Non solo il D-Day, anche il piano Marshall sotto attacco

In atto la solita falsificazione storica da parte di intellettuali antiamericani e anticapitalisti. Da Stalin agli ayatollah, il volto di certa sinistra è sempre lo stesso

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Uno non fa in tempo a riprendersi dalla sorpresa per le polemiche seguite alla bella trasmissione di Alberto Angela sullo sbarco di Normandia che subito arriva, su La7, un’altra botta. Oggetto della polemica questa volta è il piano Marshall, vale a dire l’enorme flusso di aiuti che, nel primo Dopoguerra, gli Stati Uniti stanziarono per rimettere in piedi un’Europa devastata dal conflitto e non in grado di ripartire da sola.

Nella trasmissione “C’era una volta il Novecento”, dove peraltro si vedono spesso documentari di pregevole fattura, il suddetto piano è stato presentato come esempio delle eterne mire egemoniche di Washington. Dalla trasmissione gli spettatori meno smaliziati potevano trarre l’impressione che, conclusa la Seconda Guerra Mondiale, gli americani volevano così assicurarsi il predominio sul continente europeo, contrastando il tentativo dell’Unione Sovietica di allargare la sua sfera d’influenza.

Tale sfera d’influenza – giova rammentarlo – fu conquistata con i carri armati dell’Armata Rossa, e imposta a nazioni che, se fossero state libere di decidere, avrebbero rifiutato i regimi comunisti. A Mosca, allora, c’era Stalin, e infatti le immagini del dittatore scorrevano spesso durante il filmato. Ma che importa? Forse il tiranno georgiano non era poi così male, se paragonato ai cattivi politici Usa desiderosi di espandere il capitalismo.

Notevole anche il fatto che i conduttori della trasmissione fossero affiancati da una docente di filosofia italiana che ora insegna all’Università di Harvard. Un ateneo un tempo prestigioso e distintosi, in questo periodo, come epicentro delle proteste di studenti (e di numerosi docenti) contro Israele e a favore di Hamas.

E i soldi da Mosca?

Grande attenzione è stata riservata alle manifestazioni contro il piano Marshall che venivano organizzate in Italia dal Partito Comunista diretto da Palmiro Togliatti e dalla Cgil, e in Francia dagli omologhi PCF e dal sindacato CGT (Confédération générale du travail).

Nessun cenno, ovviamente, ai generosi finanziamenti che Mosca concedeva a questi “compagni di strada”, né al fatto che i loro leader obbedissero alle direttive impartite dal Cremlino. Quei fondi erano “puri” e per una buona causa, mentre puzzavano quelli americani perché avevano il solo scopo di promuovere il capitalismo nella parte di Europa che i sovietici non avevano conquistato con le armi.

I soliti intellettuali di sinistra

Se ne deduce che, contrariamente a quanto poi ammisero in epoca successiva parecchi dirigenti dello stesso PCI, era forse meglio per l’Italia entrare nel Patto di Varsavia piuttosto che nella Nato. In quel modo avremmo avuto, anche nel nostro Paese, il socialismo reale con tutte le sue delizie, e non il capitalismo con tutte le sue ingiustizie.

Che dire? Il tentativo di rileggere la storia, falsandola, è in pieno atto, con la benedizione di tanti intellettuali nostalgici e critici mai stanchi dell’America, della sua storia e dei suoi valori. Attualmente appoggiati, purtroppo, da molti loro colleghi Usa. Sempre non a caso, l’ayatollah Alì Khamenei si è complimentato con i simpatizzanti americani ed europei invitandoli a leggere e a studiare il Corano. Da Stalin agli ayatollah, il volto di una certa sinistra è sempre lo stesso.

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