Tanto rumore per nulla. La tanto attesa Commissione parlamentare sulla gestione dell’emergenza Covid rischia di passare alla storia come una grande occasione sprecata. Gli ultimi emendamenti approvati ne circoscrivono il perimetro di azione in modo da stravolgere le intenzioni di chi l’aveva promossa e da attutire l’impatto negativo degli eventuali esiti.
Colpo di spugna
In particolare, l’esclusione di qualsiasi valutazione non solo sulla compatibilità costituzionale di alcune norme sanitarie ma anche sulla ragionevolezza, proporzionalità ed efficacia delle stesse, castra in partenza ogni possibilità di fare realmente luce su quello che è accaduto nell’ultimo triennio. Così come l’eliminazione di qualsiasi riferimento alla legittimità dello stato di emergenza, delle successive proroghe e dell’uso reiterato della decretazione d’urgenza rappresenta la pietra tombale sui lavori della Commissione ancor prima che abbiano inizio.
Con queste premesse, sarà impossibile verificare la legittimità dei famosi Dpcm contiani, la ragionevolezza dei tanti decreti draghiani (soprattutto quello sul Green Pass che avrebbe fornito la garanzia di ritrovarsi in ambienti protetti), l’ammissibilità delle circolari ministeriali o delle ordinanze regionali che hanno incredibilmente sospeso le libertà degli italiani.
Questo vuol dire che sarà precluso ogni giudizio politico sui lockdown, gli assurdi divieti, il terribile coprifuoco, i trattamenti sanitari obbligatori e quelli surrettizi a mezzo certificazione verde. Insomma, con un colpo di spugna, o meglio con due o tre emendamenti, i senatori hanno di fatto sancito una specie di non expedit.
Riforme nel cassetto
Più volte su Atlantico Quotidiano, avevamo paventato il rischio che la Commissione fosse depotenziata fino a vanificarne l’istituzione e a rendere inutili i risultati. Adesso, insieme alla certezza di aver (ahinoi!) intuito l’esito, non si può celare la delusione per la scelta del Parlamento di rinunciare a una sua precisa prerogativa costituzionale.
Si ha la netta impressione che, ancora una volta, si tenda a smussare qualsiasi contrasto pur di garantire la stabilità del governo. È già successo con la riforma Nordio messa nel cassetto, è successo con le ipotesi di riforma costituzionale (dall’elezione diretta dal presidente della Repubblica siamo arrivati al premierato senza poteri per il premier come da ultima proposta del ministro Casellati) e ora al sostanziale affossamento della Commissione Covid. È evidente che, sulle modifiche in seno alla Commissione, abbia pesato l’intervento del capo dello Stato come abbiamo sottolineato in un precedente articolo di Federico Punzi.
Al riparo i responsabili
Tuttavia, pur non potendo ignorare i rilievi del Quirinale, si poteva e doveva difendere l’autonomia del Parlamento e delle sue funzioni senza cedere su tutta la linea. Giustificarsi obiettando che la Commissione potrà indagare sulle altre criticità riscontrate nell’era pandemica suona assai beffardo. In effetti, tutte le altre questioni sono non solo secondarie ma, in ogni caso, strettamente connesse a quella principale: la legittimità dello stato d’emergenza e l’abbondante produzione normativa che ha inciso pesantemente su diritti costituzionali.
Il resto è un mero esercizio di stile, un modo per alimentare la sterile polemica politica ed eludere le domande fondamentali tenendo al riparo da conclusioni sgradevoli chi ha avuto responsabilità politiche nel periodo in esame. Avrà facile gioco l’opposizione a contestare qualsiasi attività della Commissione circoscrivendola nel perimetro fissato dagli ultimi emendamenti.
Pericoloso precedente
Prendiamo atto che la dolorosa vicenda Covid si conclude a tarallucci e vino con la consapevolezza che si è consolidato un pericoloso precedente. Ora, in presenza di una qualsiasi altra emergenza, i governi non avranno remore a imporre coercizioni e divieti. Gli strascichi del Covid ci perseguiteranno per parecchi decenni.
È stato fin troppo semplice derogare ai principi di una democrazia liberale per combattere un’epidemia. La Commissione sarebbe stata la sede deputata ad approfondire tutti questi aspetti. Invece, si è deciso di soprassedere denotando mancanza di coraggio.
L’anomalia dei Dpcm
Peraltro, come già evidenziato in un articolo precedente, i Dpcm sono atti amministrativi e sfuggono al controllo di legittimità costituzionale. Nulla avrebbe impedito al Parlamento di focalizzare l’attenzione su uno strumento anomalo di cui si è fatto un uso massiccio nella fase più acuta dell’emergenza; uno strumento che mai avrebbe potuto aggirare norme di rango costituzionale impedendo la libera circolazione delle persone o confinandole addirittura nelle proprie abitazioni.
Mattarella temeva che le aule parlamentari volessero esercitare una sorta di contropotere rispetto a quello giudiziario. Al contrario, si è decretata l’insindacabilità parlamentare dell’azione politica durante la fase pandemica.
Cosa ricorderemo
Del periodo Covid ricorderemo le conferenze stampa notturne di Conte che tenevano la popolazione con il fiato sospeso, la clamorosa scivolata draghiana sulla carta verde e il manifesto politico di Speranza che intravide l’occasione per una nuova egemonia della sinistra. Non resta, allora, che prepararsi a nuove emergenze, a nuove misure liberticide e al Parlamento che arretra perdendo il ruolo cardine che pur avrebbe nel nostro sistema costituzionale. Intanto, in sottofondo già si diffondono le prime note del requiem dedicato alla Commissione.