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La fede nel potere salvifico del Pnrr: miracoli anche senza riforme

La fede nel Pnrr è tale che le sue riforme fanno miracoli ancor prima di entrare in vigore: lo strano caso del miglioramento dei dati della durata dei processi

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Un falso mito della contemporaneità è che si sia quasi estinto il sentimento religioso delle nostre società, ormai secolarizzate. Questo non è affatto vero.

La fede è un sentimento ancora fortissimo, soltanto che non si manifesta più prevalentemente negli ambiti delle tradizionali religioni monoteiste, ma in altre nuove e insolite manifestazioni del fenomeno religioso, che peraltro professano di basarsi su una scientifica razionalità.

In Italia oggi dobbiamo prendere atto che il principale oggetto di venerazione è il Pnrr.

La durata dei processi

E se può sembrare che si stia esagerando, occorre rappresentare che qualche giorno fa siamo stati testimoni di un autentico miracolo che non può trovare nessuna spiegazione logica o scientifica, se non per l’appunto facendo riferimento al potere soprannaturale della divinità.

Sabato 15 ottobre, il Sole 24 Ore ha pubblicato nella sua sezione normativa un articolo con il seguente titolo: “Primo test Pnrr: diminuisce del 18% la durata dei processi civili”. L’articolo riferisce del primo monitoraggio condotto dall’Unità di missione per l’attuazione del Pnrr del Ministero della giustizia.

Il monitoraggio ha evidenziato nel primo semestre 2022 un calo del 18 per cento della durata dei processi nel civile e del 13,9 per cento nel penale, nonché una riduzione dell’arretrato civile del 6,7 per cento nei tribunali e del 24 per cento nelle corti di appello, e dell’arretrato penale del 12,7 per cento nei tribunali e del 19 per cento nelle corti di appello.

Il carattere miracoloso del fenomeno compare nel commento dell’autore, il quale giustamente scrive che “sono incoraggianti sul fronte della durata, un po’ meno su quello della riduzione dell’arretrato i primi risultati del monitoraggio del Ministero della giustizia. Dati che saranno condivisi con la Commissione europea e che comunque testimoniano valori in miglioramento, quando oltretutto ancora non sono in vigore le riforme del processo civile e penale”.

Capisco le perplessità, a questo punto, del cordiale lettore che avrà pensato che la riduzione della durata dipendesse da qualche modifica del rito processuale magari adottata in attuazione del Pnrr, ma ciò capita perché egli ha erroneamente assunto una prospettiva terrena, dimenticando la dimensione religiosa del Piano.

Infatti, non è il miracolo, che fa la fede, ma è la fede che fa il miracolo. Parafrasando rispettosamente le sacre scritture, nel vangelo della nuova religione è scritto: “Per questo vi dico: tutto quello che volete che le riforme del Pnrr facciano, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. La tua fede ti ha salvato”.

Riforme non ancora in vigore

E difatti registriamo un miracoloso miglioramento dei dati della durata dei processi già nel primo semestre del corrente anno e cioè nell’arco di tempo che usualmente va dal 1° gennaio al 30 giugno, malgrado soltanto sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2022 sia avvenuta la pubblicazione del:

– decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 “Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”;

– decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 “Attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”;

– decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 151 “Norme sull’ufficio per il processo in attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, e della legge 27 settembre 2021, n.134”.

Dunque, se normalmente accade che una riforma di sistema, come possono ritenersi le modifiche dei riti processuali, produca tutti i suoi effetti nel medio-lungo periodo, noi qui abbiamo una grande riforma che inizia a produrre retroattivamente i suoi effetti, invertendo il naturale rapporto che abbiamo appreso dalle scienze tra il verificarsi di una causa e il prodursi di determinati effetti.

Ditemi voi se questo non è un vero miracolo. Abbiamo registrato dunque decisi miglioramenti di un fenomeno solo sulla base della decisione di assumere una riforma che ottenga quei miglioramenti: per l’appunto, la fede nelle riforme del Pnrr ci salverà!

La legge delega

Qualcuno potrebbe a questo punto obiettare che non è del tutto esatto quanto detto perché una prima parte della riforma sul processo penale è già entrata in vigore lo scorso ottobre, quando fu adottata la legge delega che ha originato i tre decreti legislativi summenzionati.

