Politica

Musk ha colto nel segno: ecco perché siamo una democrazia “debole”

La sua battuta sui giudici non va sopravvalutata, ma va presa sul serio: il rischio di una gestione più o meno autocratica del potere pubblico, politico o giudiziario, esiste

Musk Mattarella © STILLFX tramite Canva.com

Le recenti affermazioni del magnate americano, e futuro collaboratore del rieletto presidente Trump, Elon Musk sul potere giudiziario in Italia, hanno suscitato una serie di polemiche a mio avviso eccessive da parte di molti politici di opposizione ed opinionisti ad essi vicini, nonché una reazione non condivisibile da parte del presidente Sergio Mattarella che ha condannato in maniera decisa quelle che a suo giudizio sarebbero state le “ingerenze” dell’imprenditore americano nella politica italiana.

Ricordiamo che Musk, commentando con alcuni post sul social network di sua proprietà X, i provvedimenti dei giudici italiani che hanno bloccato di fatto il piano governativo di espulsione degli immigrati irregolari, ha parlato tra l’altro di “potere autocratico”, un tema che merita qualche riflessione.

A qualche giorno di distanza, trascurando alcune opinioni estreme, tese addirittura a ridicolizzare Musk, personaggio pieno di difetti, ma molto abile nel sapere gestire attività economiche di ogni tipo e capace di creare ricchezza per sé e per gli altri, possiamo dire in generale che le sue affermazioni da un lato sono state sopravvalutate e dall’altro non sono state prese sul serio.

L’accusa di ingerenza

Vediamo di spiegarci: a parere di chi scrive è decisamente esagerato parlare di ingerenza da parte di Musk nella politica italiana. In effetti i brevi post da lui inseriti sul social network di cui è proprietario non sembrano altro che delle considerazioni in libertà, frutto di voci “dal sen fuggite”, postate quasi senza riflettere, con riferimento ad una vicenda, quella del blocco giudiziario delle politiche governative di espulsione degli immigrati clandestini, che si presta ad essere commentata per la sua importanza.

E se posso anticipare quanto dirò in seguito, per la sua gravità, da parte di chiunque, di modo che andare a ricercare una intenzione più o meno malevola di ingerirsi negli affari italiani in quelle considerazioni è profondamente sbagliato.

Una battuta da prendere sul serio

Ma nel valutare in questo modo le dichiarazioni (o meglio i post) di Musk si è commesso un altro grave errore: non le si è prese sul serio. Parlando in generale, le affermazioni con le quali è sempre importante confrontarsi (che le si condividano oppure no) sono o quelle solidamente argomentate, che nel loro svolgimento dimostrano una saldezza di principi e di convinzioni che vale la pena di esaminare, oppure paradossalmente la battute quasi spontanee e prive di qualsiasi premeditazione, se e in quanto dimostrino di essere il frutto di convinzioni implicite altrettanto solide e altrettanto degne di essere prese in considerazione.

In quest’ultima categoria rientrano le affermazioni di Musk, che a ben guardare rappresentano l’espressione della visione politica e prima ancora civile del potere pubblico tipica dei cittadini degli stati di cultura anglosassone, fatte proprie dall’imprenditore nato sudafricano, e divenuto in seguito prima cittadino canadese e poi statunitense, una visione civile e politica agli occhi della quale l’atto dei giudici italiani di bloccare di fatto il piano di trasferimento degli immigrati in Albania appare come un atto autocratico.

Una affermazione che, la si condivida o meno, va in ogni caso presa sul serio e che a parere di chi scrive contiene alcuni aspetti di verità che dovrebbero portare a riflettere su un pericoloso indebolimento dei principi della democrazia liberale che da qualche decennio interessano il nostro Paese.

Democrazie “forti” e “deboli”

Certamente sarebbe a sua volta esagerato definire autocratico il potere pubblico italiano, ma è altrettanto vero che, mentre le democrazie anglosassoni sono democrazie liberali in senso “forte”, quelle europee continentali, e in particolare quella italiana, lo sono in senso “debole” e nell’ambito di esse il rischio della gestione più o meno autocratica del potere pubblico, politico o giudiziario, magari unita al rispetto formale delle regole e dei principi maggioritari nonché agli atteggiamenti “benevoli” dei detentori del potere stesso, è sempre presente e, da qualche tempo, grazie soprattutto all’influsso della ideologia woke o politicamente corretta, lo è in maniera più pesante e più pressante.

