Politica

Occhio alle aberrazioni del ballottaggio: ecco perché ha senso cambiarlo

Dal caso Campobasso il paradosso del doppio turno. Il tempismo del centrodestra infelice ma cambiare o correggere il sistema non può essere un tabù

Meloni elezioni premier © Daboost e D-Keine tramite Canva.com

Non c’è dubbio che il tempismo è infelice: sollevare oggi, all’indomani del secondo turno delle amministrative, la questione del ballottaggio, come ha fatto il presidente del Senato Ignazio La Russa, sa di iniziativa strumentale. Abbiamo perso e ci aggiustiamo la legge elettorale.

E non c’è dubbio, è stato notato anche su queste pagine, che il centrodestra ha un problema nelle elezioni cittadine. Un problema più strutturale, comune a tutti i grandi Paesi occidentali, e uno invece che riguarda in particolare il centrodestra italiano, che sembra incapace di selezionare candidati competitivi. Problemi noti e largamente analizzati.

Il caso Campobasso

Ciò non significa tuttavia che non esista anche un tema ballottaggio. Sembra destinato a capitare sempre più frequentemente ciò che è capitato, per esempio, a Campobasso, dove il candidato in assoluto più votato a queste elezioni, non risulta eletto sindaco.

Come è potuto succedere? Il candidato di centrodestra Aldo De Benedittis ha raccolto al primo turno 12.874 voti, fermandosi però al 47,9 per cento. Al secondo turno ha perso contro la candidata del centrosinistra Marialuisa Forte per nemmeno 400 voti (51 a 49 per cento). Fin qui sembra tutto bene. Sennonché, la neo eletta sindaco al secondo turno ha raccolto meno voti (10.510) di quanti ne abbia raccolti al primo turno De Benedittis, che pur non avendo raggiunto il 50 per cento più uno dei consensi aveva staccato l’avversaria di oltre 4.000 voti.

Tutto regolare, legittimo, ovviamente, ma non si può non riscontrare una criticità in questo esito. Come la mettiamo? Dal punto di vista della democrazia sostanziale, valgono di più i voti assoluti o la percentuale? Vale di più un 51 per cento in una corsa a due, o un 48 in una corsa a più candidati? Un distacco di 4.000 voti o di 400? Può darsi che molti elettori di De Benedittis abbiano cambiato idea tra il primo e il secondo turno, o può darsi che abbiano dato ormai per acquisita la sua elezione, o che a fine giugno molti siano partiti per le vacanze. Chi può saperlo?

Il paradosso del doppio turno

Resta il fatto inconfutabile che il candidato in assoluto più votato in questa elezione non risulta eletto sindaco. Il paradosso del doppio turno è che se va considerato come un’unica elezione, allora non si capisce perché il candidato più votato in assoluto non debba risultare eletto. Formalmente è sì un’unica elezione, ma di fatto sono due elezioni distinte e separate, due eventi che si compiono in condizioni completamente diverse, ma di fatto si decide di cancellare l’esito del primo.

Possibili correttivi

Una distorsione del sistema elettorale a doppio turno (nessun sistema d’altronde è perfetto) che rischia di diventare patologica se l’eccezione si verifica sempre più di frequente. Ed è fondato il sospetto che tenda a deresponsabilizzare gli elettori, inducendoli a disertare le urne al primo o al secondo turno secondo calcoli che il più delle volte si riveleranno sbagliati.

Ecco perché ipotizzare dei correttivi sembra opportuno, sebbene il tempismo degli esponenti del centrodestra appaia infelice – ma d’altra parte si sa che ogni parte politica cerca di modificare le regole del gioco a proprio vantaggio. La sinistra farebbe lo stesso.

Noi preferiamo il sistema first-past-the-post, l’uninominale a turno unico in vigore negli Usa e nel Regno Unito, il più chiaro e trasparente anche per l’elettore, ma anche abbassare la soglia per l’elezione al primo turno dal 50 al 40 per cento può raggiungere lo scopo. Sarebbe quasi impossibile infatti che venisse eletto al secondo turno un candidato con meno voti reali di quelli presi da chi al primo turno si fosse fermato sotto il 40 per cento.