Ma gli elementi normativi della prima attuazione hanno riguardato:

  • la modifica della prescrizione e l’introduzione del nuovo istituto della improcedibilità per superamento del termine di durata massima del giudizio di impugnazione;
  • un ampliamento dei diritti della vittima di reato, per uniformare la disciplina interna a quella sovranazionale;
  • la costituzione del Comitato tecnico Scientifico per il monitoraggio sull’efficienza della giustizia penale, sulla ragionevole durata del procedimento e sulla statistica giudiziaria;
  • la previsione di un piano per la transizione digitale dell’amministrazione della giustizia;
  • la costituzione di un Comitato tecnico-scientifico per la digitalizzazione del processo.

Non occorre essere processualisti per accorgersi che, a parte il primo elemento, gli altri hanno scarsa incidenza nell’immediato sulla durata dei processi.

Per quanto invece riguarda l’introduzione dell’istituto della improcedibilità, come è noto, esso si accompagna ad una disposizione transitoria in base alla quale l’istituto si applica solo ai procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto i reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020 e dunque difficilmente ha qualche correlazione con la riduzione della durata dei processi registrata.

Le risorse umane

Né si può sostenere che ciò sia dipeso dal reperimento di risorse umane previste nell’ambito del Pnrr poiché basta scorrere la relativa pagina dei concorsi del Ministero della giustizia e appurare che il concorso per il personale a supporto dell’ufficio del processo è appena finito con l’avvio alle destinazioni dei vincitori lo scorso 7 ottobre, mentre il concorso per 500 magistrati ordinari del 2021 è ancora in fase di svolgimento con le correzioni degli scritti ed un altro di 400 posti è stato appena bandito.

Ed in ogni caso, occorrono due anni circa prima che i vincitori di concorso divengano pienamente operativi, dovendo svolgere un lungo periodo di “tirocinio”.

Anche la modifica del processo tributario è entrata in vigore nel mese di settembre 2022 e dunque nemmeno questa parte può essere stata causa parziale dei miglioramenti, anche solo limitatamente al contenzioso tributario in Cassazione. Così anche l’elezione, con la nuova disciplina, del Consiglio superiore della magistratura, avvenuta lo scorso mese di settembre.

Miracolo o il Pnrr non serve?

In definitiva, non è possibile individuare alcun atto o provvedimento riferibile all’attuazione del Pnrr che abbia potuto causare questo positivo miglioramento.

Pertanto, o siamo in presenza di un evento miracoloso, per cui la sola esistenza del Pnrr produce i suoi effetti salvifici sulla giustizia e, speriamo, anche sulla durata dei lavori pubblici, oppure dovremmo concludere che sostanzialmente il Pnrr non serva, se i medesimi effetti possono ottenersi senza le sue riforme, magari con un monitoraggio costante e continuo, come normalmente dovrebbe avvenire in pubbliche amministrazioni che operino secondo i principi di buon andamento, efficacia, efficienza e imparzialità.

In conclusione, il timore che emerge è che si stia compiendo inutilmente uno sforzo amministrativo erculeo per attuare il Pnrr:

– secondo un rigidissimo cronoprogramma che rischia di non lasciare spazio all’elaborazione di studi e strategie da parte degli organi di vertice, esclusivamente dediti a rispettare le scadenze;

– con la costruzione di una apposita articolata struttura burocratica che sovrasta quella ordinaria e complica la macchina pubblica italiana che già non brilla per semplicità, aumentandone comunque anche i costi;

– con specifiche procedure ad hoc che si affiancano a quelle ordinarie, per cui, ad esempio, se un lavoro è finanziato dal Pnrr si applicherà una determinata disciplina, anche processuale, altrimenti si applicherà quella ordinaria: distinzione che è banale sul piano teorico, ma che può determinare caos amministrativo soprattutto negli enti e nelle amministrazioni che non hanno in organico risorse umane qualificate.

Il timore si aggrava quando sovviene il sospetto che forse l’unico vero valore aggiunto del Pnrr è la messa a disposizione di significative risorse finanziarie e che, dunque, poteva essere sufficiente assegnare queste risorse, senza l’edificazione mastodontica di un piano che necessariamente a posteriori risulterà fallimentare, perché la storia moderna ha insegnato che la pianificazione dirigistica non funziona.

Ma la fede nel potere salvifico del Pnrr non può certo essere messa in discussione da questi conati di scetticismo: il Pnrr ci salverà! Abbiate fede!

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