La condanna a 17 anni del gioielliere Mario Roggero per l’uccisione di due rapinatori e il ferimento di un terzo a Grinzane Cavour ha ridestato il solito dibattito sulla legittima difesa. Solidarietà al gioielliere è arrivata da Matteo Salvini e pochi altri.
Ma questo è un caso diverso da molti altri: il gioielliere ha sparato ai rapinatori in fuga fuori dal suo negozio. Per la Corte d’Assise è duplice omicidio volontario, più un altro tentato, non legittima difesa. Da qui la condanna a 17 anni e il risarcimento di 460 mila euro riconosciuto ai famigliari dei rapinatori.
Non c’è dubbio che la sentenza sia coerente con la normativa attuale, anche se discutibili appaiono l’entità della pena e il risarcimento, come se si fosse trattato di una morte sul lavoro. Se l’aggressore è in fuga, la difesa non è legittima, perché il pericolo non è più ritenuto “attuale” e di conseguenza la difesa non più proporzionata. Ci chiediamo però se la normativa non sia ancora troppo ambigua e aperta ad una eccessiva discrezionalità per garantire un riconoscimento pieno della legittima difesa.
A nostro avviso, che Roggero sia riuscito a raggiungere i rapinatori prima che si allontanassero e a sopraffarli non fa di lui un aggressore e di loro delle vittime. C’è probabilmente un eccesso di legittima difesa nella sua condotta, ma la sua dovrebbe pur sempre essere considerata una “difesa”. Il pericolo è cessato, non è più “attuale”, solo perché i malviventi hanno appena varcato la soglia del negozio? Tra l’altro, portando con loro la refurtiva, quindi non desistendo affatto dalla “offesa ingiusta”, dalla rapina.
Nelle riprese video si notano due parametri che a nostro avviso dovrebbero essere fondamentali: il tempo e lo spazio. Tutto si consuma in pochi minuti. Da quando la rapina ha inizio, all’interno della gioielleria, a quando Roggero uccide i rapinatori passano solo 3 minuti e 30 secondi. E li raggiunge entro pochi metri dal suo negozio, tanto che quasi tutta la scena è ripresa dalla videocamera di sorveglianza della gioielleria.
Questi elementi indicano che non c’è soluzione di continuità tra l'”offesa ingiusta”, la rapina appena subita dal gioielliere, e la sua reazione, che avviene nel medesimo spazio temporale. Anche dal punto di vista emotivo, tempo e luogo ci dicono che siamo ancora all’interno del medesimo evento. Non si può quindi parlare di “vendetta”.
Diverso sarebbe il caso di un inseguimento protratto per decine di minuti e a distanza di centinaia di metri o di chilometri. In tal caso, si dovrebbe presumere che l’aggredito avesse tutto il tempo e la lucidità necessari per rivolgersi alle autorità di pubblica sicurezza.