Obiettivi e limiti dello “Ius Scholae”

Una proposta di legge che tocca nodi cruciali per la nostra comunità, in particolare il rapporto tra identità, appartenenza e diritti, da maneggiare con cura

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Dante scuola Treviso

Il cosiddetto “Ius Scholae” è una proposta di legge che prevede l’acquisizione della cittadinanza italiana per i figli di immigrati nati in Italia o arrivati da piccoli, a condizione che abbiano completato un ciclo di almeno cinque anni di studi nel sistema scolastico italiano. Non richiede dieci anni di formazione, ma piuttosto un percorso scolastico continuativo, come la scuola primaria e media. I genitori, tuttavia, non diventerebbero automaticamente cittadini italiani in virtù di questo diritto: lo “Ius Scholae” riguarda esclusivamente i minori.

Difficoltà famigliari

Una delle questioni più critiche è proprio cosa accadrebbe se i genitori decidessero di tornare nel loro Paese d’origine o trasferirsi altrove. In teoria, così, i figli potrebbero mantenere la cittadinanza italiana, ma ciò potrebbe creare difficoltà pratiche a livello famigliare. L’idea che la cittadinanza di un figlio non influenzi direttamente lo status dei genitori solleva interrogativi sulla coerenza e sull’unità familiare.

Considerare la cittadinanza solo per i figli potrebbe portare ad una frammentazione legale e pratica dei diritti all’interno della stessa famiglia, creando situazioni complesse. Per questo, molti ritengono che il tema della cittadinanza debba essere affrontato in un’ottica che coinvolga tutta la famiglia, per garantire stabilità e coesione, evitando contraddizioni o situazioni di incertezza giuridica.

D’altro canto, riconoscere il legame culturale e formativo con l’Italia, come vorrebbe chi propone lo “Ius Scholae”, sarebbe un passo importante verso l’integrazione di chi si sente già italiano di fatto, nonostante le complicazioni che questo può comportare.

Identità e diritti

Negli Stati Uniti, che sappiamo essere molto rigidi sul tema immigrazione, vige lo Ius Soli: chi nasce in territorio Usa è a tutti gli effetti cittadino americano per sempre. Pensare di agire in tale direzione sarebbe già un passo avanti, ma si tratta di un Paese come noto dalle origini molto diverse dalle nostre.

Non è di secondaria importanza il dibattito più ampio e articolato che consideri sia i diritti dei bambini sia la stabilità delle famiglie, essenziale per affrontare la questione in modo equilibrato. Questo tema tocca nodi cruciali della nostra società, in particolare il rapporto tra identità, appartenenza e diritti. Indubbiamente da considerare, ad oggi, è una questione di principio per l’intera comunità.

L’obiettivo dello “Ius Scholae”, come dello “Ius Soli”, è promuovere l’integrazione, riconoscendo il diritto alla cittadinanza per chi è cresciuto e si è formato in Italia. Tuttavia, affinché questa integrazione sia piena e reale, è necessario considerare la famiglia nella sua unità, evitando di creare situazioni di disparità o separazione. Una riflessione più ampia, che coniughi i diritti dei minori con la stabilità familiare, potrebbe offrire una risposta più completa alle esigenze di chi vive nel nostro Paese.

L’idea di taluni, secondo i quali questa legge servirebbe a creare nuovi cittadini italiani per dare una risposta alla decrescita demografica è alquanto fantasiosa. Sarebbe più opportuno in tal senso aiutare la maternità e le famiglie cosicché possano avere figli in serenità, anziché accarezzare l’illusione di una integrazione con lo “Ius Scholae”.

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