Porno e liberismo, i due termini che più spaventano poteri statali e moralisti

Perché incarnano preferenze individuali e scelte consapevoli. Il moralista è il più pericoloso tra i pervertiti. Andrea Venanzoni parla del suo ultimo libro “Pornoliberismo”

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Dalla crasi tra due dei termini più imperdonabili del dibattito pubblico nasce “Pornoliberismo” (Liberilibri), l’ultimo geniale pamphlet di Andrea Venanzoni, saggista, giurista, docente universitario, che dopo aver indagato il rapporto tra tecnica e magia, emergenza e dispotismo, affronta in questo saggio la relazioni tra Eros (e Porno) con il libero mercato.

Un’immersione tra tabù sessuali ed economici, che regala al lettore una “archeologia (del controllo) del piacere” e della sua relazione con i poteri statali e con i moralismi sociali. Un pamphlet dal fascino letterario che mischia Rothbard e Foucault, il libertinaggio e la biopolitica, il “pornogiornalismo d’assalto” della Zanzara (tra l’altro l’autore della prefazione è Giuseppe Cruciani) e il gusto per l’indifendibile di Walter Block.

Delineando una controstoria libertariana del principio di piacere nell’epoca della sua riproducibilità tecnica contro ogni paternalismo economico e sentimentale. Per approfondire questi temi abbiamo intervistato il professor Venanzoni.

Pornografia e liberismo

FRANCESCO SUBIACO: Perché questo titolo, “Pornoliberismo”?

ANDREA VENANZONI: Volevo combinare tra loro i due termini che maggiormente provocano disgusto ai delicati palati di intellettuali, commentatori e rifiuti umani vari, i quali spendono il loro tempo a intessere piagnucolanti e moralistiche reprimende contro avidità, oscenità, profitto e sesso. Pornografia e liberismo.

Ancora oggi, nel 2024, la pornografia suscita la stessa, sensazionalistica riprovazione che suscitava decenni fa. Le argomentazioni contro di essa permangono immutate, al netto di qualche riverniciatura a base di algoritmi e economia dei dati: ancora oggi la si accusa di determinare incrementi di stupri, di glamourizzare la mercificazione del corpo della donna e l’umiliazione della stessa.

Roba da Tipper Gore e da genitori preoccupati. In questo senso, magistrale il volume di Lilli Gruber che è nei fatti una riedizione della PMRC della Gore e che ripropone tutta quella congerie di panico sociale e di connessioni causa-effetto tra drammatici episodi di cronaca nera e il consumo e la visione della pornografia.

Dall’altro lato, liberismo. Al giorno d’oggi siamo circondati da inetti che pur fruendo e capitalizzando beceramente su e con qualunque strumento capitalistico esistente, dalle piattaforme social e digitali al mercato dei libri, verranno a frantumare le palle con la dittatura neoliberale. Pornografia e liberismo non hanno altro messaggio se non quello di incarnare preferenze individuali e scelte consapevoli.

Una archeologia del piacere

FS: Come nasce in lei la volontà di scrivere questo testo?

AV: Molti anni fa ho scritto su e collaborato con riviste celebri nella scena artistica erotica e fumettistica italiana, come la mitica Blue del mai troppo compianto Francesco Coniglio, figura libertaria genericamente di sinistra come poche ne sono esistite, nonché editore perfetto.

Persona di serietà cristallina, un entusiasta, un esploratore della cultura, oltre che assertore di assoluta libertà di espressione. E ci vuole davvero coraggio per credere nella libertà di espressione. Quella vera. Quella spesso inaccettabile e oscena.

In quegli anni ho frequentato e vissuto la realtà vera della scena pornografica e anche di quella BDSM, non solo italiane e ho accumulato materiali, memorie, punti di vista, spesso determinati da confronti con una straordinaria intellettuale quale fu Roberta Tatafiore, che esulavano del tutto tanto dal moralismo bigotto quanto dalle sovrastrutture intellettualoidi di certo progressismo, più noiose queste di una circolare ministeriale.

Moralmente è un libro che devo a Coniglio e alla Tatafiore. Come a Steve Albini, a cui l’ho formalmente dedicato. Una promessa di libertà assoluta per dimostrare che un punto di vista “altro” su questi argomenti era possibile.

Dal paternalismo statale a quello sentimentale

FS: Quanto ancora si intrecciano repressione dell’erotismo e repressione statuale-paternalistica nella nostra società?

