Come nel teatro, in politica esistono dei rituali: campagne elettorali, discorsi d’insediamento, congressi etc. E come il bravo attore è colui che sonda, misura l’umore del suo pubblico, allo stesso modo il politico capace è colui che sincronizza la propria agenda in base al termometro dell’opinione pubblica.
In democrazia (ed anche altrove) l’opinione pubblica orienta ed incanala il dibattito politico. Riuscire a starle dietro è compito arduo. Le opinioni sono volatili, specie in una società in cui tutto è sempre più liquido, mutevole.
Misure di bandiera
Giorgia Meloni, che in politica ci è nata, tutto questo lo sa bene. Gioca d’astuzia e prima ancora di insediarsi a Palazzo Chigi lancia dei segnali inequivocabili: Ministero – ora si palesa anche un liceo – del made in Italy, scuola del merito, sovranità alimentare.
I giornali Dem puntano subito il dito: “Questa è propaganda”. Ma lo sanno benissimo: la forma è sostanza ed il mezzo è messaggio. Nei primi mesi di governo dunque si susseguono alcune misure di “bandiera” (legge anti-rave) ed altre misure “di sostanza” (prima Legge Finanziaria).
Ma a guardar bene, si potrebbe invertire il ragionamento: le misure di bandiera possono essere – a volte – molto più politiche rispetto a misure di sostanza, laddove queste ultime sono spesso segnate – specie in campo macroeconomico – da rigidi vincoli di bilancio e non solo.
Così la politica, quella vera, diventa un’arte sottile. Scienza della misura, del bilanciamento. In costante ricerca di un equilibrio – assai difficile da raggiungere – tra politics e policies. Ovvero tra politica intesa come visione, prospettiva e politica in senso di politiche pubbliche: in altri termini, combinazione di astratto e concreto.
Il tempo scorre
Sappiamo tutti quanto, nel lungo periodo, chi governa debba fare i conti con le questioni strutturali. Ed in questo Paese sono tante: migranti, fisco, giustizia, istruzione e pubblico impiego, Europa, per citare le più importanti. Fino ad ora, il governo sembra aver agito con gradualità, soprattutto in campo fiscale.
Adesso però è il momento di iniziare a mettere in campo i progetti – nei suddetti settori cruciali – di riforma. Il tempo è ancora ampio, ma scorre sempre inesorabile. Il rischio più grande è quello di rimanere intrappolati in un limbo: cercando di contemperare politica e politiche, l’opinione pubblica potrebbe stancarsi.
Troppo grande a parole, troppo misera nei fatti, questa è la parabola più pericolosa per una legislatura sulle quali le aspettative sono altissime. In tale senso, una delle soluzioni più efficaci potrebbe essere quella più volte suggerita da Daniele Capezzone: in ciascuna legge inserire le premesse che rendono possibile – e consentono di implementare – le successive misure sullo stesso tema.
Quindi una gradualità progressiva che consenta sia al legislatore, che alla comunità politica, di trovare continuità nell’operato di governo.
Presente e futuro
C’è un’altra grande questione, una seconda forma di equilibrio, che attiene più al piano psicologico dell’operato politico. La politica è l’arte del possibile, diceva Bismarck. Il politico capace è colui che riesce a fare sintesi, a trasporre nelle proprie azioni le tre dimensioni del tempo: passato, presente, futuro.
Un programma politico che non tenga conto del portato storico-culturale di una nazione è un mezzo programma. Così come un progetto troppo sbilanciato sul futuro che richieda grandi sacrifici nel presente, è irrealizzabile.
Sapere contemperare queste tre dimensioni è un requisito fondamentale per un governo che aspira – e rivendica con forza – ad essere il primo governo politico dopo tanti e troppi anni di tecnici prestati alla politica.
Talete di Mileto
Anche su questo valuteremo Giorgia Meloni: da una parte, a pensare troppo in piccolo, si finisce per essere scambiati per vigliacchi. Dall’altra, anche a pensare troppo in grande si corre un pericolo, lo stesso che racconta Platone in una storiella su un tale Talete di Mileto, filosofo ed astronomo, il quale un giorno, camminando per la campagna, tutto intento a guardar le stelle, non fece attenzione a dove metteva i piedi e alla fine cadde in un pozzo.
La morale dell’episodio è evidente: a forse di pensare troppo in grande non si riesce nemmeno a fare quello che è più semplice, ma comunque necessario.