Politica

Caso La Russa, prima regola: una denuncia non è una condanna

Dovrebbe arrivarci anche Schlein. Ma il tribunale mediatico e politico ha già emesso la sentenza. In azione la giustizia a tempo per destabilizzare chi governa

Ignazio La Russa e il caso di suo figlio © freedomz tramite Canva.com

Il “caso” La Russa, come altri in passato, scoppia (guarda caso) come una bomba ad orologeria in concomitanza del “caso Santanchè”, di tutt’altra questione, nonché di un altro esponente governativo, il sottosegretario alla giustizia Delmastro. La famigerata mano della giustizia a tempo (il tempo che serve, beninteso, a chi la muove) per cercare di destabilizzare chi governa.

È accaduto ad altri, in passato: Berlusconi e Renzi, per citare chi era di spicco, ma potrei nominarne molti altri minori di ruolo. Ma stavolta, come fu per il figlio di Grillo, tocca un tema assai delicato e “portabandiera” di una certa parte politica. Come se non dovesse interessare o preoccupare tutta la politica e la società, uno stupro.

Parola altisonante, lo stupro. Fa ribrezzo, dolore, rabbia. Grida alla rivendicazione, alla giustizia. Ed è giusto così. Ma, cari signori, lo stupro non è una questione di destra e sinistra, e nemmeno di maschi e femmine. È violenza ed è reato. Grave.

Il tribunale mediatico

Ma, ed è un gigantesco “ma”, la prima regola in fatti di vita giudiziaria è che deve sempre essere sottoposto a verifica chi denuncia un reato ai propri danni, non certo dalla opposizione politica, tantomeno dal popolo. Perché così, cari miei, chiunque può far ammanettare chi vuole, ma questo non è legale.

Le gravi accuse verso La Russa junior, e sul padre, che si leggono in questi giorni, a causa del “presunto” reato commesso, sono un vero e proprio attentato alla libertà e alla giustizia. Il tribunale del popolo e quello mediatico hanno già emesso la loro sentenza, ma faranno sicuramente silenzio quando, senza troppe scuse dei tribunali, dei giornalisti assetati di sangue e di altre autorità che scagioneranno l’indagato. È ormai prassi.

Si usa la scure della giustizia, perché altre armi non si hanno. Le denunce per stupro sono un dovere per chi subisce tale violenza, e bisogna sempre più appoggiare e sostenere le vittime. Ma quando davvero lo sono. So che suona “forte” come frase, specie detta da una donna, ma io sono per la verità sempre e comunque, e chiunque riguardi.

Non sono qui ad insinuare che sia falso, o che perché riguarda tizio o caio si debba chiudere un occhio. Chi commette reato, paghi. Chiunque sia. Ma prima di crocifiggere un ragazzo ed un padre, che ha semplicemente “interrogato” ( non va bene neppure questo termine?) suo figlio come doveroso, tanto da diventare processo mediatico sui social con tanto di maestrine dalla penna rossa che hanno già buttato in gattabuia l’intera famiglia, sarebbe opportuno attendere il giusto processo. Il giusto e doveroso processo.

Può arrivarci anche Schlein

La faccenda è semplice e dovrebbero arrivare a capirla anche Elly Schlein (che però non chiede le dimissioni dell’onorevole Soumahoro, eh no: lui che c’entra con la cooperativa di immigrati?) e il suo corteggio di femministe al seguito: la prima regola in fatti di vita giudiziaria è che tutto deve essere sempre sottoposto a verifica, accanita e spietata verifica. Che sia stupro, che sia altro penalmente perseguibile, ma dopo, e solo dopo, è giusto e doveroso indignarsi.