I recenti fatti della stazione Termini di Roma racchiudono in sé tutti gli elementi per un’attenta valutazione di un primario problema di sicurezza pubblica. Mi riferisco all’utilizzo, ormai dilagato a macchia d’olio, delle telecamere di videosorveglianza come strumento di lotta alla delinquenza.
Nel deprecabile caso dello sbandato polacco che ha immotivatamente accoltellato la giovane israeliana in stazione, le telecamere, come accade quotidianamente in tutto il Paese, hanno permesso di acciuffare il malfattore pochi giorni dopo (seppure all’altro capo d’Italia e con l’azione eroica di una coppia di coniugi carabinieri fuori servizio che lo hanno impacchettato).
Bene, possiamo dire, e ci mancherebbe che non lo fosse. Ma è pur vero che la predisposizione di una fitta rete di telecamere di sicurezza nei punti più “caldi” delle città rappresenta, tuttavia, una stortura del principio della prevenzione attiva del crimine.
Più telecamere
Mi spiego meglio. Mettiamo che si debba garantire un minimo livello di sicurezza effettiva ad una importante stazione ferroviaria. Fino a non molti anni orsono, tale funzione statale era compito precipuo della Polizia, per mezzo del suo settore specializzato: la Polizia Ferroviaria.
Oggi, però, si preferisce aumentare il numero delle telecamere, collegandole ad una centrale operativa che, osservando di continuo e da remoto ciò che accade nel luogo controllato, dovrebbe fornire un’efficace risposta operativa alle sacrosante richieste di scurezza dei passeggeri e di chi transita in stazione.
Ma, lo sappiamo, la telecamera che riprenda un grave reato, come un’aggressione o un attentato, quasi mai serve ad impedirne il compimento. Intanto, gli operatori delle sale operative preposte alla sorveglianza hanno un numero spropositato di monitor da osservare.
Pensate che in una cittadina vicino a casa mia (10 mila abitanti) vi sono oltre 60 telecamere comunali in funzione giorno e notte. Immaginate dunque quanto siano quelle da tenere d’occhio in una grande città: sono centinaia se non migliaia per le metropoli.
Essendo impraticabile, dal punto di vista operativo, accentrare i flussi video di ogni singola telecamera verso un’unica centrale operativa cittadina, di fatto, le centrali di sorveglianza video sono più d’una e già questo ciò non semplifica le cose.
Tempi di intervento
Ma la riflessione di fondo è un’altra. Per essere realmente efficace, la telecamera che riprenda, mettiamo, un attentatore deve comunque essere presidiata da qualcuno che possa intervenire nel brevissimo lasso di tempo compreso tra pochi secondi ed un massimo di un paio di minuti accorrendo in quel luogo specifico per almeno tentare di sventare l’atto criminoso prima che faccia troppo danno.
Sappiamo che ciò è pressoché impossibile e, con l’attuale sistema della concentrazione presso una centrale operativa dei flussi video di decine o centinaia di telecamere installate in un luogo grande ed aperto come una stazione ferroviaria, i tempi d’intervento, anche ammesso che gli operatori di turno s’accorgano immediatamente che sta succedendo qualcosa di anormale, sono decisamente troppo lunghi.
Non dico nulla di straordinario o sovversivo quando affermo che, tanto nei piccoli centri quanto nelle grandi città, una volta lanciato l’allarme passano almeno cinque o più minuti prima dell’arrivo dei soccorsi e tutti, prima o poi, lo abbiamo sperimentato personalmente.
Meno agenti
Premessi questi dati di fatto, che, tuttavia, non trovano rapido ed universale rimedio, e ciò sia ben sottolineato, possiamo però affermare che stiamo sbagliando di grosso laddove, per una serie di motivi legati alla praticità ed alla carenza di personale in primis, stiamo togliendo uomini in divisa a sorvegliare e pattugliare almeno i luoghi pubblici ove si verifica la maggior parte dei piccoli e grandi delitti che vediamo ogni giorno in televisione.
Le colpe della politica
Ancora una volta, la politica ha le sue massime colpe, vuoi perché per decenni ha flirtato con quelli allergici alle divise in genere e che dà volentieri un voto a chi si dichiari “nonviolento”, vuoi perché l’andazzo generale degli ultimi anni è tutto orientato “al sociale” più che alla sicurezza, senza la quale, di socialmente utile si fa ben poco, anzi si generano altri soggetti da assistere e pure a caro prezzo.
Anni fa, mi pare fosse il governo Berlusconi, ma non importa chi fosse, venne istituita la figura del “poliziotto di quartiere”, ma anche quell’esperimento durò poco e, alla fine, quella figura era vista più con funzioni sociali, tipo il carabiniere che la vecchietta chiama per nome per farsi scaricare la borsa della spesa, e non già come una figura professionalmente specializzata su quel territorio ed in grado di operare in un ristretto ambito territoriale in brevissimi tempi.
La deterrenza
Parliamoci chiaro. Se abbiamo soltanto telecamere potremo, al massimo, acciuffare i malfattori dopo che questi abbiano fatto i loro porci comodi con tutta tranquillità e ciò non basta affatto alla gente.
Siamo perfettamente d’accordo: senza telecamere di sorveglianza non si catturerebbe oltre il 75 per cento dei ladri, assassini, spacciatori (ma per questi ultimi, non si capisce perché, sembrano non funzionare mai) e, di conseguenza, sarebbe altrettanto sbagliato rimuoverle. Ben vengano. Ma poliziotti, carabinieri, finanzieri, vigili urbani e tutti coloro che abbiano lo status di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria, devono essere impiegati massivamente sulle strade e nelle grandi strutture d’Italia, magari alleggerendoli di poco utili incombenze amministrative e/o di rappresentanza.
Funziona così in tutto il mondo e non ci sarebbe nulla di strano. Siamo la nazione con il più alto numero di telecamere attive, pur avendo un sempre più alto tasso di criminalità urbana.
E ciò dimostra che il potere di deterrenza delle stesse è, complessivamente basso, anzi, siamo così abituati a vedere occhi elettronici che ci spiano ovunque da non accorgerci nemmeno più che ci siano. L’effetto deterrente di un agente in carne e ossa (e armi) è certamente superiore e sicuramente più raccomandabile in questi tempi difficili.
Qualcosa non torna
È, comunque, discorso complesso e denso di ricadute d’ordine politico, sociale e persino sindacale. Magari ci ritorneremo e lo amplieremo.
Per adesso, mi limito a lasciarvi con questo pensierino della notte: fanno bella figura a mettere tanti poliziotti dopo che quattro scemetti hanno imbrattato la incustodita porta del Senato (non dico quella della bocciofila, ma del Senato della Repubblica Italiana), o dopo che uno squilibrato ha potuto accoltellare con tutto comodo una ragazza nella più grande stazione italiana ed altrettanto indisturbato se n’è andato fino a Milano? Secondo me no.
Abbiamo un bel dire “telecamere… telecamere”, ma qui c’è qualcosa che non torna ed è maledettamente grave ed urgente.