Nuovo scandalo, vecchia storia: ipocrisia e memoria corta dei moralizzatori

Scoperta dell’acqua calda: tra i privilegi del “potente” di turno il variopinto codazzo di persone care più o meno travestite da segretarie o addetti stampa

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Sangiuliano

Il caso del ministro Gennaro Sangiuliano è l’ultima di una serie infinita di vicende personali di politici che, in quanto tali, diventano di pubblico interesse. Se non si partisse da questo assunto si rischierebbe di buttarla in caciara, come dicono efficacemente a Roma.

Comune denominatore

Chi abbia una certa età, non può non ricordare gli scandali consimili che hanno caratterizzato, negli ultimi decenni, politici di tutti gli schieramenti; tutti alle prese con nomine pubbliche e conferimenti d’incarichi a persone a loro care, a qualunque titolo. Già dai tempi della vituperata Prima Repubblica, ben più frequentemente d’una volta l’anno, si gridò allo scandalo per l’amichetta o amichetto che fosse di qualche importante membro di governo, politici tutti accomunati dall’incapacità di trattenere o, perlomeno limitare, la voglia di condividere coi loro (forse) amati quella fetta più o meno grande di onori che sono, allo stesso tempo, delizia e condanna del potere.

Non mi unirò alla schiera dei compilatori di lunghe liste dei beneficiari/e graziosamente invitati/e a condividere i privilegi riservati a quelli “arrivati”. Mi limiterò a sottolineare gli aspetti comuni, anzi un vero e proprio comune denominatore, di carattere talmente umano e così banale da farci allargare le braccia, impotenti spettatori non paganti, di fronte a tanta inevitabile mediocrità.

Ciò che accomuna tanto scalpore e tanto sciacallaggio sapientemente orchestrato, con netta prevalenza di strumenti a fiato suonati dalla sinistra italica, è l’indole bacchettona e sorprendentemente sensibile alla coniugale ortodossia, quando riguardi un primario esponente del centrodestra. Sappiamo anche che paiono interessare particolarmente le vicende personali dei fratelli, sorelle e cognati degli attuali componenti il governo. Non riuscendo ad attaccare il bersaglio grosso, si accontentano di mirare tutt’attorno, ne danno prova evidente.

La moda dei collaboratori

Alla fine, temo si tratti soltanto dell’incapacità di rispondere “no” alle profferte di collaborazione, più o meno retribuita, provenienti da arrivisti e arriviste che, da parte loro, non sanno starsene buoni buoni al loro posto, non paghi di averne uno, e di pregio, nel cuore del loro desiderato. Non facciamo gli ingenuotti di campagna e diciamo chiaramente che molto spesso sono gli aspiranti collaboratori a offrirsi per ricoprire ruoli per niente indispensabili e tutti cuciti sulla loro misura.

Che poi, ed è un fatto assolutamente incontestabile, sia stata proprio la sinistra italiana a iniziare la moda degli infiniti collaboratori ministeriali, vogliamo parlarne? Ho personalmente conosciuto alcuni di questi fenomeni e posso garantirvi che alcuni di loro erano (e penso siano rimasti) dei macachi senza scampo, tronfi e altezzosi ma assolutamente degli incapaci assoluti.

Debolezze umane

Credo di averlo ricordato altre volte su queste pagine: non c’è nulla più vero della voracità dell’amante, a cui o alla quale venga fatta la concessione di qualche correttivo per i Natali e le Pasque passati lontani dai loro “amati”. Il potente di turno, ancorché probabilmente avvezzo alla corte serrata da parte di un sacco di gente in trepida attesa di entrare nel suo entourage, è pur sempre un essere umano, gravato da debolezze altrettanto umane.

Il commediografo Terenzio, in un non sospetto anno 165 a.C. diceva: “Homo sum, humani nihil ad me alienum puto”. E in tale ammissione d’incapacità a emendarsi dalle umane debolezze, sta la differenza tra i santi e le persone comuni, soprattutto quelle che strappano consensi proprio per la loro umanità. Nemmeno i grandi statisti ci hanno dato prova contraria, e allora?

Le regole del gioco

I moralizzatori di turno, oltretutto grandi esperti della contabilità di Stato, stanno tutti con la calcolatrice in mano a quantificare il danno erariale eventualmente derivato da spese e spesucce (con netta prevalenza di queste ultime) per vacanze, soggiorni in alberghi di lusso e altre quisquilie (come le avrebbe definite Totò) frutto di un sistema globale, tutt’altro che soltanto italiano, che non dovrebbe stupire chiunque sappia stare al mondo e non abbia due spesse fette di prosciutto cotto (quello crudo costa troppo) sugli occhi.

Che il potere sia accompagnato da una bella dose di privilegi non indispensabili e non limitati a pochi altrettanto indispensabili, dovrebbe saperlo anche un bambino. Che tra detti privilegi ci sia pure quello di portarsi appresso il variopinto codazzo di aggregati di varia natura e, tra questi, persone care più o meno travestite da segretarie o addetti stampa è altra scoperta dell’acqua calda. Fa parte delle regole, talvolta persino scritte, del gioco, da sempre e in tutto il mondo, del quale non ne cambiano il peso politico di un microgrammo. Ma chi se ne frega di chi si porta appresso il ministro! Lo vogliamo dire o no?

La memoria corta dei moralizzatori

Semmai, ciò che maledettamente stride in questa trascurabile faccenda di poco conto, è l’impegno che ci mettono a parlarne esponenti di forze politiche che si dicono liberali, sostenitori appassionati dei legami più bizzarri e dei generi più fluidi e non codificabili.

Pronti? Via! Passiamo i prossimi giorni a profonderci in commentini e commentoni (questi ultimi riservati ai giornalisti di peso) rigorosamente a corrente alternata e tristemente utilizzati come strumento di opposizione politica! Attenzione: prestare massima attenzione ai parenti stretti dell’uno e dell’altro fedifrago: il parente tira che è una meraviglia e la gente vuol sapere tutto nei particolari, se sotto la cintura anche meglio!

Dimentichi della parabola della pagliuzza e della trave, non soltanto in questo già noioso caso di cui si fa gran parlare, ma pure a proposito delle presunte indebite spese e regalie dello scandalo Regione Liguria, i nostri ineffabili tutti-ragionieri-generali-dello-Stato accusano inoltre il ministro Sangiuliano di aver fatto uso improprio della tv pubblica (ossia di Stato) per le sue ammissioni e dichiarazioni sul caso. È un coro di “Avrebbe dovuto riferirne in Parlamento!”, “Vergogna! Pure le lacrime agli occhi!” e così via, in un crescendo di cazzate che le agenzie di stampa mettono come titolone di testa.

La memoria corta dei contabili moralisti e moralizzatori (sottospecie ancor più perniciosa della prima) andrebbe rinfrescata. Tutto bene quando un presidente del Consiglio (ora all’opposizione) acquistava a prezzo esorbitante un jet Airbus per uso esclusivo di Palazzo Chigi, un aereo, lo ricordo, che volò soltanto pochi mesi e poi dismesso? Tutto bene per i banchi a rotelle? Tutto bene per gli incentivi ai monopattini? E ancora: in merito al presunto uso improprio del mezzo televisivo a quale schieramento apparteneva Oscar Luigi Scalfaro, il presidente della Repubblica del messaggio a reti unificate e con interruzione immediata di ogni programma, nel quale esclamava: “Io non ci sto!”?

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