Se ci fate caso, i militanti ambientalisti protagonisti di gesti eclatanti e vandalici non parlano mai delle politiche climatiche già in vigore, o in via di approvazione e implementazione, e del loro impatto. Anche nelle loro presenze televisive, quando i conduttori o gli altri ospiti cercano di portarli su argomenti concreti, ripetono come un mantra la lezioncina sulla crisi climatica e una sola richiesta al governo: cancellare i sussidi alle fonti fossili. Di tutto il resto non parlano, eludono le domande.
Questa strategia comunicativa è coerente con la loro funzione diversiva, di cui abbiamo parlato qui su Atlantico Quotidiano. La presenza chiassosa di questi movimenti estremisti nel dibattito pubblico fa apparire “moderate”, e quindi più accettabili, le politiche climatiche che vengono imposte a tutti i livelli istituzionali – europeo, nazionale, locale – le quali hanno invece un impatto enorme sulle nostre vite già oggi, e ancor più nel prossimo futuro, in quello che sembra sempre più, soprattutto in Europa, un vero e proprio “regime” green.
L’Unione europea si è data l’obiettivo della decarbonizzazione entro il 2050 e di una riduzione del 55 per cento delle emissioni già nel 2030, praticamente domani. E coerentemente sta approvando legislazioni draconiane in molteplici ambiti. Non solo su auto e case, di cui si è parlato e si sta parlando molto.
Carne e pesce sotto attacco
Ad essere colpite anche le nostre scelte alimentari. L’attacco è violentissimo e a tenaglia, sia sul lato dell’offerta che della domanda.
Sul primo, si mira deliberatamente ad un taglio drastico dei capi di bestiame e del pescato: sarebbero fuori legge il 60 per cento degli allevamenti e perderemmo 3 mila pescherecci (un ulteriore 25 per cento dopo il 33 per cento delle imprese già scomparse negli ultimi trent’anni), per effetto del bando della pesca a strascico che interessa i 2/3 del pescato nazionale.
Sia che cerchiate di mantenere lo stesso consumo di carne, sostenendo la domanda a fronte di una offerta sensibilmente ridotta, sia che decidiate di adempiere alla nuova dieta “sostenibile”, aumentando la domanda di altri generi alimentari, i prezzi tenderanno ad aumentare, perché lo stesso numero di persone dovrà nutrirsi sopperendo ad una cospicua riduzione dell’offerta di alcuni tra gli alimenti più apprezzati e consumati (carne e pesce). A meno che non arrivino in soccorso prodotti sintetici e insetti.
Il piano tedesco
Anche sul lato della domanda sono in corso, sottotraccia, inquietanti iniziative. In Germania, il ministro dell’alimentazione e dell’agricoltura, il Verde Cem Özedmir, sta predisponendo una strategia alimentare nazionale il cui obiettivo, oltre alla salute dei cittadini, è espressamente quello di combattere il cambiamento climatico, forzando il passaggio ad una “dieta a base vegetale”.
“La trasformazione dell’intero sistema alimentare verso una dieta a base vegetale è il fattore più importante nel settore alimentare per raggiungere i nostri obiettivi nazionali e internazionali in materia di clima, biodiversità e sostenibilità”, si legge in un documento concettuale del Ministero intitolato “Percorso verso la strategia alimentare e nutrizionale del governo federale”, adottato dal governo federale tedesco lo scorso 21 dicembre 2022.
Il piano vero e proprio dovrà essere approvato dal governo entro il 2023 e attuato a partire dal 2025. In questi mesi sono in corso consultazioni con scienziati, associazioni ambientaliste e dei consumatori, rappresentanti dell’industria alimentare e dei Land, dei comuni e della società civile, per definire ambiti di azione e azioni specifiche e misurabili.
Dieci grammi al giorno
E quello che sta emergendo è abbastanza allarmante. Non si tratta solo delle solite campagne promozionali, siamo già oltre. Dietro la retorica, l’obiettivo concreto è una riduzione radicale del consumo di carne pro capite. In pratica, un “razionamento”.
I rappresentanti dell’industria alimentare sono già a conoscenza di alcune delle misure concrete a cui si sta pensando. “In futuro, il fabbisogno giornaliero raccomandato per la carne bianca dovrebbe essere inferiore a un grammo“, ha riferito Wiebke von Segger, responsabile sostenibilità dell’Associazione centrale dell’industria avicola tedesca (ZDG), a Lebensmittel Zeitung.
Eckhard Heuser, dell’Associazione dell’industria lattiero-casearia, sempre alla LZ ha parlato di un limite di “10 grammi di carne al giorno a persona“. In pratica, ha commentato, “un currywurst al mese!”.
