Politica

La sinistra si illude sui migranti, la destra non perderà voti

Da Lampedusa nessun rischio, visto che la sinistra addirittura nega l’emergenza e insiste con l’accoglienza totale. Più probabile ulteriore radicalizzazione a destra

Credo che l’opposizione, con in testa il Pd, coltivi l’illusione che l’autentica invasione migratoria via mare dell’isola di Lampedusa giochi a suo favore, da un lato dimostrando il fallimento della maggioranza, dall’altro esacerbando il rapporto concorrenziale fra Giorgia Meloni e Matteo Salvini con riguardo alla copertura elettorale a destra.

Nessun rischio per il centrodestra

Intanto è ben percepibile dall’opinione pubblica come la sinistra non sia in grado di esprimere alcuna politica di gestione del fenomeno, considerando quella che ne rappresenta la componente di gran lunga prevalente, la socioeconomica, riconducibile al forte divario delle condizioni di vita fin al limite della sopravvivenza, inevitabile, senza poterne quantificare a priori la misura.

Che fare? La valutazione sottesa è che trattasi di una situazione strutturale, a dirla con un pizzico di enfasi in più, “epocale”, che non è possibile affrontare come se fosse meramente emergenziale. Tanto più che quella attualmente in atto ci porrebbe ben dietro Germania, Francia e Spagna, in base alle domande di asilo, e sarebbe ben assorbibile da una politica europea di ridistribuzione obbligatoria, non per nulla osteggiata proprio dai Paesi sovranisti alleati dell’attuale maggioranza; per non dire della sua ricaduta benefica sulla carenza di manodopera, che si prospetta sempre più rilevante in ragione della crisi demografica riconducibile alla bassa natalità.

Il che è ben lungi dal tranquillizzare una opinione pubblica frastornata non solo dal numero crescente degli approdi a Lampedusa, ma anche dall’uso ormai prevalente di barchini, cioè di un mezzo facile da procurarsi e poco costoso, che rivela una acquisita consapevolezza circa la rotta da seguire.

La gente la vive come una emergenza, aspettandosi da quella coalizione di centrodestra che ne ha fatto una promessa elettorale, una riduzione sia pur graduale dell’ondata migratoria, senza far troppo affidamento sulle proposte della sinistra: né su una ridistribuzione obbligatoria a livello europeo, che appare oggi assai meno credibile di ieri, in forza di una svolta sovranista generalizzata; né sulla ricaduta benefica sulla carenza di manodopera, risultando questa strategica proprio con riguardo a quella realtà produttiva più dinamica, che cerca medie e alte professionalità non riscontrabili fra gli emigranti e richiedenti lunghi percorsi formativi.

Resterebbe, comunque, che non ci sarebbe alcuna altra scelta rispetto a questa contrabbandata come “porti aperti” in forza di ragioni di diritto internazionale e costituzionale, conformi a quella solidarietà umana richiamata più di una volta dalla sede vaticana.

Ripeto non ci sarebbe nessun rischio di una deriva elettorale a sinistra se l’attuale maggioranza non riuscisse a raffreddare l’emergenza in termini abbastanza brevi, dato che proprio a sinistra si nega l’emergenza, coerentemente ad una politica radicata nella sua stessa storia; mentre è probabile che vi sia una ulteriore radicalizzazione a destra, cosa su cui conta con un certo tempismo Salvini.

La strategia del governo: dissuasione

Quello che certo è che è superata la facile contrapposizione “porti aperti”“porti chiusi”, perché, se la sinistra vuole i porti aperti, la destra ha da tempo abbandonato l’idea dei porti chiusi, per l’impossibilità di farla valere giudizialmente e praticamente, puntando tutto sul blocco dei flussi in partenza, non più con la proposta estrema di un blocco navale, ma con la collaborazione coi Paesi coinvolti, ottenuta con finanziamenti in cambio di politiche di contenimento degli esodi.

Ma questa mi sembra essere solo una parte della strategia adottata dal governo, nell’ambito di una maggiore copertura assicurata dalla Commissione europea. L’altra è costituita dal far decrescere l’aspettativa diffusa fin nei più remoti paesi dell’Africa e dell’Asia, che, una volta raggiunte le coste sul Mediterraneo, ci sia solo un tratto di mare non impossibile da traversare, per non trovare ostacoli giuridici a metter piede sulla benedetta penisola, per poi assai spesso lasciarsi alle spalle i centri di raccolta, per darsi alla mobilità secondaria, cioè l’ingresso clandestino soprattutto in Germania.

Questa aspettativa di immunità ha dalla sua la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Cassazione, la propaganda dell’opposizione, la campagna d’appoggio dei mass media all’insegna degli “italiani brava gente” con a suo coronamento un processo ormai vecchio di quattro anni, nei confronti dell’ex ministro dell’interno, per sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio, avendo trattenuto in mare per due settimane la Open Arms, col suo carico di migranti.

L’Italia non è un Paese desiderabile, per starci, né per farne un ponte verso il centro dell’Europa, questo è il messaggio che la decretazione governativa intende diffondere: a prescindere dalla abolizione dell’autocertificazione circa l’età, che permette a molti maggiorenni di essere trattati come minori, gioca in questo senso l’elevamento fino a 18 mesi in centri di trattenimento e rimpatrio, che interferisce con la mobilità secondaria, non per nulla in contemporanea con la posizione dei Paesi confinanti, assolutamente restii ad aprire le loro frontiere.

La sinistra si illude

Ormai tutto va visto in funzione delle prossime elezioni europee. La sinistra si illude di guadagnare consenso con una propaganda ossessiva sull’incapacità della destra di contenere l’ondata migratoria, ma senza abbandonare la sua posizione di totale apertura, sì da non riuscire credibile agli occhi di una opinione pubblica destinata a divenire sempre più intollerante rispetto a quella che considera una e propria invasione di gente dalla cultura profondamente diversa, di ben difficile integrazione.

La destra si propone di mantenere o addirittura allargare il consenso attuale, con una politica restrittiva che dovrebbe disincentivare la mobilità secondaria, in sintonia con la dura posizione assunta dai Paesi che ne sarebbero destinatari.