La campagna elettorale, l’illusione dei sondaggi, i cambiamenti radicali nei principi fondativi e nelle battaglie politiche dei partiti, i danni della scuola italiana sulle generazioni più giovani. Ne abbiamo parlato con Luca Ricolfi, sociologo, politologo, docente di Analisi dei dati nonché presidente della Fondazione David Hume.
L’astensionismo a destra
WILLIAM ZANELLATO: Professor Ricolfi, il centrodestra ha raggiunto un accordo sulla premiership e sui collegi uninominali. La scelta chiara e unitaria di indicare fin da subito il candidato premier, in questo caso Giorgia Meloni, potrà abbassare il dato preoccupante dell’astensionismo a favore della coalizione di destra?
LUCA RICOLFI: Non credo. A mio parere la matrice principale dell’astensione di elettori potenzialmente di destra è il discredito di Salvini e Berlusconi, dovuto al voltafaccia sul governo Draghi. Penso che una parte di questi delusi non andrà a votare, un’altra parte voterà i partiti “coerenti”: o Meloni, o Calenda.
Occhio ai sondaggi
WZ: Gli ultimi sondaggi danno per assodata una vittoria schiacciante del centrodestra, recenti studi confermano questo trend. Lei ha scritto recentemente un articolo dal titolo “La sinistra non è minoranza”: cosa sfugge a queste analisi?
LR: Sfuggono due cose. Primo, il differenziale di consenso destra-sinistra potrebbe essere nullo o molto minore di quello rilevato dai sondaggi, come è già accaduto in passato (ad esempio nel 2006, quando all’Ulivo di Prodi veniva assegnato un vantaggio ingente, poi rivelatosi inesistente). Quando, per mesi e mesi, giornali e tv dicono che uno schieramento è in netto vantaggio, una parte dell’elettorato si allinea al clima dominante e – nelle risposte ai sondaggi – tende a rispondere in modo conformistico, indicando partiti dello schieramento vincente (si chiama effetto winner).
Poi c’è una seconda considerazione. Quando scrissi l’articolo, non era ancora avvenuta la rottura Pd-Cinque Stelle, e un semplice calcolo aritmetico dava perfetto pareggio fra i due schieramenti, purché si conteggiassero tutti i partiti. Di qui ricavavo la conclusione che un’eventuale sconfitta del centrosinistra non stava scritta negli orientamenti degli elettori, ma in tutt’altre dinamiche.
WZ: Quali dinamiche?
LR: La litigiosità fra i partiti di sinistra, innanzitutto. E poi l’abbandono della questione sociale da parte del partito di Letta, ossessionato dai diritti LGBT e dimentico dei problemi concreti che preoccupano i ceti popolari (lavoro e immigrazione).
Ridicolo l’allarme fascismo
WZ: La campagna elettorale è iniziata e il Pd ha cominciato ad agitare lo spettro del fascismo. Il rapporto tra Fratelli d’Italia e il “ventennio” è credibile? Secondo lei, questa strategia influenzerà il voto di possibili elettori moderati del centrodestra?
LR: Penso che lo spettro del fascismo incombente riveli solo un disturbo di personalità che affligge alcuni giornalisti. Se fossi Giorgia Meloni li ringrazierei, perché l’accusa è talmente ridicola da ritorcersi contro chi la formula.
Del resto, diciamoci la verità: la campagna elettorale della destra la stanno facendo i progressisti, agitando lo spettro (reale) dell’imposta patrimoniale e lo spettro (surreale) del pericolo fascista. Tanto vale richiamare in servizio Fausto Bertinotti e lo slogan “Anche i ricchi piangano”, con cui l’estrema sinistra dava il suo contributo alla Legge Finanziaria del 2007.
Il ”grande swap” fra destra e sinistra
WZ: Diversi studi confermano un cambiamento radicale, avvenuto negli ultimi trent’anni, nei principi fondativi, nelle battaglie e soprattutto nell’elettorato della destra e della sinistra. Da sociologo: quali sono le ragioni di questo cambiamento? Quali sono i temi che ancora distinguono il centrodestra dal centrosinistra?
LR: I cambiamenti sono così epocali che sto dedicando loro un libro (uscirà a ottobre con Rizzoli). I due più importanti li riassumerei così: con l’abbandono della questione sociale da parte del Pd, la difesa dei ceti popolari è passata da sinistra a destra.
Con l’adesione acritica del mondo progressista al politicamente corretto e alle rivendicazioni del mondo LGBT (ddl Zan), la censura è passata definitivamente da destra a sinistra. È paradossale, ma oggi ci troviamo di fronte a una destra che rappresenta i ceti popolari e difende la libertà di espressione, e a una sinistra che rappresenta i “ceti medi riflessivi” e pretende di imporre il politicamente corretto a tutti. Nel mio libro lo chiamo il ”grande swap” fra destra e sinistra.
La scuola progressista
WZ: La scuola e l’università sono temi spesso dimenticati dalla politica italiana. Nel suo libro “Il danno scolastico”, lei descrive tutte le storture della scuola italiana. Qual è il principale difetto del nostro sistema scolastico? Da giovane studente universitario di ventun anni le chiedo: questo “danno” quali conseguenze avrà sulla nostra generazione?
LR: Il difetto primario sta nel credere che l’abbassamento degli standard, tenacemente perseguito dalle forze progressiste negli ultimi 60 anni (dal 1962, con la battaglia contro il latino), sia una strategia che favorisce i ceti popolari. Nel nostro libro, Paola Mastrocola ed io dimostriamo che è vero l’opposto: l’abbassamento amplia le diseguaglianze.
E dire che, un tempo, la sinistra la pensava come noi: Antonio Gramsci e Concetto Marchesi erano a favore del latino, e più in generale della cultura alta, perché la ritenevano uno strumento di elevamento e di emancipazione degli strati popolari.
Quanto alla condizione della sua generazione, l’entità del “danno scolastico” dipende da che insegnanti la sorte ha assegnato a ciascuno. Se si hanno avuti insegnanti mediocri, e si appartiene ai ceti popolari, risalire la china può risultare molto difficile. Per quel che ho potuto constatare direttamente, il danno maggiore è sul lessico e sull’organizzazione logica del discorso.
Sul Covid si è deciso di chiudere un occhio (fino a ottobre)
WZ: Un’ultima domanda sulla gestione italiana del Covid-19. Con il possibile riacutizzarsi dell’emergenza pandemica in autunno, troverebbe giustificato il protrarsi di isolamenti, restrizioni e mascherine in classe? Anche a fronte di gestioni più blande negli altri Paesi europei?
LR: La via maestra per ridurre la circolazione del virus è quella avviata dalla Regione Abruzzo, tardivamente accolta dall’OMS, e inutilmente proposta a Draghi da Giorgia Meloni a inizio 2021: introdurre la ventilazione meccanica controllata (VMC) in tutti gli ambienti chiusi (scuole, università, uffici, trasporti). Se Draghi avesse accolto quella proposta, oggi saremmo molto più protetti contro i rischi della stagione fredda.
Poiché nulla è stato fatto, chiunque governerà si troverà costretto a reintrodurre le mascherine negli ambienti chiusi e, se i morti continueranno a viaggiare intorno ai 100-200 al giorno, a riscoprire la necessità e urgenza del vaccino. Oggi la situazione, misurata con l’unico indicatore solido disponibile – i morti giornalieri – è circa 10 volte peggiore che un anno fa.
Ma i media hanno deciso di chiudere un occhio. E, probabilmente, continueranno a farlo fino alla fine di ottobre, quando si insedierà il nuovo governo.