Dopo la falsa partenza il centrodestra saprà trovare un equilibrio e restare unito al governo? Quale mix tra politici e tecnici? Dobbiamo aspettarci un nuovo “caso Savona”? Fin dove potrà spingersi il governo Meloni per affrontare la crisi energetica? Prova a rispondere alla domande di Atlantico Quotidiano Luciano Ghelfi, quirinalista del Tg2, da trent’anni giornalista politico e parlamentare.
Ora centrodestra unito da Mattarella
TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: La coalizione di centrodestra riuscirà a restare unita al governo, o rischia di implodere a causa delle divergenze interne già nel breve termine?
LUCIANO GHELFI: Nella vicenda La Russa, al Senato, la coalizione di centrodestra è di sicuro partita con il piede sbagliato. Sarebbe però davvero clamoroso se non trovasse il modo di siglare almeno una tregua. I giorni che ci separano dalla scelta di Mattarella rispetto all’incarico saranno cruciali.
E il primo indicatore sarà se il centrodestra andrà come delegazione unica o meno alle consultazioni del Colle. Va ricordato che nei quasi trent’anni di centrodestra le liti sono state numerose e clamorose, ma il più delle volte superate. Certo, la differenza è che nel passato il leader della coalizione era Silvio Berlusconi, e ora non lo è più.
Il nodo dello scostamento di bilancio
TADF: In che modo il nuovo Esecutivo potrebbe agire per mitigare il peso della crisi energetica già nella prima legge di bilancio?
LG: Sarà la sfida numero uno, in cui va compresa l’emergenza delle bollette alle stelle. Il governo uscente ha lasciato un tesoretto di alcuni miliardi, che però credo sia insufficiente rispetto alle reali necessità.
Sinora Giorgia Meloni ha resistito a chi, Matteo Salvini in testa, le chiedeva un nuovo scostamento di bilancio, cioè nuovo debito, per timore di una reazione fortemente negativa dei mercati. Negli ultimi giorni lo scostamento di bilancio è stato però invocato anche dal leader di Confindustria, Carlo Bonomi. Non sarà facile trovare nuove risorse resistendo alla richiesta di un ulteriore indebitamento.
TADF: Il nuovo governo dovrebbe allinearsi alle decisioni prese in sede Ue, oppure dovrebbe trovare soluzioni alternative ed autonome? Nel caso, quali?
LG: Immagino che il punto di riferimento saranno le scelte degli altri Paesi: se la Germania vara un piano di aiuti nazionali sul caro energia, difficile resistere alla tentazione di fare qualcosa di simile, anche se le condizioni delle nostre finanze pubbliche sono molto differenti da quelle di Berlino.
E questo esempio si può ripetere su molti altri argomenti. Andare oltre è pericoloso, si rischia che vengano messe in discussione le tranches future del Pnrr e il Paese non può permetterselo. Mattarella non cessa di ripeterlo, credo che Giorgia Meloni abbia la questione ben chiara.
Pochi tecnici e “di area”
TADF: Che bilanciamento tra tecnici e politici si aspetta nella formazione dell’Esecutivo? Per quali figure potrebbe optare Giorgia Meloni per i ministeri-chiave?
LG: Pochi tecnici, e tutti “di area”, cioè comunque vicini ai partiti che compongono la coalizione. Tutti destinati a dicasteri specifici, come la Salute. Meloni è stata molto chiara nell’esprimere la volontà di segnare con il suo governo il ritorno del primato della politica.
La vigilanza del Colle
TADF: È possibile dover assistere ad un nuovo “scenario Savona” in caso di scelta di figure totalmente sgradite al Presidente della Repubblica?
LG: In astratto sì, la vigilanza del Colle ci sarà. Ma le interlocuzioni che sono in corso da tempo, non è un mistero, dovrebbero portare a disinnescare eventuali mine prima dell’arrivo della premier incaricata nello studio alla Vetrata con la lista dei ministri in mano.
Difficile immaginare che la leader di Fratelli d’Italia voglia entrare in rotta di collisione con il capo dello Stato, specie in questa delicata fase di avvio della sua esperienza di governo.