È vero che governare il mondo è diventato impossibile, non fai in tempo ad abbozzare una strategia che la finanza, l’economia, la tecnologia, la salute, la malattia e tutto il coacervo di forze che fanno il mondo pazzo e sempre più pazzo l’hanno già resa obsoleta.
Gli uomini sono dei folli e le loro categorie novecentesche o romantiche o idealistiche e perfino greche non soccorrono più. Pandemie e invasioni scoppiano a dispetto di tutti gli strumenti previsionali che dovrebbero regolare il disumano vivere ma regolarmente falliscono. Così che ai regimi non resta che coordinarsi e chiudersi nel terrore dell’ignoto con accenti magici, millenaristi.
Insidie della tecnologia
Più la civiltà inventa strumenti per vedere e più la si direbbe regredire alle tenebre antiche, più si protende nell’onnipotenza e più è costretta ad affidarsi agli esorcismi e ai salti nel buio, ai “non sappiamo cosa stiamo facendo ma lo facciamo, sperando che funzioni”. Andrà tutto bene, come dicevano i reclusi sui balconi in tempo di Covid. Ma è andata tutto tranne che bene.
A questa stregua è fisiologico il desiderio di cambiamento, per sperare, per illudersi che con quelli nuovi andrà meglio. Ma i rovesci sono gli stessi e i modi infami di guadagnarci restano gli stessi e i rimedi restano più o meno gli stessi, sempre fallaci anche perché la tecnologia procede per salti, quasi per autodeterminazione ma in modo fine a se stesso, si esalta dei suoi limiti sempre superati e non si preoccupa di farsi assimilare da chi è tenuto ad usarla.
Tutti sono concordi in una convinzione: più strumenti abbiamo, più potenti sono e meno sappiamo adoperarli e più la vita si fa impervia fino all’inverosimile. Quello che ieri si poteva risolvere con qualche telefonata, con una fila allo sportello, si è trasformato in un ginepraio di adempimenti, di procedure telematiche che sfiniscono, che ammalano senza cavarne niente.
Quando hai preso confidenza con uno strumento, lo mettono fuori gioco e te ne impongono un altro ancora più sofisticato e più ostico. Unica garanzia: la tecnologia serve a chi la inventa per il controllo capillare e la raccolta dei dati, cioè fatti privatissimi di ciascuno, da vendere ai governi e alla grande industria, al mercato pubblicitario che quella stessa tecnologia ha reso globale per dire senza limiti di sorta.
La sinistra autoritaria
Stando così le cose, è fisiologico il ricambio per quanto utopistico. La sinistra al potere europeo e nazionale, per non dire territoriale, ci ha poi messo del suo per farsi detestare. La sua ricetta era forse scontata nella temperie dei grandi enigmi e dei pericoli ignoti, ma questa sinistra italiana francese o spagnola ci ha provato anche un gusto macabro nel diventare nietzschianamente quella che era: una visione di governo pencolante verso il regime, lo stato che ha tutte le carte, che ha tutte le parole dalla prima all’ultima.
Questa sinistra si è dimostrata una volta di più autoritaria, intollerante, incline alla censura e alla doppia e tripla morale: i sacrifici e le umiliazioni per la plebe, i privilegi democratici e le vie di fuga per noi, in nome degli altri ma più uguali degli altri. Si trattasse di morbo o di clima, di etica pubblica come di sessualità, di accoglienza e di sicurezza.
Ovunque la sinistra abbia governato nella lunga fase che oggi sembra risolversi, lo ha fatto con un approccio insopportabilmente dogmatico, autoritario, fazioso, teorizzando la messa al bando dei dissidenti, organizzando la loro estromissione dal dibattito civile, pretendendo una informazione distorsiva e militante non di rado nel solco di un odio razzistico. Quel mettere nello stesso sacco tutti gli scettici e i libertari, i difensori della libertà di scelta e della connessa assunzione di responsabilità, con lo stigma: no-vax, stragisti, criminali.
Oggi ci riprovano col clima e il loro mantra è apocalittico: non ci credi? Non ci credi? E già qualche professorino esaltato arriva ad auspicare il delitto di negazionismo climatico, quanto di più repressivo e illiberale si possa immaginare.
In modo non dissimile dalla famigerata legge Zan che voleva, e tutt’ora vorrebbe, spedire davanti al giudice chi ancora si permettesse di osservare che un viado di 90 chili col membro davanti ai ragazzini di una scuola non è “una ragazza” ma un bruto.
