Politica

La bolla morale della sinistra e l’era della polarizzazione affettiva

Il prof. Luigi Curini: la faziosità non è più solo ideologica, ma sentimentale. Soprattutto chi è di sinistra vota “contro” e vive in “bolle” ideologicamente confortevoli

Meloni testa in giù (La7)

Il dibattito pubblico sembra sempre più pervaso da una profonda polarizzazione che attraverso campagne dal sapore apocalittico dà sfogo ad una conflittualità politica in cui non si trova più un punto di mediazione ispirato alla moderazione e al buonsenso. Emerge, soprattutto a sinistra, un clima di conflittualità totale, che utilizza come principali strumenti la criminalizzazione e la ridicolizzazione nella dialettica politica.

Divisioni e settarismi di natura sentimentale e affettiva sono la cifra del clima di polarizzazione portato dal partyism tipico dello scenario italiano e statunitense. Sta studiando tali mutamenti sociali e fenomeni politici il professor Luigi Curini, politologo e docente dell’Università degli Studi di Milano.

Il “partyism”

FRANCESCO SUBIACO: Che cos’è il partyism?

LUIGI CURINI: Il “partyism” è un fenomeno sociale e politico che rappresenta la tendenza di alcune componenti sociali ad un fazionismo politico che vede in chi rappresenta una visione politica diversa dalla propria non un avversario o una figura con cui dibattere o confrontarsi bensì un membro di una tribù contrapposta e nemica, non per motivi ideologici e programmatici, ma soprattutto per motivi “sentimentali”.

Il termine, coniato dal giurista e professore di Harvard Cass Sunstein, è un acronimo che nasce dalla fusione tra il termine “partisanship” (termine inglese per indicare un mix tra partigianeria e faziosità) e il termine “racism” (razzismo), indicando una forma di razzismo politico sentimentale che riguarda il confronto pubblico.

Una tendenza politica e sociale nata negli Stati Uniti, e ora diffusa anche in Italia, che consiste in una visione della politica antagonista, tribale e sentimentale, che non riconosce più la propria controparte come legittima. Emerge una logica di impossibilità di comprensione o mediazione, ma solo di mera conflittualità. Un aspetto che anche di fronte ad una polarizzazione ideologica o programmatica come era negli anni passati, salvo casi estremi, era impensabile. Mentre ora è la “normalità”…

La polarizzazione affettiva

FS: E come il partyism si sta sviluppando nella nostra società?

LC: Alla luce di questo fenomeno possiamo notare l’emergere di una polarizzazione nell’elettorato non più ideologica, ma affettiva. In cui il confronto politico è sostituito dalla lotta (e dalla faziosità) tribale, e in cui la partigianeria esce fuori dall’area prettamente politica, per diventare parte della vita di tutti i giorni, in tutti i suoi aspetti, compresi quelli più privati.

In un recente sondaggio effettuato subito dopo le elezioni del 2022 su un campione rappresentativo di italiani, assieme ad alcuni colleghi, abbiamo cercato di capire meglio se effettivamente questo era solo un timore o qualche cosa di più. E abbiamo notato alcune metamorfosi nel tessuto politico-sociale che confermano questa definizione.

FS: Cosa avete rilevato?

LC: In primo luogo, abbiamo voluto stimare un “termometro del sentimento” degli elettori italiani, in cui i rispondenti al sondaggio hanno dovuto indicare su una scala da 0 a 100 il loro apprezzamento per ciascun partito, dove 0 indica la massima distanza e il 100 la massima vicinanza o apprezzamento.

Da queste misurazione abbiamo notato che in media gli italiani mostrano livelli di apprezzamento verso il partito che hanno votato tra il 70 e l’80, un dato che scende al 20 (se non ancora più in basso) per la principale area contrapposta (il centro-destra se si tratta di elettori del centro-sinistra o del M5S, il centro-sinistra se si tratta di elettori del centro-destra, il M5S se si tratta di elettori del Terzo Polo).

La pericolosità dell’avversario

FS: Si è passati dal confronto politico ad una vera e propria lotta o tifoseria politica…

LC: Esattamente. L’avversario non è solo un rivale, ma quasi un problema, un nemico da abbattere per garantire la propria visione del mondo. Un altro aspetto cruciale è, infatti, quello relativo alla percezione di “pericolosità” per il nostro sistema democratico degli “avversari politici”.

In una normale democrazia liberale, ci si aspetterebbe infatti che gli avversari siano oggetti di critica, anche aspra, ma non percepiti come un pericolo per la democrazia in tutti i suoi aspetti. Tale percezione determina infatti una sostanziale “rottura” del patto civico su cui una salutare competizione politica si fonda. Ed è proprio questa idea la caratteristica che accomuna sia lo scenario italiano che quello statunitense.