Gli stati di cultura anglosassone sono a mio parere delle democrazie “forti” perché solo in essi (e in particolare negli Stati Uniti d’America) esiste la netta separazione tra politica e giustizia, nel senso che politici e giudici esercitano il loro potere da due punti di vista diversi: i primi agiscono tenendo conto dell’interesse generale, in accordo con il mandato ricevuto degli elettori; i secondi invece hanno i compito di tutelare i diritti individuali, diritti che sono pochi ma ben definiti e intangibili, non soggetti a compromessi con le esigenze pubbliche, le quali a loro volta, rispettati quei pochi ma ben definiti diritti, non sono sottoposte a ingerenze da parte del potere giudiziario, ma hanno per unico giudice l’elettorato.

Considerata dal punto di vista dei cittadini, questa separazione tra politica e giustizia corrisponde a due tipi di diritti diversi: i diritti civili, che sono intesi come delle nicchie di libertà personali e collettive inviolabili da parte del potere politico, la cui tutela è affidata ai giudici; e i diritti politici che consistono invece nel potere di partecipare alle scelte di interesse collettivo, diritti che non si esauriscono con il voto elettorale, ma che diventano effettivi e reali tanto in quanto il voto contribuisca in maniera concreta a definire le scelte politiche di interesse collettivo da parte degli eletti.

E questo rapporto di rappresentanza tra elettori ed eletti è a sua volta considerato intangibile da parte dei giudici. Nella realtà pratica spesso le due sfere si scontrano, ma il principio nella sua centralità non è mai stato messo in discussione.

Diversa è la situazione negli stati europei continentali che per questo motivo costituiscono, sempre a parere del sottoscritto, delle democrazie “deboli”, poiché in essi politica e diritto non sono separati, ma rappresentano due aspetti di un’unica gestione del potere, che si occupa al tempo stesso di garantire i diritti dei singoli e di realizzare gli interessi collettivi.

La confusione tra politica e giustizia

Si tratta di una diversità che ha le sue origini nella storia: mentre, in assenza dello stato assoluto, nell’Inghilterra e in tutti gli ordinamenti da essa derivati (primo tra tutti quello statunitense) si è mantenuta la separazione medievale tra politica (imperium) e giustizia (iurisdictio) e gradualmente la si è adattata alle concezioni democratiche moderne, nel Continente europeo il sovrano assoluto ha unificato le due sfere sottomettendole entrambe al proprio potere e questa unificazione è sopravvissuta alla caduta delle monarchie assolute e si è inserita nelle democrazie moderne, rendendole appunto “deboli”.

Infatti, in assenza di una netta separazione tra gestione degli interessi generali (politica) e tutela dei diritti individuali (giustizia) le due attività pubbliche sono sempre mischiate tra loro, perché entrambe si occupano in sostanza delle stesse cose e se vi è una distinzione (non una separazione si noti bene) tra politica e giustizia non è nel punto di vista e nella funzione svolta, ma piuttosto nel momento cui agiscono, nel senso che la decisione politica opera in prima battuta la mediazione tra interesse pubblico e diritti individuali, mentre il potere giudiziario, in sede di controllo ripete quella mediazione verificandone la correttezza.

Dal punto di vista del cittadino, la stessa confusione si ritrova nella mancata separazione tra diritti civili e politici: i diritti civili, a differenza degli stati anglosassoni, sono moltissimi, ma tutti “bilanciabili” tra loro e “degradabili” di fronte alla prevalenza degli interessi pubblici, ma questi ultimi a loro volta possono essere se del caso dichiarati illegittimi, vanificando di fatto i diritti politici dei cittadini ad essere gli unici giudici dell’azione dei loro governanti, diritti politici che in sostanza vengono anch’essi “degradati” di fronte a questo o a quello degli interessi opposti, che viceversa vengono elevati a diritti “intoccabili”.