Ma da dove vengono questi numeri? Dalle nuove raccomandazioni della Società tedesca di nutrizione (DGE), che saranno il riferimento del piano nutrizionale del governo. La nuova dieta sarà obbligatoria nei servizi di ristorazione delle istituzioni pubbliche, come mense di scuole e asili nido, ospedali, uffici pubblici etc.
Ma la “rivoluzione” alimentare, la nuova “dieta vegetale”, riguarderà tutti i cittadini, con mezzi che scopriremo: divieti, limiti alla produzione, tasse extra, incentivi ai prodotti sintetici con sembianze di carne, le proposte sono tante.
Il piano di New York
Va peggio ai newyorkesi, dove il Comune inizierà a monitorare l’impronta di carbonio del consumo di cibo domestico e a porre un tetto alla quantità di carne rossa servita nelle istituzioni pubbliche, con l’obiettivo dichiarato di ridurre del 33 per cento le emissioni di carbonio dal cibo entro il 2030. Anche qui, non si invoca più solo la salute.
Lo hanno annunciato lo scorso 17 aprile il sindaco di New York, il Democratico Eric Adams, e la direttrice dell’ufficio del sindaco per le politiche alimentari, Kate Mackenzie.
“Il cibo è la terza fonte di emissioni delle città subito dopo gli edifici e i trasporti”, ha affermato il sindaco vegano Adams. “Ma non tutto il cibo è uguale. La stragrande maggioranza degli alimenti che sta contribuendo alle nostre crisi di emissioni risiede nella carne e nei latticini”. E ha aggiunto, minacciosamente: “Facile parlare delle emissioni provenienti dagli edifici e del loro impatto sul nostro ambiente, ma ora dobbiamo parlare di carne bovina. E non so se le persone sono pronte per questa conversazione”.
Un tetto al consumo di carne
I funzionari della sua amministrazione non hanno specificato gli obiettivi o gli standard che verranno utilizzati, ma hanno indicato che ci saranno “tetti” sul consumo di carne.
Per esempio, “un numero massimo di volte in cui la carne rossa può essere servita ogni settimana” e un “minimo di proteine vegetali”, ha spiegato MacKenzie. E New York si è già mossa in questa direzione con i “meatless Mondays”, o il “Vegan Friday”, istituito nelle scuole pubbliche lo scorso anno.
Tracciati i consumi delle famiglie
L’Ufficio del sindaco per la “giustizia climatica e ambientale” includerà i dati delle emissioni derivanti dal consumo alimentare delle famiglie nell’inventario annuale dei gas serra della città derivanti da energia, trasporti e rifiuti. Saranno conteggiate anche le emissioni dalla produzione e dal consumo di altri beni, come vestiti, e quelle legate a servizi come viaggi aerei e assistenza sanitaria.
Chi fa i calcoli
Ma come vengono calcolate queste emissioni? Ah, grande interrogativo, che però nessuno sembra interessato a porre e a porsi. Sappiamo solo che i dati sul consumo alimentare delle famiglie arrivano da una partnership che New York e Londra hanno lanciato con American Express, C40 Cities e il laboratorio EcoData, tutti soggetti che hanno un palese interesse in gioco, politico ed economico.
Ma economisti e agricoltori rigenerativi, citati da The Defender, affermano che il calcolo non è in realtà così semplice. Esistono, per esempio, diversi sistemi produttivi, e addirittura sistemi di pascolo alternativi che catturano Co2 anziché emetterla.
C40 Cities, gruppo che promuove anche il progetto “città in 15 minuti”, si basa su un rapporto di Arup Group, un’organizzazione sostenuta da Rockefeller e affiliata al World Economic Forum che sostiene di utilizzare le tecnologie della “quarta rivoluzione industriale” per trasformare le città.
E promette che immense quantità di dati altamente dettagliati possono produrre un “nuovo livello di controllo“, rendendo possibile “un uso più efficiente e sostenibile dei materiali preziosi del mondo”.
Il rapporto valuta le emissioni derivanti dai consumi di cibo, abbigliamento, trasporti, edilizia ed elettrodomestici nelle città di tutto il mondo che fanno parte del progetto C40, e chiede che tali emissioni siano dimezzate entro il 2030.
Conflitto di interessi
Il sindaco Adams ha annunciato l’adesione di New York al C40 Good Food Cities Accelerator, in cui le città firmatarie si impegnano a raggiungere una “dieta sana planetaria” entro il 2030, definita da più “cibi a base vegetale”, meno carne e latticini, e meno spreco alimentare in generale.
Quindi il problema è chiaro: chi fornisce i dati non è un organismo indipendente, ha una precisa agenda politica che viene promossa proprio sulla base dei dati forniti. E ovviamente ciascuno può facilmente intuire il volume d’affari in gioco quando sono coinvolte città come New York e Londra.