Non passa giorno in cui non si verifichino scontri in piazza tra manifestanti di sinistra (ripetiamolo tre volte…) e le forze dell’ordine. Quando ciò non accada è perché la polizia ha avuto ordine di non intervenire, qualunque cosa accada. Questo il concetto di base, chiaro e di cui nessuno può dare prova contraria.
Le piazze di ieri
Vi sono, tuttavia, aspetti caratterizzanti di questa nuova stagione di spranghe e gas lacrimogeni che poco o nulla hanno a che fare con ciò che noi non più giovani abbiamo potuto vedere nelle medesime città almeno fino agli anni Novanta del secolo scorso. Se il dissenso – principalmente giovanile – era frutto di un diffuso malcontento tra le classi sociali più disagiate, al netto di pochi figli di papà mancati rivoluzionari, oggi le cose stanno assai diversamente. Allora c’erano tante grandi fabbriche e tantissimi operai. Ora le fabbriche sono chiuse e gli operai a spasso.
In un Paese ancora decentemente sovrano, in cui le beghe interne rimanevano tali e i grandi stravolgimenti internazionali non influenzavano la vita della gran massa degli italiani, il mantenimento dell’ordine pubblico era unicamente compito dei prefetti e dei questori e raramente si vedevano i leader politici lasciarsi trascinare nella polemiche nate da quegli scontri. Men che mai i leader del Partito Comunista dell’epoca, il quasi santo Enrico Berlinguer in testa, si preoccupavano di correre subito nei salotti televisivi per dire la loro sugli scontri appena avvenuti.
Semplicemente, ai pochi comunisti che contavano, degli studenti (perché era in voga l’assioma manifestante = studentello) importava sottozero. Semmai, se proprio dovessero “sporcarsi le mani”, si facevano ben vedere in testa ai cortei dei metalmeccanici in sciopero. Quelli erano salari, pane, lavoro. La Palestina nemmeno sapevano che esistesse.
Il mantra del bravo padre comunista era questo: “Pensa a studiare, coglioncello, se non vuoi finire a fare l’operaio come me, sempre attaccato alla linea”. Per tal motivo, se il suddetto coglioncello non avesse già rimediato una manganellata, le prendeva dal padre e la volta successiva ci avrebbe pensato due volte prima di andare a berciare o suonare trombette in piazza.
Le piazze di oggi
Ora è tutto diverso, troppo diverso, tanto per speculare sulle reali motivazioni dei manifestanti, che per mettere in atto contromisure efficaci prima che scappi il morto. Ho sentito qualche l’espertone pontificare sulla c.d. “stagione del terrorismo” con relativa sconfitta finale dell’eversione organizzata come per dire che non ce la faranno a rovesciare l’ordine costituito. Intanto, formazioni armate quali furono, prime fra tutte le Brigate Rosse, erano totalmente incomparabili con gli straccioni che rompono tutto, assaltano le forze dell’ordine e, prima o poi, ammazzeranno qualcuno.
Ma se il morto, Dio non voglia, ci scapperà, sarà un morto a titolo di dolo eventuale e non certo ucciso con premeditazione, come risultanza coerente con un piano militare studiato nei minimi dettagli. Quelli e quelle che vediamo oggi nei servizi dei telegiornali, e, ancora meglio, nelle dirette giornalistiche minori, non sarebbero nemmeno in grado di pianificare e realizzare l’assalto alla pizzeria Vesuvio.
Fanatismo e ignoranza
Anche questo li rende, se possibile, più pericolosi e imprevedibili. V’è una netta differenza tra gli attentati realizzati da formazioni ideologiche e determinate, per quanto vi siano al loro interno anche esemplari di bassa manovalanza che perdono le scarpe e i passaporti sul luogo dell’attentato, e le sempre più violente manifestazioni di piazza.
Resta un comune denominatore: il fanatismo comunista di chi vuole abbattere questo governo, perché tacciato di essere fascista (e basta la parola, come diceva la reclame della nota purga negli anni ’70). La presidente del Consiglio è fascista perché lo abbiamo deciso noi e ciò basta e avanza: la rovesceremo con ogni mezzo. Così la pensano tutti, e dico tutti, i manifestanti di oggi, da Torino a Palermo. Chi sostenga il contrario, mente, sapendo di mentire.
Se pensiamo che, addirittura, all’interno delle formazioni armate comuniste vi erano contrastanti fazioni (ala militare, ala politica ecc.) che, quando non sparavano (senza mancare un colpo e senza uccidere i passanti) trascorrevano notti intere a discutere di politica e a progettare nuove azioni, dobbiamo constatare che quelli che vogliono rovesciare lo Stato oggi sono più coesi. Ma lo sono soltanto perché accomunati dalla più crassa ignoranza sulla storia e sulla geografia, per non aver null’altro da fare quel giorno, oltre all’assoluta incapacità di spiegare in un italiano accettabile quello straccio di ragionamento logico che dovrebbe ispirare le loro azioni.
Padroni incontrastati
Gli eroi di oggi, sanno benissimo che troveranno paladini della loro totale libertà d’espressione in ogni forza politica, anche quando tale libertà s’esprima con danneggiamenti gravissimi e molta violenza fisica. Sono assoluti padroni della piazza. Mi si dimostri il contrario.
Quali che siano le loro misere motivazioni, è comunque quasi impossibile fermarli oggi, dopo troppi anni di coccole e vezzeggiamenti da parte di una sinistra alla quale, almeno lo ammettessero, gli ebrei sono sempre stati sulle balle, così come l’ingiustificabile simpatia per chiunque li detesti e voglia dichiaratamente cancellare Israele dalla carta geografica. Tanto, c’è sempre il Giorno della Memoria per piagnucolare in pubblico, portare una bella corona di fiori al Ghetto e mettersi la coscienza a posto con poca spesa. Il giorno dopo? Tutti a sventolare la bandiera palestinese e a incolpare gli ebrei di genocidio.
È del tutto evidente che in questo humus di contraddizioni, in questa indecorosa sarabanda di piroette, inchini, voltafaccia e persino calate di braghe, chiunque dichiari di manifestare “contro Israele responsabile di genocidio” oppure “contro la Meloni fascista” e financo per ambo le cose assieme, troverà difensori e sostenitori, finendo per mettere le nostre forze dell’ordine sul piano dei persecutori nazisti o delle più spietate camicie nere (sentita anche questa no?).
Ultimo sassolino: polizia e carabinieri o reagiscono con le dotazioni di cui dispongono, oppure sono meri bersagli, con una curiosa assonanza per la vergognosa situazione dei nostri caschi blu della base Unifil in Libano. Non vi sono terze vie. Devono reagire proporzionalmente? Senz’altro. Ma qualcuno spieghi a chi ne parla a sproposito in tv, che “reazione proporzionata” non vuol dire aspettare di essere massacrati di botte o accoltellati prima di reagire. A quando la prossima? Domani? Dopodomani?