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Reddito di cittadinanza e voti ai 5 Stelle: la correlazione c’è, ecco i numeri

Un segnale di rafforzamento del circuito promesse-benefici-consenso che stimola ulteriori promesse pubbliche di benefici

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Si palesa una forte correlazione tra la quota provinciale di beneficiari del reddito di cittadinanza e la percentuale di voti al Movimento 5 Stelle alle ultime elezioni politiche. Al di là di qualsiasi valutazione sull’efficacia della misura, la propensione a votare sulla base di una specifica provvidenza è un segnale di rafforzamento del circuito promesse-benefici-consenso che stimola ulteriori promesse pubbliche di benefici

All’indomani delle elezioni del 25 settembre scorso è emersa una vivace polemica su una presunta correlazione tra percettori di reddito di cittadinanza (RdC) e voti al Movimento 5 Stelle (M5S), effettivamente il principale sostenitore di questo istituto.

Nella comprensibile concitazione del momento post-elettorale, al di là di qualche incerto tentativo di dimostrare il suddetto legame, il dibattito si è concentrato sulla circostanza aneddotica secondo cui in alcuni territori – la Campania, per esempio – alla presenza di molti percettori del RdC si fosse associata una forte preferenza per il M5S.

La correlazione esiste

Ma un punto o un paio di incroci non costituiscono una relazione. Di seguito si fornisce evidenza empirica sul fatto che la relazione effettivamente esiste, e va opportunamente quantificata e qualificata.

Non mi interessa l’aspetto politico né mi permetto di dare alcun giudizio di valore. Quand’anche pensassi al concetto di voto di scambio legalizzato non mi spaventerei. Anzi, più ci penso e più mi convinco che non vi sia proprio nulla di male nel votare per chi ci ha consentito un reddito inatteso.

Altra questione è se tale prebenda sia ben congegnata, abbia esternalità negative, sia efficiente nel raggiungere gli obiettivi perseguiti. In ogni caso, che il single che ottiene 780 euro al mese si domandi se questo favorisca la propria occupabilità o se generi debito aggiuntivo a carico delle generazioni future e, sulla scorta dell’esito di queste riflessioni, decida di non votare per il partito che gli assicura quel reddito, probabilmente neppure Kant l’avrebbe preteso.

Nella figura 1 si associa la frazione percentuale di percettori di RdC (contando tutte le persone del nucleo familiare del percettore) sulla popolazione provinciale e la quota di voti validi ottenuti dal M5S.

Fig. 1 RdC e voti al M5S politiche 2022 (%) – dati provinciali (*).
Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio (USC) su dati Inps e Ministero dell’interno.
(*) una figura simile è stata proposta da Davide Angelucci del Cise.

La relazione è piuttosto netta e per definizione vale per tutti i punti. Cioè, se di relazione si tratta, come penso, allora, per esempio, nelle province lombarde (in basso a sinistra nella figura 1), avremmo osservato una percentuale di voti al M5S ben maggiore se colà avessimo distribuito in percentuale più redditi di cittadinanza di quelli realmente presenti.

Non solo reddito di cittadinanza

Ora, la rappresentazione grafica dà conto sì, quantitativamente, del fenomeno, e ciò mi pare di qualche utilità non foss’altro per soddisfare una curiosità legittima, ma cela senz’altro interpretazioni più sottili che vanno fatte emergere.

Per dire che liquidare la questione del consenso (i voti) al M5S con il (solo) RdC è esagerato, scorretto, e anche un po’ falso.

Infatti, possiamo ammettere che ci sia uno “zoccolo duro” di infatuati (detto senza offesa, si capisce) che voterebbe a prescindere M5S (ogni partito ha i suoi aficionados e anch’io ho votato per trent’anni un certo partito a prescindere; e non trovo nulla di censurabile in tale comportamento).