AV: Foucault data i processi di istituzionalizzazione del moralismo sessuofobico durante il corso dell’Ottocento e assegna, in precedenza, una responsabilità notevole alla diffusione del cristianesimo. Una idea che mi ha sempre trovato scarsamente concorde, perché pure i Paesi che hanno praticato l’ateismo di Stato si sono sempre rivelati del tutto sessuofobici.

Nel libro ricordo quanto bolsceviche come Aleksandra Kollontaj, durante il consolidarsi del comunismo in Russia all’epoca della Rivoluzione d’ottobre, considerassero con orrore la prostituzione e come ritenessero che questa dovesse essere repressa in quanto malattia degenere della borghesia.

Molto semplicemente, il sesso, tanto quello che si consuma per piacere quanto il mercato del sesso, consiste di una delle forme più pure di scambio simbolico e di libertà, e come tale è intrinsecamente pericoloso per qualunque compagine basata su processi centralizzati di autorità. Quindi direi che ancora oggi la repressione, tanto quella moralistica quanto quella penale, è forte.

Controstoria libertariana della sessualità

FS: In un certo senso il suo testo si presenta come una controstoria libertaria (e libertarian) della sessualità (in senso lato) nell’epoca presente?

AV: In “Pornoliberismo” mi occupo principalmente della commistione tra sessualità e sua mercificazione. “Mercificazione del corpo” è considerata una bestemmia, per me invece è una preferenza individuale che se del tutto libera e consapevole deve essere rispettata.

Certamente c’è anche una ricostruzione concettuale e filosofica del modo in cui è stata considerata la sessualità, non solo quella venduta e comprata, nel corso dei secoli: Sade, Camille Paglia, il già citato Foucault, Bataille, Klossowski, oltre che una analisi della realtà effettiva e pratica dei mondi del sesso nella loro evoluzione storica.

Più che una controstoria, una storia tout court, che utilizza semplicemente come paradigma di analisi la libertà individuale.

Tra biopolitica e schizopaternalismo

FS: Siamo nel paradosso di una società permissiva ma intollerante che nella sua schizofrenia santifica il corpo per poi abiurarlo? 

AV: Viviamo in una società falsamente permissiva. Permissiva fino a quando non varchi la invisibile soglia che la società si è data come confine estremo. L’hic sunt leones, dove non si stendono che deserto e nebbia.

Pierre Guyotat, Gabriel Matzneff, Peter Sotos sono autori cancellati, repressi, persino sbattuti in galera, nel “liberale” Occidente. Una società che criminalizza il corpo sessualizzato quando questo si rende iniziativa economica, pensate all’assurdo reato di favoreggiamento della prostituzione. Il favoreggiatore, che nei fatti è l’agente delle prostitute, non esercita coercizione, né violenza, non è uno sfruttatore. Eppure lo si reprime.

La nostra società non accetta la massima di Sade secondo cui il corpo è la chiesa dentro cui la natura chiede di essere riverita. È chiaro come il riconoscimento del valore assoluto, e quasi metafisico, del corpo sessualizzato urti in maniera frontale con le dinamiche di controllo di uno Stato o di una religione organizzata.

Mercificazione e volontà individuale

FS: Molti le potrebbero obiettare che si rischia però con una maggiore apertura su pornografia, sex working ed altre attività, una mercificazione dell’uomo. Come risponde a queste critiche?

AV: Come dicevo prima, la mercificazione non ha necessariamente una connotazione negativa. Non ho mai sostenuto che chiunque possa essere mentalmente e caratterialmente portato a vendersi in chiave sessuale. Al tempo stesso ci sono persone che lo fanno con elevato grado di consapevolezza e perché gettare loro addosso una metaforica croce?

Soprattutto perché considerando i dati di fruizione di pornografia e di prostituzione, direi che molti di quelli che puntano scandalizzati il dito accusatore contro gli altri poi alla fine appartengono alla vasta platea dei fruitori di quei servizi. Ipocrisia ripugnante che crea molte più storture del porno e del sex working.

FS: In questa ottica come spiega la nascita di una morale neo-puritana e mortificante parallela di un’epoca in cui mai così tanto il corpo è stato feticizzato?

AV: Quella morale c’è sempre stata. È comodo, molto comodo, nascondere i propri scheletri negli armadi altrui. Il moralista è il più pericoloso tra tutti i pervertiti.

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