Se si dovesse spendere una sola parola per riassumere la situazione attuale questa sarebbe la rassicurante “stabilità”, capace di spiegare sia la tenuta della maggioranza sia la situazione di stallo dell’opposizione, come ce la testimoniano i vari sondaggi che si succedono, tanto più che questa si confronta con la inquietante “instabilità” internazionale.
Non deve stupire se – dopo una stagione politica tormentata, senza un governo dotato di un suo puntuale riscontro popolare, bensì frutto di un acrobatismo di un paio di presidenti della Repubblica – il successo elettorale di un centrodestra sostanzialmente unito paia garantire a tutt’oggi una tenuta quinquennale.
La conseguente possibilità di programmazione riguarda non solo l’impresa, ma la vita quotidiana della gente comune, che può organizzare su un tempo prevedibile la sua attività, senza essere continuamente preoccupata dall’estrema debolezza dell’Esecutivo in carica, che finisce per creare una sensazione pervasiva di precarietà nella stessa società civile.
L’eredità di Berlusconi: il centrodestra
Si può continuare a coltivare tutte le riserve relative alla persona di Silvio Berlusconi, ma certo rimarrà nella storia di questo Paese per aver anticipato in tempo, non solo creando la formula di bipolarismo fondato non sui partiti ma sulle coalizioni, ma soprattutto per aver sdoganato la destra, dando vita a quel centrodestra che è sopravvissuto alla sua morte. Che questo sia vero lo testimonia al contrario la politica di isolamento della destra perseguita in altri Paesi, creandole intorno un cordone sanitario che l’ha fatta crescere, senza recuperarla ad una autentica dinamica democratica.
L’eredità di Prodi: il campo largo
Nulla di simile può essere attribuito al suo antagonista, Romano Prodi, che avendo varato un Ulivo come mera sommatoria di sigle eterogenee, con ad unico vero programma l’opposizione a Berlusconi, si è trovato rovesciato entrambe le volte, lasciando in eredità la stessa tentazione di un assemblaggio contro qualcuno assai più che per qualcosa, ripreso dall’attuale ricerca del cosiddetto “campo largo”.
I valori del centrodestra
Il fatto è che il centrodestra non è una formula fondata solo sulla conquista del potere, se così fosse avrebbe dovuto entrare in crisi una volta al governo, come capitato all’Ulivo, ma sulla comunanza di alcuni valori fondanti: la difesa di una identità nazionale maturata alla luce di una cultura cristiana, da cui la ostilità ad una immigrazione irregolare, a forte connotazione musulmana; la promozione della famiglia come cellula fondamentale della società, da cui la politica a favore della natalità; la valorizzazione della iniziativa imprenditoriale, specie delle piccole e medie realtà che caratterizzano il nostro Paese, da cui una politica di detassazione; la difesa dei redditi dei lavoratori, da cui una posizione anti-inflattiva, attuata attraverso il taglio del cuneo fiscale. Ciò, con l’aggiunta di una politica saldamente atlantica ed europeista, se pur con qualche fibrillazione, sul fronte dell’Europa e della conduzione della guerra in Ucraina, non riflesse peraltro in sede di votazioni alle Camere.
Certo, questo è quello che sta alla base del centrodestra, senza peraltro dar per scontato che sia effettivamente tradotto in pratica, ma ne spiega la relativa saldezza, che il c.d. centrosinistra, non riesce a mettere in crisi, né cercando di forzare una componente a distaccarsene, come Forza Italia per lo ius culturae, né contando sul supporto della magistratura, come la vicenda Toti, né, infine coltivando scandali ossessivamente enfatizzati dai mass media c.d. progressisti, come la novella erotico-sentimentale Sangiuliano.
Tutto questo può far pensare ad una certa fragilità di una classe dirigente, riconducibile almeno per Fratelli d’Italia alla rapidità della crescita elettorale tale da non permettere la maturazione di una dirigenza pienamente all’altezza della nuova responsabilità, non esente dalla tentazione di una gestione amicale. Ma la cosa non sembra preoccupare più di tanto la gente, data la pronta reazione di una Meloni, rivelatasi una forte e lucida leader.
La si è criticata per non avere votato a favore della riconferma della presidente della Commissione europea, ma dopo l’entrata formale nella maggioranza dei Verdi, sì da compensare la parziale defezione dei popolari, così si sarebbe trattato di un appoggio aggiuntivo non determinante, tale da non mettere affatto al riparo dalle riserve dei socialisti e dei Verdi. Questo da un punto di vista tattico, ma da quello strategico si è in tal modo aperta ai Popolari – sempre più restii a chiudersi in una alleanza con forze spinte dalla caduta elettorale a una evidente radicalizzazione.
Il centrosinistra che non c’è
Se questa stabilità è la forza del centrodestra è al tempo stesso la debolezza del centrosinistra, così etichettato dai suoi fautori che intendono dargli una qual sorta di parità rispetto al centrodestra in termini di copertura e di tenuta elettorale. In verità che un centrosinistra non esista a tutt’oggi è dimostrato dalla ostinata ma sfortunata formula del campo largo, tutt’al più spendibile in elezioni amministrative, ma non certo politiche.
Fra l’altro la spinta egemonica di un Pd spostatosi pesantemente a sinistra non ha avuto affatto come effetto la creazione di un vuoto al centro affidato a forze come Italia Viva e Azione, bensì, in ragione della stessa legislazione elettorale, una loro sostanziale assimilazione al partito della Schlein.
Una mobilitazione continua
Ora la ricerca ossessiva del campo largo avviene in ragione di una critica omnipervasiva mossa all’attuale governo, a partire dalla costante delegittimazione di Fratelli d’Italia, come affetti da una inguaribile nostalgia per quel regime di cui avrebbero conservato le radici, da cui dovrebbe seguire una sorta di union sacre per sostituire la maggioranza a tamburo battente.
L’alba salvifica è sempre quella del giorno dopo, con una mobilitazione continua finalizzata a creare una sensazione di instabilità quale creata da un governo in caduta libera, ma è esattamente quello che una larga parte dell’opinione pubblica non vuole, sì da spiegare la scarsa fortuna di questa politica, tale da logorare ben più chi ne è protagonista di chi ne è destinatario.