Non è colpa nostra, cicli climatici naturali: intervista al prof. Scafetta

Il prof. Nicola Scafetta ad Atlantico Quotidiano: c’è una precisa volontà di spargere catastrofismo per imporre una transizione ecologica dannosa

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Il tragico incidente sulla Marmolada ha riacceso l’attenzione sui cambiamenti climatici, trattati però con toni allarmistici. Delle dinamiche che governano il clima e del presunto ruolo dell’uomo nel riscaldamento globale abbiamo parlato con Nicola Scafetta, professore all’Università Federico II di Napoli, climatologo e scienziato che ha dedicato la sua vita allo studio di fenomeni e cambiamenti climatici.

Non è colpa dell’uomo

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Professore, il tragico incidente sulla Marmolada ha riacceso l’attenzione sui cambiamenti climatici, trattati però con toni allarmistici. Ci vuole spiegare quali sono le dinamiche che governano il clima del nostro pianeta e che ruolo giocano le attività umane?

NICOLA SCAFETTA: Il cambiamento climatico è di complessa interpretazione. Il clima di per sé è composto da numerosi cicli: quelli di frequenza breve, che durano pochi anni, o quelli di frequenza lunga che possono durare anche millenni.

Pertanto, se non si comprendono la variabilità naturale e le trasformazioni che subisce l’ambiente diventa impossibile capire adeguatamente il cambiamento climatico osservato negli ultimi 150 anni. L’uomo è un elemento che contribuisce a tale cambiamento, ma solo in parte minima.

È inutile e controproducente incolpare l’essere umano per il surriscaldamento ambientale che prosegue dal 1900 ad oggi: le azioni economiche o individuali hanno un impatto basso sul clima, come dimostrato dai cicli di surriscaldamento e caldo millenari della storia antica.

In quelle epoche combustili fossili utilizzati ai fini produttivi, emissioni di Co2 o roba simile non esistevano, ma certi fenomeni naturali si sono osservati comunque.

Il ruolo della Co2

TADF: Dunque che ruolo svolge la Co2 in questi fenomeni?

NS: La Co2, essendo un gas serra, è parte del contributo antropico al riscaldamento globale. Tuttavia, è necessario capire che tipo di riscaldamento sia prodotto da questo gas.

In climatologia esiste un parametro chiamato “sensibilità climatica di equilibrio”. Esso misura l’aumento di temperatura globale che un raddoppio della Co2 è in grado di causare.

Qual è il problema? Che il numero esatto di questo parametro non si conosce, dato che gli studi scientifici in materia sono molto contraddittori tra loro: alcuni sostengono che un raddoppio riscalderebbe il clima di circa 1 grado, altri che si otterrebbe un rialzo di ben 6 gradi.

Pertanto, le previsioni del futuro dipendono dalla sensibilità climatica del modello. Personalmente utilizzo per i miei studi i modelli a bassa sensibilità, che prevedono un aumento delle temperature climatiche moderato nel tempo. Tanto basta, a mio avviso, per scacciare via l’allarmismo e la retorica da disastro imminente che ascoltiamo da diversi anni.

La propaganda catastrofista

TADF: Trova che il dibattito pubblico sui cambiamenti climatici venga impostato in modo corretto dai media e dalla politica?

NS: Il cambiamento climatico andrebbe interpretato studiando con attenzione la variabilità naturale del clima ed i suoi cambiamenti passati.

Non mi pare ciò avvenga per due ragioni: in primis, le motivazioni dei cambiamenti, almeno ad oggi, non si conoscono con certezza. In secondo luogo, si nota una precisa volontà di spargere catastrofismo ed incentivare misure politiche di transizione ecologica di cui probabilmente non abbiamo alcun bisogno, che anzi comporterebbero ulteriori drammatiche crisi per il comparto produttivo ed economico nazionale.

Una transizione ecologica dannosa

TADF: Stavo giusto per chiederle una sua considerazione in merito alla transizione ecologica. Rischia di danneggiare imprese, lavoratori e tessuto sociale?

NS: Assolutamente sì. La transizione ecologica si basa sull’idea per cui noi staremmo causando un’alterazione smodata e rapida del clima, determinata dall’utilizzo dei combustibili fossili. Tale idea è molto probabilmente falsa, perché l’uomo non fa altro che dare un contributo minimo al riscaldamento globale, come spiegato in precedenza.

Inoltre, la transizione che si vorrebbe attuare è da ritenere particolarmente dannosa. Infatti, forme di energia nuove come i pannelli solari o le batterie, che tanto si vorrebbero utilizzare, sono piuttosto rischiose e poco efficienti: non sono fonti rinnovabili ma soggette ad usura, fattore che le rende bisognose di una continua produzione.

Come possiamo sottovalutare i rischi che tutto ciò comporta anche per l’ambiente? L’estrazione di minerali e la fabbricazione di materiali adatti alla riconversione verde comportano una grande spesa energetica ed un forte stress proprio per l’ambiente.

Inoltre, chi si pone il problema di cosa succederà quanto materiali e minerali saranno finiti, essendo dei prodotti naturali? Mi pare ovvio che si stiano sottovalutando una serie di fattori fondamentali.

Gli interessi finanziari

TADF: Ci sono suo avvisto interessi finanziari dietro le politiche climatiche?

NS: Ritengo che dietro a progetti, proposte e presunte “innovazioni” ci siano dei grandi interessi finanziari e delle mostruose speculazioni, ovviamente non nell’interesse dei cittadini, piuttosto volte all’arricchimento di ristrette élite capitalistiche che hanno investito in queste politiche.

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