La ridotta della destra
La sinistra alla resa dei conti sconta tutto questo. Come è fatale e in buona sostanza giusto che sia. Chi ha vinto a Madrid? È stata premiata la politica e l’amministrazione che aveva evitato il lockdown. Viene sempre il redde rationem.
Il che non chiude il discorso però, perché dalla destra assurta al potere registriamo, con sempre maggiore sconcerto, alcune tendenze allarmanti, la tentazione dirigista sempre in agguato secondo il solito schema: la sinistra protesta, la destra ascolta, la soluzione è più Stato, più tasse, più controllo.
La gente che ha votato, in Italia come in Spagna, d’altra parte, non si aspettava altro da una normalità ritrovata dopo anni di follia e di sbando, anche nei toni, nei comportamenti. Mentre viene sempre più investita da dichiarazioni demenziali o evitabili, da comportamenti sbracati, si veda per mero esempio l’assalto alle casematte della Rai, che finiscono per fornire ottimi argomenti al pregiudizio culturale che fin qui li ha emarginati.
Allo stesso tempo c’è un paradossale adeguarsi a stilemi non propri. La antica propensione a rinserrarsi in una ridotta elitaria, di stampo nostalgico-vittimistico, non è stata risolta neppure con la conquista dei bottoni: non ci si può sempre cullare nelle lenzuola della seta spengleriana, evoliana, nel kulturpessimismus tedesco, nel dibattito sulle “cose buone” lasciate dal Ventennio, nel dannunzianismo retorico, bolso.
Gli intellettuali di riferimento sono sempre quei due o tre, e sono in chiarissimo affanno. Oltre al resto, spesso condividono, bongré malgré, l’affarismo culturale sviluppato dalla sinistra.
I sinistrismi della destra
Ma non è una questione di opportunismi quanto di orizzonti nuovi, differenti, audaci. Mentre neppure la destra sembra potere o voler uscire, non sia presa per una provocazione, da certo social-fascismo da “niente fuori dallo Stato, nulla contro lo Stato”.
Si veda la scellerata trovata del ministro turistico Daniela Santanchè sugli affitti brevi. Errore grave, tanto più se da gente che si percepisce come liberale. Errore assurdo che il sentirsi esponente dello stato decisionale non scusa, anche perché lo stato determina una lettura tutta sua, che in Italia è tradizionalmente di sinistra quando non cattocomunista; e dalla lettura fuorviante alle soluzioni rovinose il passo è brevissimo, è fatale.
La proposta di abolire l’accenno alla razza dai documenti della pubblica amministrazione è pura fuffa sinistra, subito accolta a destra. Ma così si finisce per nuocere alle minoranze. Va tanto di moda appellarsi alla scienza, ma la scienza è la prima a distinguere fra etnie, se per certe patologie curi una razza come ne curi un’altra rischi di sopprimere l’individuo.
L’allarmismo climatico
Non basta. Si prenda proprio il clima: l’allarmismo è strategico, truffaldino, ma alla prima occasione emergenziale abbiamo visto la destra di potere cascare nel giustificazionismo della sinistra di opposizione che ancora detta legge, questo sì improntato a negazionismo.
Il tanto sbandierato consenso del 97 per cento degli scienziati, quanto a matrice colposa o dolosa dell’uomo capitalista sui fantomatici cambiamenti climatici, sta sempre più emergendo per la bufala colossale che è, ma anche la destra mai liberale, sempre un po’ social-fascista, stava finendo per crederci.
Una via d’uscita
Va inoltre tenuto conto, e chiudiamo così il cerchio, che la tecnologia è quella che davvero comanda: la puoi riconsiderare secondo sensibilità laiche, improntate a scetticismo razionalista, ma non la puoi ignorare, né sottovalutare, né puoi prescinderne.
A sinistra la sua concezione è capziosa, il suo uso scellerato: nella città eugenetica voluta dagli urbanisti green, servirà a tenere gli abitanti ben separati nei rispettivi quartieri, ridotti a block, con un numero limitato di pass e perfino di calorie. Questa essendo la distopia che si prepara, la destra sa trovare altre sensibilità, umane, non troppo umane, per gestire, senza lasciarsi gestire, questa tecnologia potenzialmente mostruosa?
Né i salti in avanti di stampo progressista ottimistico e velleitario, né gli imbuti della nostalgia e della rassegnazione passatista. Ma questa destra la sa trovare una terza via? E, soprattutto, la sa trovare una via d’uscita allo statalismo confessionale che lega tutti, da destra a sinistra, e condanna alla colonna infame i pochi reietti liberali che ancora si ostinano a esistere, perfino a predicare?