Politica

Migranti come arma politica e ipocrisia della sinistra europea

Se è criticabile Meloni per non aver mantenuto, finora, le promesse elettorali, non si può tacere la solita ipocrisia meschina della sinistra europea e di Francia e Germania

Schlein

“L’Europa è una grande famiglia, sappiate che questa famiglia, la vostra famiglia, non vi lascerà da soli”. Queste le parole pronunciate dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel marzo del 2020, all’inizio dell’epidemia da Covid-19. Era l’inizio della solidarietà europea, che nel giro di pochi mesi avrebbe portato all’adozione di misure senza precedenti per garantire assistenza agli Stati nel fronteggiare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi pandemica.

Da allora sembra passato un secolo. La nuova ondata migratoria che ha coinvolto l’Italia ha acceso nuovamente i riflettori sulle lacune dei meccanismi di solidarietà europea.

Situazione fuori controllo

La situazione nell’isola di Lampedusa è oramai fuori controllo, le tensioni all’interno dell’hotspot sono altissime, tanto da costringere l’esercito ad una serie di interventi per ripristinare la calma e l’ordine all’interno del centro. Anche se il picco registrato nella giornata di martedì 12 settembre, nell’arco della quale si sono contati quasi 3 mila arrivi, sembra passato, non si notano segni di miglioramento: nella notte sono infatti sbarcate altre 200 persone e altrettante nella giornata di ieri. L’hotspot è ormai vicino al collasso: più di 4 mila le persone ancora nell’isola, in condizioni igienico-sanitarie a dir poco estreme.

Secondo dati del Viminale, da inizio 2023 sono già quasi 126.000 i migranti sbarcati in Italia, un numero che, visti gli arrivi di questi giorni, è destinato ad esplodere alla fine di quest’anno.

Europa assente

In risposta, Francia e Germania hanno deciso di blindare le proprie frontiere, annunciando allo stesso tempo anche lo stop ai ricollocamenti, lasciando così l’Italia nuovamente sola nella gestione di questa fase critica, che dovrebbe riguardare l’intera Unione, dal momento che i confini italiani sono soprattutto confini europei.

E così, il Governo italiano si è rivolto a Bruxelles, in cerca di un aiuto, del quale ancora non si vede traccia. Del resto, una dimostrazione di come la Commissione abbia intenzione di gestire l’emergenza si è avuta mercoledì scorso a Bruxelles, nell’aula del Parlamento europeo, con la commissaria agli affari interni, la socialista Ylva Johansson impegnata a lavorare a maglia durante il discorso sullo stato dell’Unione della presidente Von der Leyen. Insomma, non il modo più opportuno ed efficace per gestire una crisi umanitaria di questa portata.

La faccia tosta dell’opposizione

Ma c’è di peggio, perché a fronte di tutto ciò, l’opposizione nostrana ha trovato, forse per la prima volta, un terreno fertile sul quale contestare l’operato del governo. O meglio, la sua incoerenza rispetto alla promesse elettorali fatte da Gorgia Meloni ai suoi elettori.

Al netto della legittimità di alcune di queste critiche (è vero che Meloni aveva per anni promesso un blocco navale con tanto di affondamenti), è giusto far notare da che pulpito queste provengano. La stessa sinistra che negli anni passati molto si è battuta affinché venisse concessa a tutti l’accoglienza, anche a chi non ne aveva il diritto e commetteva dei crimini, anche a costo di far vivere queste persone in condizioni non dignitose, ai margini della società e senza alcuna possibilità di integrarsi, ergendosi a garante unico dei diritti umani, adesso chiede con forza che i flussi dall’Africa vengano interrotti.

Che bella faccia tosta. Già, perché quando a chiederlo (Meloni) o a farlo (Salvini) erano gli altri, questi venivano automaticamente bollati come atti fascisti e razzisti, mentre se a chiederlo sono Schlein e Conte tutto va per il verso giusto. Insomma, in quanto a coerenza, il bue dice cornuto all’asino.

Francesi, tedeschi e spagnoli

Non foss’altro perché, con la medesima ipocrisia con la quale l’opposizione attacca Meloni per le sue amicizie in Europa, ripetendo il solito e noioso mantra del “sono i tuoi amici che chiudono le frontiere e impediscono l’accoglienza”, con chiaro riferimento a Ungheria e Polonia, dimentica tuttavia di esprimere analoghe rimostranze quando a farlo sono i suoi amici spagnoli, tedeschi o francesi.

Per di più, chiunque abbia una minima conoscenza delle rotte migratorie verso l’Europa, sa bene che la politica anti-migranti di Polonia e Ungheria è prevalentemente rivolta verso est, coinvolgendo pertanto i migranti provenienti dalla rotta balcanica, la stessa per la quale la Germania molto si è spesa per finanziare Erdogan affinché limitasse le partenze.

Di contro, sono prevalentemente la super “inclusiva” Spagna e la Francia macroniana che più hanno puntato i piedi sull’accoglienza dei migranti che giungono in Italia per tramite della rotta mediterranea. Per avere la riprova dell’avversione di questi Paesi, è sufficiente riavvolgere il nastro al novembre 2022, quando il rifiuto del governo italiano di accogliere l’Ocean Viking fece esplodere una vera e propria crisi diplomatica tra Roma e Parigi. O come nel caso della Acquarius, che nel 2018 venne accolta in Spagna dopo esser stata rifiutata dall’Italia, non senza accese polemiche.

Insomma, con la medesima onestà intellettuale con la quale oggi è giusto criticare Meloni per non aver mantenuto, finora, le promesse elettorali (semplicemente perché contrarie alle norme e ai principi del diritto internazionale), è opportuno far luce anche sulla solita ipocrisia meschina della sinistra europea, che va predicando l’abbattimento di muri e frontiere, dipingendo come mostri tutti coloro i quali si oppongono ad un cosmopolitismo sfrenato, ma che nel momento in cui ad essere in gioco è il proprio interesse nazionale, non si fa scrupoli ad attaccare il governo.

Perché temono la Meloni

Ma c’è di più. Gli eventi di questi giorni nascondono un preciso intento politico: quello di colpire il governo italiano che, per mezzo della sua intensa azione diplomatica, sta cercando di ridisegnare gli equilibri nel Mediterraneo e in Europa, svolgendo così una funzione alla quale troppo spesso i suoi predecessori avevano rinunciato per assenza di pianificazione e visione strategica.

Sto facendo riferimento non solo al piano Mattei per l’Africa, che sta suscitando qualche mal di pancia in alcune capitali europee, timorose di un “ritorno” italiano in Africa come ai tempi di Berlusconi, ma soprattutto al sogno europeo di Meloni di poter portare un cambiamento nel governo dell’Ue, con un’alleanza tra popolari e conservatori che spazzerebbe via anni di politiche di sinistra controproducenti.

Pertanto, come ha scritto anche Federico Punzi, in questo anno elettorale che ci separa dalle Europee, meglio mettersi avanti e scommettere sul fallimento di Meloni sui migranti, per poi poter tacciare di inadeguatezza il suo modello in campagna elettorale. Del resto, nelle cancellerie europee, Francia, Germania e Spagna in primis, un successo di Meloni non andrebbe proprio giù. Anche perché significherebbe la perdita di influenza e potere in ambito europeo (e chissà, magari anche nazionale), cosa che la sinistra fatica a tollerare per natura.

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