Insomma, in assenza di una separazione culturale (e la cultura, cioè il modo di vedere la società è il principio non scritto più importante che guida la vita di uno stato) tra politica e giustizia, la distinzione tra le due attività pubbliche negli stati europei continentali deve sempre essere garantita dalle leggi che devono ripartire i compiti tra le stesse, ma questa distinzione è sempre stata “debole” ed è sempre a rischio di essere vanificata pur nel rispetto delle legalità formale (gli esempi tratti dalla storia europea degli ultimi secoli sono purtroppo illuminanti) e ciò è vero anche in un Paese come il nostro dove peraltro le leggi, spesso indeterminate e interpretabili in molti modi diversi favoriscono la confusione tra le due sfere.

Restrizioni ai diritti civili e politici

Certamente l’Italia non è dominata da un potere autocratico, ma la sua democrazia è una democrazia che dovrebbe sempre essere rafforzata, tramite le opportune revisioni delle leggi (non escluse quelle costituzionali e quelle legate all’Unione europea) al fine di impedire che la mediazione tra gli interessi pubblici e gli innumerevoli interessi privati elevati a diritti finisca per ledere i diritti civili (quelli “forti”, quelli “veri”) dei cittadini se operata dal potere politico, o finisca per ledere i loro diritti politici se operata dal potere giudiziario.

Non si tratta di disquisizioni teoriche: come detto la diffusione, in alcuni ambienti sia politici che giudiziari, dei principi della cultura woke in base ai quali i diritti politici dei cittadini sono poco più che un residuo della cultura sovranista da eliminare, e i diritti civili sono poco più che una forma di egoismo delle classi dominanti, rende il problema molto attuale.

Due esempi: durante la pandemia da Covid–19 le autorità politiche, interpretando in modo forzato le norme costituzionali e ignorando le stesse regole europee, hanno imposto delle pesanti restrizioni ai diritti civili dei cittadini (libertà di cura, libertà di movimento ecc.) senza che nessun giudice si assumesse il compito di tutelare tali diritti.

Viceversa, le recenti decisioni dei giudici, che hanno dato origine alle dichiarazioni di Musk, decisioni basate su una interpretazione parimenti forzata delle norme europee hanno di fatto annullato le decisioni politiche del governo, andando a colpire in maniera ugualmente pesante i diritti politici dei cittadini elettori, unici tenuti a giudicare tramite il loro voto le scelte di fondo dell’esecutivo in tema di immigrazione clandestina.

Il pilota automatico

Infine un ultimo spunto, tratto dalle affermazioni del presidente Sergio Mattarella sulla “capacità degli italiani di governarsi da sé”: una frase nobile e certamente condivisibile, ma è giusto sperare che agli italiani sia sempre consentito farlo, e i pericoli in tal senso non vengono dall’altra sponda dell’Atlantico.

Poco più di dieci anni fa un italiano, Mario Draghi da presidente della Bce ebbe a dire che il suo Paese aveva bisogno del “pilota automatico”, e non fu solo una battuta: seguirono anni in cui l’Italia, tra gli applausi della maggioranza dei politici e dei commentatori che inneggiavano al “vincolo esterno” capace di migliorare la nostra politica e la nostra società, fu trattata dalle autorità europee quasi come un minore bisognoso di tutela.

In fondo, amare nonostante i suoi difetti il proprio Paese e la sua indipendenza, conquistata durante il risorgimento, significa amare e valorizzare i diritti dei cittadini, sia i diritti civili (anche quando non approviamo il modo con cui sono gestiti) sia quelli politici (anche quando portano ad eleggere governi di cui non condividiamo le scelte), e significa esprimere il proprio netto dissenso per tutte le forme di potere che finiscono per ledere i primi o i secondi, sia che esse assumano l’aspetto del leader politico che vuole realizzare il mondo perfetto sia che esse indossino la toga del giudice o il vestito gessato del funzionario che agiscono in base alla loro perfezione “tecnica”.

Pertanto, le affermazioni di Musk, improvvisate e occasionali, ma proprio per questo implicitamente sincere e in un certo senso “imparziali”, vanno prese decisamente sul serio.