Una pericolosità molto più percepita negli elettori di forze di centrosinistra come il Pd o il M5S, in Italia, e negli elettori del Partito Democratico negli Stati Uniti. Pensiamo al caso Donald Trump o alle valutazioni degli elettori di centrosinistra nei confronti della Lega o di Fratelli d’Italia. Una preoccupazione nuova anche per il bipolarismo americano che non aveva questa percezione di polarizzazione nemmeno negli anni ’50 o ’60 del Novecento o a sfide ben più divisive come quelle per l’elezione di un Truman o di un Nixon.

Il voto “contro”

FS: Il voto quindi non è più in una logica di partecipazione politica ma anche, se non soprattutto, di contrapposizione sentimentale, morale, agonistica?

LC: Esattamente. “Votare contro” invece che “votare per” è infatti un altro degli indicatori che accompagnano l’ascesa della polarizzazione affettiva. In questo senso, nelle ultime elezioni, per circa 1 italiano su 5 i fattori del votare “contro” qualcuno hanno pesato maggiormente rispetto a quelli di votare “per” qualcuno.

In una prospettiva comparata, il dato risulta inferiore a quello registrato nel caso americano per le elezioni presidenziali del 2022, con l’unica e ragguardevole eccezione di chi ha votato a sinistra in Italia. In questo caso, il voto negativo coinvolge 1 scelta elettorale su 3, quasi il doppio di quello che accade tra gli elettori del M5S, il doppio rispetto a chi ha votato per Calenda e Renzi. Appare quindi in questo quadro una forte polarizzazione affettiva soprattutto nella sinistra che sembra non solo percepire una pericolosità molto marcata dei propri avversari ma anche una contrapposizione politica che sembra prescindere alla mera partecipazione.

La bolla morale

FS: Una sorta di “bolla morale”, come ha affermato in alcuni suoi articoli…

LC: Non solo una bolla morale e sentimentale, ma anche sociale. Perché dai sondaggi che abbiamo compiuto è emerso che chi si posiziona a sinistra in Italia sembra ricercare con maggiore probabilità, rispetto a chi si posiziona a destra, situazioni che lo possano proteggere dall’essere esposto a punti di vista diversi dai propri.

In questo senso si ricerca con maggiore determinazione di vivere in “bolle” ideologicamente confortevoli. Emerge quindi una “repulsione” per le diversità (politiche) che in Italia, esattamente come negli Stati Uniti, finisce per coinvolgere perfino le scelte personali e sentimentali. Per cui, avere un genero di destra è in media considerato un disvalore per chi si posiziona a sinistra sia in Italia che negli Usa, mostrando non solo una forte spaccatura nelle nostre società, ma anche un clima preoccupante che genera incomprensioni e divisioni.

La nascita del partyism

FS: E quando è nata questa polarizzazione dello scenario politico elettorale?

LC: Sicuramente è nata con la caduta del Muro di Berlino e il venire meno di una logica di contrapposizioni ideologiche nette, che ha portato a nuove opposizioni che non si definiscono più su basi ideologico-programmatiche ma soprattutto su un terreno “culturale” e “sentimentale”. La politica, infatti, non può esimersi da logiche di contrapposizione, in quanto essa è essenzialmente “sangue e merda”, e necessiterà sempre di un confronto che però definirà i suoi temi e i suoi terreni in base ai cambiamenti della società.

In questo senso, di fronte alla sconfitta dei sistemi socialisti e comunistici, alle differenze ideologiche sono subentrate quelle culturali e sentimentali, le quali sono state amplificate negli scorsi anni dal ruolo dei social. Soprattutto perché negli ultimi anni molti degli argomenti politici e programmatici non dipendono più dal potere politico, ma da vincoli esterni (l’Ue, le banche centrali, i mercati, ecc…) riconducendo lo scontro politico sempre più sul terreno culturale e affettivo.

Un esempio concreto è nella diatriba e nelle conflittualità sul politicamente corretto e sul free speech su cui vi è uno scontro che sembra impedire alcuna mediazione. Tale conflittualità negli Stati Uniti si è esasperata soprattutto a seguito dell’elezione di Obama ed oggi sta raggiungendo dei livelli sempre più preoccupanti.

FS: Secondo lei come si può uscire da questa logica di linciaggio affettivo permanente?

LC: Riportando il centro della dialettica politica sui contenuti, sui programmi, sugli obiettivi, promuovendo un’idea di mediazione capace di unire buonsenso e moderazione. Due caratteristiche di cui ci sarebbe sempre più bisogno. Anche se al momento sembra molto improbabile compiere questa mutazione dello scenario politico sociale.