Politica

Occidente e conservatorismo: a New York il miglior discorso di Giorgia Meloni

Non solo la pronuncia in inglese, anche i contenuti. Il rischio dell'”Oicofobia”, ma il declino non è inevitabile, a patto che torniamo ad amare la nostra civiltà

Meloni Atlantic Council (Palazzo Chigi)

Molti hanno sottolineato la padronanza della lingua inglese, superiore a quella di ogni altro premier italiano di epoca recente. Sicuramente superiore all’inglese improbabile di Renzi e Conte. Ma sui contenuti del discorso pronunciato lunedì sera a New York da Giorgia Meloni, nel ricevere da Elon Musk il premio Global Citizen Award 2024 dell’Atlantic Council, si sono soffermati in pochi. Forse perché non era un premier di sinistra, per il quale avremmo avuto caroselli e sbandieramenti.

Ma forse anche per il tema – l’Occidente – che al giornalista e al pubblico annoiati e impigriti di questa epoca può apparire ormai stantio. Fa eccezione Daniele Capezzone, nelle librerie in questi giorni con il suo ultimo libro, “Occidente. Noi e loro”.

Non possiamo dire ovviamente di aver ascoltato tutti i discorsi di Giorgia Meloni e quindi non pretendiamo certo di stilare una classifica attendibile. Ci sentiamo però di dire che in quei 13 minuti la premier ha saputo parlare della crisi del nostro Occidente e rappresentare una visione di conservatorismo in termini molto efficaci dal punto di vista comunicativo, senza stucchevoli nostalgismi, ma con una notevole densità e profondità di concetti.

Nazionalismo occidentale

È partita dall’espressione “Western nationalism”, usata da Anthony J. Constantini in un suo editoriale per Politico.eu per cogliere l’essenza del pensiero politico della premier italiana: “Non dobbiamo vergognarci di usare e difendere parole e concetti come nazione e patriottismo, perché rappresentano più di un luogo fisico; rappresentano uno stato d’animo a cui si appartiene condividendo cultura, tradizioni e valori”.

L’Occidente è “più di un luogo fisico”, ha proseguito Meloni: “Con la parola Occidente noi non definiamo semplicemente i Paesi che hanno una specifica ubicazione geografica, ma una civiltà costruita nei secoli con il genio e i sacrifici di moltissimi… un sistema di valori in cui la persona è centrale, gli uomini e le donne sono uguali e liberi, e quindi i sistemi sono democratici, la vita è sacra, lo stato è laico e basato sullo stato di diritto”.

L’odio di sé

Oggi, però, abbiamo due rischi da contrastare. Il primo è l’odio di sé, di cui la cancel culture è la massima e più eclatante espressione, ma che si è insinuato e si manifesta in modi più sottili e subdoli anche nell’establishment, nelle classi dirigenti occidentali. Qui la premier ha citato il grande filosofo conservatore Roger Scruton e il suo concetto di “oicofobia”, dal greco oikos, casa, e fobia, paura. Oicofobia significa “l’avversione verso la propria casa. Un disprezzo montante, che ci porta a voler brutalmente cancellare i simboli della nostra civiltà, negli Stati Uniti come in Europa”.

Se da un lato l’Occidente odia se stesso, dall’altro “pretende spesso di essere superiore agli altri” e in questo Meloni intravede il secondo rischio. “Il risultato è che l’Occidente rischia di diventare un interlocutore meno credibile. Il cosiddetto Sud Globale chiede maggiore influenza. Nazioni non più soltanto emergenti ma ormai largamente affermate collaborano autonomamente tra loro. Le autocrazie guadagnano terreno sulle democrazie, e noi rischiamo di sembrare sempre più una fortezza chiusa e autoreferenziale“.

Conosci te stesso

Come si contrastano questi due rischi? Dobbiamo, come popoli occidentali, “recuperare la consapevolezza di quello che siamo”, “cercare la risposta ai problemi del futuro avendo fiducia nei nostri valori: una sintesi nata dall’incontro tra la filosofia greca, il diritto romano e l’umanesimo cristiano”.

E non è mancata la citazione pop: “I’m starting with the man in the mirror, I’m asking him to change his ways”, cantava Michael Jackson, che Meloni ha scherzosamente definito il suo “professore di inglese”. “Dobbiamo iniziare da noi stessi, conoscere chi siamo veramente e rispettarlo, in modo da poter comprendere e rispettare anche gli altri”. Parole in cui riecheggia la massima che era scolpita sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: “conosci te stesso”.

I conservatori

Citando due grandi conservatori Giorgia Meloni fa capire chi è più attrezzato ad affrontare queste sfide. Alla narrazione (e profezia) preferita dai regimi autoritari, quella dell’inevitabile declino dell’Occidente, basata sull’idea che le democrazie non riescano a dare risultati, si risponde con le parole del presidente Ronald Reagan:

Soprattutto, dobbiamo renderci conto che nessun arsenale, o nessuna arma nell’arsenale del mondo, è così formidabile quanto la volontà e il coraggio morale degli uomini e delle donne liberi. È un’arma che i nostri avversari nel mondo di oggi non hanno.

Molte cose ovviamente sono cambiate nel mondo da allora, ma non questa: era così ai tempi di Reagan, è così anche oggi. A patto, ovviamente, di saper restare uomini e donne liberi e Giorgia Meloni ne è consapevole: “La nostra libertà e i nostri valori, e l’orgoglio che proviamo per essi, sono le armi che i nostri avversari temono di più. Non possiamo quindi rinunciare alla forza della nostra identità, perché sarebbe il miglior regalo che possiamo fare ai regimi autoritari. Quindi, in fin dei conti, il patriottismo è la migliore risposta al declinismo”.

L’altro grande conservatore citato dalla premier è un italiano, Giuseppe Prezzolini:

Chi sa conservare non ha paura del futuro, perché ha imparato le lezioni del passato.

Quindi, “difendiamo l’Ucraina perché abbiamo conosciuto il caos di un mondo nel quale prevale la legge del più forte. Combattiamo i trafficanti di esseri umani perché ricordiamo che secoli fa abbiamo combattuto per abolire la schiavitù. Difendiamo la natura e l’umanità, perché sappiamo che senza l’opera responsabile dell’uomo non è possibile costruire un futuro più sostenibile. Tentiamo, mentre sviluppiamo l’Intelligenza Artificiale, di governarne i rischi perché abbiamo combattuto per essere liberi e non intendiamo barattare la nostra libertà in cambio di maggiore comodità”.

Il punto centrato da Giorgia Meloni nel suo discorso all’Atlantic Council è che dobbiamo essere consapevoli di poter affrontare e superare queste enormi sfide “perché la nostra civiltà ci ha regalato gli strumenti per farlo“. Se li rinneghiamo, siamo persi. Certo, è solo un discorso, sono parole. Da qui a trasformarle in azioni, in decisioni e legislazione, ce ne vuole. Ma aver le idee chiare è certamente il primo, indispensabile passo.