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Mentre cambia l’ordine mondiale, in Italia prosegue il teatrino

Tra le finte crisi di Conte e le battaglie identitarie del Pd, il nostro sistema politico e informativo relega ai margini i grandi scossoni all’ordine internazionale

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La settimana geopolitica appena conclusa, caratterizzata dal vertice G7 e dal summit Nato di Madrid, potrebbe, uso ancora prudentemente il condizionale, segnare una cesura storica negli equilibri politici internazionali.

Come è stato già osservato, un ritorno alla Guerra Fredda: si parla di nuove “cortine di ferro”, la Russia viene definita come una “minaccia diretta” e gli alleati della Nato rispondono, nero su bianco con il nuovo Strategic Concept, alla sfida alla Cina di Xi Jinping.

Nel frattempo, il presidente turco Erdogan esce tra i vincitori dallo scacchiere diplomatico di Madrid, ottenendo promesse di cooperazione dai governi di Stoccolma e Helsinki nel contrastare il terrorismo del PKK, in cambio del via libera di Ankara all’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.

Decisioni spartiacque sia per l’Alleanza atlantica, che torna protagonista, ma anche per il futuro dell’Europa, che messe da parte le velleità di autonomia strategica si ritrova sempre più inglobata nell’ombrello difensivo Nato.

Politica e informazione parlano d’altro

Tuttavia, in questa sede ci limitiamo a constatate come il dibattito politico nazionale, tranne rare eccezioni, sembra tenere ai margini gli scossoni all’ordine internazionale di questi giorni.

Partiti e leader dovrebbero confrontarsi e scontrarsi su questi temi, sugli equilibri internazionali e sulle alleanze da promuovere, anche in vista della prossima campagna elettorale, mentre nelle polemiche politiche così come nelle discussioni parlamentari, sembrano occuparsi d’altro.

Anche l’informazione italiana, a leggere i giornali o a guardare i principali talk politici, tranne qualche rara eccezione, relegano i temi internazionali in secondo piano, subordinati alle scissioni parlamentari, alle futili discussioni interne ai partiti o alle bandierine parlamentari come Ius Scholae e cannabis.

A farla da padrone, in questi giorni, le finte minacce di crisi di governo, le fibrillazioni nella maggioranza, le tensioni tra il premier Mario Draghi e il capo del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, riguardo la presunta interferenza di Palazzo Chigi sulla leadership pentastellata. Un teatrino.

I lavori parlamentari sono sequestrati dalle battaglie identitarie della sinistra (Ius Scholae e cannabis), portate avanti ciecamente da Enrico Letta, con il beneplacito dei partiti vicini ai Dem, pur senza avere i numeri al Senato. Crociate utili solo nella guerra di logoramento tra i partiti in vista delle prossime elezioni.

Tutto questo, all’interno della cornice di un governo tecnico, il terzo della legislatura, chiamato per uscire dall’emergenza pandemica e completare le riforme utili a ricevere i fondi del Pnrr.

La nostra debolezza

La differenza tra il dibattito politico internazionale e quello italiano è abissale. Forse, meglio delle parole, sono le immagini a dimostralo. La foto di Draghi ritratto su un divanetto del Museo del Prado, attaccato al telefono con Roma e costretto ad abbandonare in anticipo il summit Nato, è eloquente della debolezza intrinseca al nostro sistema politico. Una solitudine che rappresenta ormai una costante del nostro Paese.