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L’epoca del post-umanesimo: dai dogmi sanitari a quelli climatici

Irricevibile lo “scurdammece ‘o passato” tipicamente “terzista” di Battista, anche perché lo schema dogmatico e autoritario del Covid lo ritroviamo oggi applicato al clima

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Basta Covid, basta”. Il grido disperato è di Pierluigi Battista che invoca la fine delle ostilità sull’Huffington Post. Il dibattito ancora aperto gli provoca fastidio, gli risulta maleodorante, foriero di strascichi psicologici devastanti a livello mentale.

Il pari e patta di Battisti

A suo parere, non servono a nulla le inchieste giudiziarie destinate a esiti inconcludenti e le commissioni parlamentari ispirate da un senso di rivalsa politico tendente a riscrivere secondo una “non-verità” la storia di quest’ultimo triennio.

Allora, è arrivato il tempo di interrompere il flusso di “sciocchezze”, di non dar più retta ai no-vax, di arrestare “un’isteria ideologica che sta ancora diffondendo i suoi effetti letali”. Secondo Battista, si è vinta la guerra ma bisogna saper gestire pure il dopoguerra. Quindi, da tipico terzista, ci spiega che non ci sono eroi da premiare tipo Conte e Speranza i quali rivendicano i loro primati, ma neppure scheletri nell’armadio su cui si dovrebbe investigare in Parlamento. Pari e patta nel Battista pensiero e scurdammece ‘o passato.

Stato di eccezione perenne

Tesi rispettabile ma allo stesso tempo irricevibile. Non solo perché le questioni da approfondire sono molteplici: una su tutte i limiti normativi del potere statale durante un’emergenza di cui abbiamo scritto diffusamente nel precedente intervento. Ma, soprattutto, perché la gestione autoritaria del periodo pandemico da eccezione si sta trasformando in regola.

Il pericolo concreto è che le democrazie di stampo liberale entrino definitivamente in crisi di fronte a qualsiasi emergenza, o presunta tale, rendendo ordinari strumenti normativi in apparenza straordinari. Il rischio, a questo punto, è trovarsi catapultati in un perenne stato di eccezione i cui confini legislativi e temporali diventano sempre più labili e indefiniti.

Bisognerebbe spiegare ai Battista (ma pure a quelli come Aldo Grasso che ancora si scagliano contro “i no vax, i no mask, i no green pass, i no qualcosa”) che a emergenza abbondantemente terminata sopravvivono sia la mentalità che i metodi draconiani “giustificati” dal contrasto al virus. Per esempio, uno strumento coercitivo e discriminatorio come il Green Pass potrebbe diventare eterno e globale nelle intenzioni di Ue e Oms, così da subordinare i diritti individuali al rilascio di un certificato sanitario.

Non vale neppure più la pena ricordargli che il famoso QR concesso dopo ogni dose non si è neppure rivelato la garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiate o non contagiose. Probabilmente, anche chi afferma una tesi ovvia e dimostrata dai fatti è destinato a essere iscritto nella lista dei “no qualcosa” tanto cara a Grasso.

Dai dogmi sanitari a quelli climatici

La prova provata è rappresentata dal fatto che tutti gli epiteti dell’era pandemica ora vengono rispolverati per additare coloro che mostrano scetticismo rispetto all’ambientalismo estremo inculcato allo stesso modo dei precetti sanitari. Qualche settimana fa, Luigi Manconi su Repubblica si interrogava su come comportarsi con i “negazionisti climatici”: “Sbatterli in galera o metterli in condizione di non nuocere?”.

Ora, pur sottraendoci a questo dibattito non particolarmente appassionante, va registrata la riproposizione dello schema con tanto di capri espiatori da offrire al pubblico ludibrio. Sullo stesso giornale, il direttore Maurizio Molinari aveva parlato di una crociata di gruppi negazionisti contro i necessari provvedimenti da assumere per avviare la transizione ecologica.

Eppure, l’intransigenza è tutta dall’altra parte, perché non solo è precluso il confronto (come durante il Covid), ma non si possono neppure discutere le severe misure previste per ridurre i livelli di Co2. Così, si scivola dai dogmi sanitari alla dottrina ecologista dando per scontato che le persone debbano adeguarsi rinunciando a cuor leggero ai propri diritti.

L’epoca post-umanista

Alla fine dei conti, questo presunto progressismo segna per assurdo un’evidente involuzione della società, imponendo pesanti limiti all’autonomia dei cittadini. Si scrive e si discetta tanto di un pianeta sostenibile ma ai maître à penser nostrani non sorge mai il dubbio che i sacrifici richiesti alla gente comune siano del tutto insostenibili (anche da un punto di vista economico).

Per cui, siamo ormai proiettati verso una metamorfosi delle nostre società nelle quali le persone devono essere votate al martirio per il perseguimento di scopi imposti dall’ideologia dominante. Che da ciò derivino un peggioramento della qualità della vita, un considerevole aumento dei costi, la riduzione dei margini di libertà della popolazione poco importa a chi è abituato a sermoneggiare senza contraddittorio.

In questo modo, ci avviamo a grandi passi verso l’epoca del post-umanesimo, nel quale l’uomo non è più misura di tutte le cose ma schiavo di un mondo che non ne riconosce più i bisogni e lo relega ai margini costringendolo a bere il calice amaro o ad affogare. Per dirla alla Battista: basta, pietà, basta.

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