialista di destra che si entusiasma per l’extratassa sui profitti delle banche e ammira Putin (Milei è anche contro Putin, idolo dei peronisti, dei chavisti e dei castristi in America Latina). E c’è qualche “liberale” che come massimo gesto di sfida contro lo statalismo italiano arriverebbe persino a votare Calenda, cioè per un politico che sta battendosi per l’introduzione del salario minimo.

Ma questa è la cultura di cui sono fatte le nostre redazioni. Non stupiamoci dunque che, in un mondo mediatico che è ormai un monocolore socialista, un libertario diventi “estrema destra”, o “populista”. Tutto diventa estremista, fascista o populista, se si pone come alternativa al socialismo.