Lo scorso luglio, a Tunisi da Kais Saied, con Ursula Von der Leyen e l’olandese Mark Rutte, Giorgia Meloni annunciava un accordo. Che descrivemmo così. Pochi soldi, “che nemmeno lontanamente basterebbero a compensare gli effetti di un eventuale accettazione del programma FMI … figurarsi per migliorare la situazione rispetto ad oggi. Sin qui, ciò che LUe ha promesso di fare”.
La benedizione Ue
Ma parecchia legittimazione: “poi c’è quel che LUe ha promesso di lasciar fare” cioè, in particolare, un “partenariato operativo contro il contrabbando” e per “facilitare la migrazione legale regolare”, un “partenariato strategico e comprensivo”. Commentavamo: “Parole che legittimano il governo di Tunisi … ma parole che legittimano pure futuri accordi che, col governo di Tunisi, verranno stipulati da governi degli Stati membri de LUe … a cominciare dall’Italia. In altri termini, visto che Bruxelles definisce Tunisi un partner strategico e ci fa accordi, ben più faticosamente un tribunale o il Pd potranno opporsi ad un programma di aiuto navale, contestare il rimpatrio di un tunisino espulso”.
Concludevamo: “ciò che LUe ha promesso di fare è molto poco. Ma ciò che LUe ha promesso di lasciar fare è parecchio. Ed è anche merito di Meloni”.
Dal successo al fallimento
A luglio, quindi, le cose erano ben impostate. Kais Saied partecipava ad una Conferenza internazionale sulla migrazione organizzata a Roma. Meloni provvedeva ad un decreto flussi consono: 452 mila ingressi, 136 mila nel 2023, 151 mila nel 2024, 165 mila nel 2025, oltre a 40 mila stagionali. Roma indicava alle bagnarole delle ong la Tunisia come porto di sbarco.
Il tutto teorizzato da Meloni, nel libro-intervista a Sallusti: “l’unico modo è fermare la tratta, combattere l’immigrazione illegale e gestire i flussi di quella legale, in sicurezza”. Per lei, questo è il mitico blocco navale: “è quello a cui lavoro. Io ho sempre parlato di una missione europea in accordo con le autorità del Nord Africa per fermare le partenze, aprire in Africa gli hotspot”.
Più precisamente, “quando cerco di convincere la comunità internazionale a sbloccare le risorse per la Tunisia e intanto lavoro con l’Ue per un nuovo partenariato come quello che abbiamo firmato, cosa pensi che stia facendo? Esattamente questo”.
Apparentemente tutto bene, non fosse per un dettaglio: che tale impostazione concede alla cd comunità internazionale un diritto di veto. Infatti, i soldi della comunità internazionale tardano ad arrivare, anzi si può dubitare che giungano del tutto.
Ed è così che un successo storico si è trasformato in un fallimento biblico. Sancito dai 6000 africani stipati iersera a Lampedusa.
Tempo perso
Dove ha sbagliato Meloni? Ottenuta a Tunisi la benedizione di Bruxelles, si è messa alla caccia di soldi leuropei che non arriveranno.
Sprecando tempo alla ricerca dell’appoggio di un Mitzotakis poco utile, visto che la Grecia è percettore netto. Per giunta, nel contesto di un feroce dibattito su un buco da 66 miliardi di euro, che Lue chiede agli Stati membri di riempire. Mentre la Commissione si diverte, facendo sapere che i negoziati per sbloccare i fondi sono solo cominciati.
Il tutto, mentre l’ambiente francese profitta dell’impasse per giocarle contro. Testimone il recentissimo dibattito al Parlamento Leuropeo, dove le Sinistre ed il partito di Macrone si sono distinte con enunciati tipo questi: “accordi sporchi con un dittatore spietato”, “morte pagata con i soldi europei”.
Macrone, il nostro nemico franco di nome e di fatto, il cui fedele scherano Darmanin manda sempre più gendarmi a respingere, verso l’Italia, quegli stessi migranti illegali che, in Italia, le ong leuropee provvedono quotidianamente a sbarcare.
Naturalmente, con l’entusiasta collaborazione del partito francese in Italia. Basti citare Benifei (“l’esperienza libica dovrebbe averci insegnato come accordi bilaterali di questo tipo siano drammaticamente fallimentari … dittatori o aspiranti tali”), Majorino (“la Tunisia, con cui fa accordi il governo Meloni, non è più rassicurante della Libia”), La Repubblica (“presupposti razzisti … deriva autoritaria”).
