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No, YouTube e le auto non c’entrano. E non chiamatelo “incidente”

Smettiamola con sociologismi e ossessioni regolatorie. Quando si è pronti a correre (e far correre agli altri) rischi enormi, poi non si può parlare di tragica fatalità

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Ci siamo ricascati. Anzi, ci ricaschiamo ogni volta. Non l’abbiamo ancora capito. Ad ogni tragedia, ad ogni fatto di cronaca, si scatena la caccia allo strumento di corruzione dell’animo umano. Prima era la musica rock, musica del diavolo, si diceva. Poi i cartoni animati, poi i videogiochi. Ora i social, addirittura uno in particolare: YouTube.

Non è un “incidente”

Ma dobbiamo accettare la realtà per quella che è. A volte c’è solo un colpevole, non una “spiegazione”. Quello di Casal Palocco, a Roma, si può a stento definire “incidente”. Che, per definizione, è qualcosa di imprevisto, imprevedibile e del tutto involontario. No, la morte del piccolo Manuel Proietti, di soli 5 anni, non è una tragica fatalità, ma l’esito probabile di un deliberato gioco d’azzardo con la vita altrui.

Quando si mettono volontariamente in atto comportamenti tali da mettere in grave pericolo gli altri, per esempio lanciando a velocità folle per una stradina di città un’auto di grossa cilindrata, magari mentre si sta filmando con un cellulare la “bravata” e dopo aver trascorso 50 ore in quell’auto, si accetta implicitamente di correre (e far correre agli altri) rischi enormi, quindi l’evento tragico perde le caratteristiche proprie della casualità, e finanche della negligenza. Diventa un crimine.

Non c’è qui un tema di assenza o insufficienza di regole, un bug nel codice della strada. Qualcuno, c’era da aspettarselo, ha colto l’occasione per rilanciare la proposta del limite di velocità a 30 km/h, che guarda caso è esattamente quello previsto nella strada di Casal Palocco che percorrevano i ragazzi sul suv, ma che non ha impedito lo schianto. Non scherziamo, sarebbe un insulto alla nostra intelligenza e alle vittime.

Non siamo di fronte ad una semplice violazione del codice della strada. Un limite di velocità o un rosso non rispettati, una distrazione al telefono, che possono capitare e certo costare cari. Ma ad una condotta totalmente irresponsabile, probabilmente criminale, contro cui non c’è regola che tenga. Ad uno che corre come un matto assumendosi rischi enormi, che il limite sia 50 o 30, di una multa o di educazione stradale, non frega nulla.

I soliti sociologismi

Purtroppo, questi comportamenti appartengono all’essere umano e non dipendono dal mezzo che viene usato per metterli in atto. No, la colpa non è della “società”, è del singolo individuo.

Così come lasciano il tempo che trovano i discorsi sui “giovani di oggi”, le “famiglie di oggi”, o la sempreverde “crisi dei valori”. Discorsi dannatamente ingiusti nei confronti di quei milioni di giovani e genitori di oggi che studiano, lavorano, fanno sacrifici enormi, si divertono, si dedicano agli altri, sbagliano anche e causano incidenti, ma non come esito di condotte criminali.

Non sono le armi, le auto, nemmeno l’alcol o le droghe in sé. Non vogliamo vederlo ma il male è in noi, non fuori da noi. Cerchiamo di esorcizzarlo allontanandolo da noi, esternalizzandolo nelle armi che impugniamo, anche se possono salvare vite ed essere usate per riconquistare la libertà. Nelle auto, il frutto del nostro ingegno che ci consente di muoverci, lavorare, viaggiare. Nell’alcol e nelle droghe, che milioni di italiani ogni giorno assumono responsabilmente, con moderazione e senza mettere in pericolo gli altri.

Ora persino nei social e in YouTube, che sono semplicemente il nostro specchio. C’è già il figlio d’arte che chiede una legge che vieti di guadagnare da YouTube. Eppure, su YouTube troviamo autentiche perle di conoscenza diffusa e vere e proprie scemenze, esattamente come su ogni media e in ogni contesto umano.

Non è un modo per minimizzare, il nostro. Al contrario, è chi cerca sempre di attribuire colpe a oggetti inanimati, o alla “società”, usata come jolly di ogni nefandezza, che implicitamente deresponsabilizza gli autori dei crimini.

Non possiamo privarci dei mezzi che usiamo per lavorare, muoverci, comunicare o svagarci, credendo che il male sia in essi e da essi si trasferisca all’uomo, quando semmai è vero il contrario, è l’uomo malvagio che trasforma un bastone, un coltello, un auto, o un social, nello strumento per fare del male. Molti di noi sono cresciuti purtroppo con i servizi televisivi sulle stragi del sabato sera e allora non c’erano i social, non c’era YouTube.

L’ossessione regolatoria

L’altra reazione da evitare è quella di dare ancora più sfogo all’ossessione regolatoria, già dilagante, adottando una nuova sfilza di regole e limiti, con l’unico risultato di rendere ancora più impossibile la vita agli automobilisti responsabili, senza alcuna influenza su irresponsabili, squilibrati o criminali.

È qualcosa che dobbiamo accettare. Il male esiste, le persone malvagie o del tutto irresponsabili esistono ed esisteranno sempre. Nei loro confronti, il giudizio di Dio, per chi crede, e la giustizia umana.