Poi, ci deve pur essere una quota di votanti per il M5S che esprime preferenze per il partito al netto del provvedimento che chiamiamo reddito di cittadinanza, il quale non esaurisce l’offerta politica di questo schieramento. Infine, ci sono i fruitori del RdC e, probabilmente, i non fruitori in prossimità della soglia di accesso.

Le “determinanti” del voto al M5S

I risultati della tabella 1 confermano questo schema. Gli infatuati non sembrano pesare significativamente (la costante); quelli che esprimono preferenze genuine ci sono eccome (rappresentati dalla media delle quote provinciali di preferenze negli anni 2013 e 2014, politiche ed europee quando ancora non si sapeva quasi nulla del RdC); e poi c’è l’effetto, decisamente significativo, del RdC.

Se, a parità di condizioni, mediamente la quota dei percettori crescesse dell’1 per cento assoluto, la percentuale di voti al M5S crescerebbe del 2,4 per cento assoluto (cioè, per esempio, dal 10 al 12,4 per cento, se i percettori passassero dal 3 al 4 per cento della popolazione totale di quella provincia).


coefficientet-stat robusto per l’eteroschedasticità
infatuati (termine costante)-0,58-0,35
preferenze genuine (media voti % M5S 2013 e 2014)0,334,28
effetto RdC (% provinciale di percettori di RdC 2022)2,4114,56

R20,82

n. osserv.106
Tab. 1 Analisi di regressione: variabile dipendente = % provinciale di voti al M5S

Resta confermato, tuttavia, che la correlazione tra voti al Movimento e disagio sociale è forte (0,85 il coefficiente di correlazione tra tasso di disoccupazione provinciale nel 2021 e voti al M5S), anche senza la mediazione del reddito di cittadinanza, sebbene sia da questo rafforzata (correlazione a 0,89).

Reddito di cittadinanza e voti 5 Stelle

In ogni caso, a occhio, e senza caricare di troppi significati un esercizio senza pretese, i numeri tornano, come si può verificare giocando con i dati della tabella 2.


RdC (%)M5S (%)
Napoli13,7041,36
Crotone13,0438,57
Prato1,1110,42
Lecco0,675,74
Belluno0,474,82
Bolzano0,113,81
Tab. 2 Elaborazioni USC su dati Inps e Ministero dell’interno

Ne emerge una suggestione rilevante, al di là dei deficit statistici dell’esercizio. Al crescere della quota di percettori di RdC, la relazione che lega l’incremento della percentuale di percettori all’incremento dei voti al M5S tende a sottostimare quest’ultima percentuale.

Passando da Bolzano a Belluno si ottiene una frazione di voti stimata pari a 4,68 per cento (3,81+2,41x(0,47-0,11)), cioè per ottenere i voti di Belluno prendo i voti di Bolzano e vi sommo il prodotto tra il coefficiente stimato nella regressione per lo scarto tra le quote di percettori passando da Bolzano a Belluno, contro il 4,82 per cento osservato.

Ma lo stesso conteggio porta a una stima di solo 36,54 per cento per Napoli, rispetto a un osservato di 41,36 per cento di voti per il M5S nella provincia partenopea (e lo stesso accade per Crotone, per fare un altro esempio).

Un legame circolare

Qui riscontro qualcosa che potrebbe correlarsi a una potenziale inversione della relazione: non da RdC percepito a M5S bensì da consensi al M5S a maggiore reddito di cittadinanza percepibile.

Vale a dire, una volta che il RdC è abbastanza diffuso tra la popolazione, è possibile che anche chi non lo percepisce – e al di là delle “genuine preferenze” per quel partito – cominci a votare M5S nella speranza che un rafforzamento del consenso, e quindi del potere politico e decisionale conseguente ai voti ricevuti, generi una maggiore probabilità di potere accedere al beneficio (attraverso, per ipotesi, un più o meno ampio innalzamento delle soglie di accesso).

Per questa via si rafforzerebbe il legame circolare tra promesse/concessioni pubbliche e richieste private che genera ulteriori promesse/concessioni pubbliche ecc. ecc.. Un circuito che percepisco come alquanto sgradevole.

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