La posizione tedesca
Un delirio solo apparentemente contrastato dal Ppe in aula, mentre il suo capogruppo Manfred Weber si spingeva a Tunisi a porre nuove condizioni: non più soltanto sottomettersi al FMI, ma pure riforme costituzionali addirittura. Il che significa rinviare i fondi all’anno del mai, proprio mentre lo stesso Weber pretendeva da Saied “il rispetto del memorandum d’intesa”. In modo che capiscano anche i sassi: Berlino lascia fare a Meloni ciò che vuole, ma solo a condizione che faccia da sola.
Coerentemente, la tedeschissima Von der Leyen ha difeso la propria benedizione a Tunisi ancora ieri, pronunciando il discorso sullo Stato dell’Unione: “abbiamo firmato con la Tunisia un partenariato che comporta vantaggi reciproci”. Ma la ritirerà, non appena la benedizione finanziariamente gratuita accennerà a costare a Bruxelles anche solo un vero soldo bucato.
Il piano del partito francese
Più tempo Meloni continuerà a sprecare alla caccia di soldi leuropei che non arriveranno, più ne concederà ai nostri nemici per continuare a farci del male. E già si scommette su quanti africani a Lampedusa basteranno a far cadere Meloni: 200.000? 500.000?
Fosse pure un milione, ebbene il numero di migranti necessario giungerà. E, quel giorno, Parigi potrà finalmente replicare il golpe del 2011. Questa volta, con Gentiloni premier, appoggiato dalla vecchia maggioranza Draghi.
Ovviamente di salvezza nazionale, come lasciano trasparire le recenti lodi di Gentiloni a Minniti, per il lavoro svolto quando era suo ministro degli interni. Il che potrebbe apparire sorprendente visto che, a luglio, lo stesso Minniti lodava gli accordi di Meloni con Tunisi: “è un grande passo verso la stabilizzazione della Tunisia, una scelta politica che non ha guardato al Fondo Monetario che ha severe misure di taglio di spesa sociale cui subordina gli aiuti a Saied”.
Ma la verità è che, della questione migratoria, Parigi se ne frega: interessa solo come strumento per destabilizzare i governi italiani ad essa non sottomessi.
Fare da soli
Di tutto ciò, Meloni si rende conto. Lo dimostra l’attacco diretto a Gentiloni, pure ben pensato in quanto relativo ad una vicenda (Ita–Lufthansa) nella quale Bruxelles ha palesemente torto marcio.
Non solo, pure in materia di immigrazione Meloni ha dimostrato di comprendere la necessità di fare da soli. Come dimostra la sospensione degli accordi di Dublino, iniziata lo scorso dicembre: costringendo i nostri cari amici leuropei a rispettare i propri obblighi ex Convenzione internazionale rifugiati. Una iniziativa encomiabile, per sua natura purtroppo limitata ai soli rifugiati.
Cosa le manca? Comprendere che deve fare da sola pure coi soldi: i soldi per Tunisi li deve cacciare la Repubblica Italiana. Profittando della benedizione politica concessa a Tunisi dalla Von der Leyen: benedizione che è l’unico risultato degli accordi di luglio e che è necessario non sprecare.
I soldi per Tunisi li deve cacciare la Repubblica Italiana. Fosse pure tutta la somma di 1,6 miliardi di euro, anche se non lo sarà mai: mezzo miliardo basterebbe ad attivare altre contribuzioni, da Arabia Saudita e chissà chi altro. Meglio se senza il FMI. Insomma, una coalition of the willing alla quale dare un esemplarmente sostanzioso contributo.
Per Roma, in ogni caso, sarebbero molti meno soldi di quelli che oggi sciupa per mantenere quelli che sbarcano. E sarebbe pure un bel modo per introdurre praticamente la mitica riforma del Patto di Stabilità e Crescita alla quale Roma anela, la mitica golden rule: Bruxelles avrebbe difficoltà ad iniziare una procedura di infrazione di bilancio contro l’Italia, per un disavanzo di spesa a favore di una Tunisia testé dichiarata partner strategico.
Fare presto
Ma Meloni deve fare in fretta, prima che la campagna anti-tunisina finisca per oscurare la benedizione concessa da Von der Leyen a Tunisi. E prima che il suo proprio elettorato in Italia si ribelli, rischio ad ogni sbarco più concreto.
Ciò di cui Meloni sembra non rendersi conto. Come dimostra una inquietante risposta che troviamo nel citato libro-intervista a Sallusti: “prima che finisca questa avventura, avremo messo un freno al problema dell’immigrazione illegale di massa”. Cioè, tradotto letteralmente, gli sbarchi di massa continueranno sino a … prima del settembre 2027?! Tempo più che sufficiente, perché a Chigi si reinsedi Gentiloni.
No, cara Meloni. Smetti di inseguire ciò che LUe ha promesso di fare e prendi a fare tu stessa ciò che LUe ha promesso di lasciar fare. E fallo in fretta.