Un nuovo libro, “Non dobbiamo salvare il mondo” (Piemme), denuncia i pericoli dell’ambientalismo ideologizzato e i danni delle politiche climatiche sul piano economico e sociale. Abbiamo intervistato l’autore, Francesco Vecchi, giornalista e conduttore della trasmissione televisiva “Mattino Cinque”.
Il pianeta con l’uomo dentro
TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Quali sono gli argomenti principali del suo nuovo libro?
FRANCESCO VECCHI: Affronto la preoccupante deriva presa dall’ambientalismo ideologico ed irrazionale, promotore di una visione che considera l’essere umano tossico e dannoso per la natura, a causa della sua stessa esistenza.
Questo aspetto non lo condivido: comprendo che ci siano preoccupazioni condivisibili in merito ai cambiamenti climatici, ma trovo assurdo che si ritenga di poter salvare il pianeta a discapito dell’uomo. Il mio libro si intitola “Non dobbiamo salvare il mondo”, perché il nostro obiettivo deve essere quello di salvare il pianeta con l’essere umano al suo interno, non quello di escludere gli individui pur di non intaccare la natura.
Esiti controproducenti
TADF: Quale potrebbe essere il giusto mix per conciliare politiche climatiche e sostenibilità economica e industriale?
FV: Credo che sia fondamentale rapportarsi alla scienza ed ai numeri in maniera pragmatica, cosa che purtroppo non accade nel dibattito pubblico. Persiste l’incapacità di confrontarsi con la realtà e l’impatto drammaticamente deleterio per comparto industriale ed economico che larga parte delle politiche ambientaliste comportano.
Nel libro provo ad elencare delle soluzioni che potrebbero garantire l’impegno per la riduzione dell’inquinamento senza però determinare una crisi economica irrimediabile: l’energia atomica e la ricerca genetica per l’agricoltura rappresentano due campi promettenti su cui investire e concentrarsi, così da ottenere energia pulita a prezzi sostenibili, favorendo sviluppo industriale ed economico.
TADF: Ritiene che la contestazione portata avanti dagli ambientalisti sia motivata solo dall’ideologia o sia spinta ed incentivata da élite finanziarie?
FV: C’è un po’ di tutto. Talvolta la battaglia ambientalista appare talmente ottusa che viene da pensare sia impossibile da portare avanti per mera ideologia, e non anche per interessi economici. Il paradosso è che gli ambientalisti rischiano di favorire risultati controproducenti per le loro stesse idee: lo stop al nucleare ed alle trivelle ha favorito il ritorno all’utilizzo massiccio del carbone, molto più inquinante.
Rifiutare numeri e pragmatismo non porta soluzioni utili, piuttosto l’approvazione di politiche folli come quelle della direttiva sulle case green o dello stop ai motori endotermici, che rischiano di affossare definitivamente la nostra economia.
Verso un baratro industriale
TADF: Su decisioni come quella sulle case green, o allo stop ai motori diesel e benzina dal 2035, potrà esserci una retromarcia nei prossimi anni, oppure la strada intrapresa è definitiva?
FV: Ritengo che da qui al 2035 alcuni governi europei si renderanno conto che stiamo andando verso il baratro e rifletteranno sulle conseguenze di queste folli scelte. Tuttavia, il problema è già presente: le aziende vivono di programmazione e sapere che tra poco più di un decennio sarà bandita la vendita di auto a diesel e benzina comporta un necessario cambiamento nell’attività produttiva.
Affrontiamo enormi problemi di politica industriale e logistica, dato che il mercato dell’elettrico è in mano ad un rivale geopolitico come la Cina e per convertire il mercato automobilistico in chiave green servirebbe la creazione di colonnine di ricarica elettrica superiori in numero alle attuali pompe di benzina presenti in Italia.
Una pazzia irrealizzabile da qui al 2035 e mi sorprende che in molti facciano finta di non comprenderlo. Inoltre, aggiungo che alcuni dati indicano che le auto elettriche possano risultare addirittura più inquinanti di quelle attuali, a causa del costo per l’ambiente derivante dell’estrazione dei minerali necessari per produrre le batterie.