Nelle ultime 48 ore i rappresentanti di categoria della Magistratura italiana hanno rilasciato alcune dichiarazioni con le quali hanno espresso tutto il loro disappunto nei confronti di alcuni provvedimenti adottati dal Parlamento nazionale e su alcune proposte di legge.
L’attenzione dell’Associazione nazionale dei magistrati si è concentrata, in particolare, sulla volontà del legislatore di non consentire la pubblicazione del testo delle intercettazioni nel corso delle indagini preliminari e sulla necessità di dedicare una giornata annuale in ricordo delle vittime degli errori giudiziari.
I provvedimenti contestati non attengono direttamente all’esercizio delle funzioni giurisdizionali perché con essi non si scalfisce alcuna competenza dei magistrati, i quali, ciononostante, attraverso gli organi di categoria, hanno ritenuto necessario rappresentare una ferma e decisa opposizione.
La pretesa di scrivere le leggi
Questi episodi rafforzano la convinzione che coltiviamo da qualche decennio e cioè che in Italia esiste una magistratura militante che veste la toga non già e non solo per applicare la legge adottata dal Parlamento sovrano, quanto per applicare la legge che corrisponda ad una visione complessiva ed organica del mondo che rimanda ad assiomi ideologici ben determinati.
Insomma, c’è una parte della magistratura che non vuole applicare la legge, ma vuole farla ad immagine e somiglianza di un indirizzo politico che deve affermarsi a prescindere da ciò che il legislatore voglia o non voglia.
Gli ambiti all’interno dei quali questo atteggiamento si è manifestato nel corso degli ultimi decenni sono numerosi, potremmo dire troppi. La magistratura ha preteso norme ad immagine e somiglianza dell’indirizzo politico che ritiene di portare avanti nella lotta alla mafia, nel contrasto alla corruzione, in materia di immigrazione, nel campo dell’estensione dei diritti sociali, nel settore della libertà d’impresa e adesso anche per ciò che riguarda la diffusione a mezzo stampa di notizie attinenti ad indagini penali e festività nazionali.
Se non fosse ancora chiaro voglio dire che settori culturalmente impegnati della magistratura hanno una soluzione legislativa che ritengono l’unica praticabile all’interno dell’ordinamento giuridico per ogni singola questione.
La magistratura (una parte di essa) sotto la protezione dell’indipendenza, dell’autonomia che la Costituzione le assicura e in virtù del prestigio che le deriva dal sacrificio di alcuni suoi esponenti, vuole in realtà essere ed essere riconosciuta come legislatore, come guida morale e giuridica dell’intero Paese.
Abuso della Costituzione
E per legittimare questo ruolo utilizza un’argomentazione e uno strumento pericolosissimi: la sottomissione non alla legge ma alla Costituzione repubblicana. Tutte le volte che una legge del Parlamento nazionale non rientra nel sistema di valori e riferimenti culturali di una certa magistratura, l’appello alla Costituzione, e poi alle norme europee e ai trattati internazionali, consente di bypassare la democrazia per ottenere il trionfo della tecnocrazia.
Intendiamoci. Ho detto molte volte e lo ripeterò ancora che il costituzionalismo, vale a dire i vincoli posti all’eccesso del potere della volontà legislativa (della maggioranza politica in ultima istanza) rappresenta la chiave di volta per entrare nella civiltà moderna e lasciarsi alla spalle la barbarie dell’assolutismo. Mi appare così evidente che ribadirlo può persino risultare banale.
Ma alcune frange della magistratura, come detto, utilizzano in maniera strumentale la Costituzione italiana e ne fanno un abuso che è diventato, a mio parere, intollerabile.
È chiaro che nessuno crede veramente all’idea che il giudice debba limitarsi ad essere la bocca della legge; la società è diventata troppo complessa ed articolata per essere governata da queste semplificazioni, ma nel debordare consapevolmente e costantemente dal proprio ruolo per dare sfogo ad una volontà di potenza di affermare la propria visione del mondo credo vi sia persino della cattiva coscienza.
La magistratura espone un punto di vista privilegiato sul mondo in ogni singolo ambito in cui interviene la legislazione e ciò non è accettabile in una liberal democrazia moderna. Prima o poi la politica dovrà farne una battaglia necessaria se non vorrà rinunciare al proprio ruolo e consegnarci definitivamente ad una democrazia giudiziaria.