L’ennesima levata di scudi stavolta riguarda le opinioni di Marcello De Angelis sulla strage di Bologna. L’opposizione non perde tempo ancora una volta a puntare il dito contro gli esponenti delle forze politiche al governo. Al punto che nelle pause tra un’accusa e l’altra pare trattenga il respiro, per poi sfogarsi chiedendo le dimissioni di quello o quell’altro. Ormai è un “leit motiv” quello delle dimissioni
Ora è De Angelis che dovrebbe dimettersi dal ruolo di comunicatore-portavoce della Regione Lazio. Perché? Perché a suo avviso Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Giavardini non sono i responsabili della strage di Bologna, e per aver messo in dubbio che l’attentato possa essere di matrice fascista. Ha espresso un giudizio, non ha asserito sia verità, un giudizio del tutto personale, che non è né vero né falso, né buono né cattivo, ma un’opinione nata da un dubbio legittimo, che non può in assoluto essere bersaglio di condanne politiche.
Pensiero unico
È ancora consentito esprimere dubbi, anche controversi, su sentenze che, sebbene da rispettare, hanno delle evidenti venature di non chiarezza per vari motivi? Direi di sì, perché altrimenti non si potrebbe più parlare di libero pensiero, ma davvero di un pensiero obbligatorio come nei Paesi fascisti o comunisti, dalla Russia alla Cina.
Davvero vogliamo arrivare al pensiero unico tanto caro ad una certa sinistra? Al di là della dichiarazione rilasciata da De Angelis, in cui afferma di voler rispettare le sentenze, ma rivendica il diritto alle “opinioni influenzate dalla sua storia”, la libertà di espressione è sacrosanta. Ma dalle opposizioni politiche non si perde tempo, si urla: “Fascista!”
Dubbi legittimi
Perché, per quanto riguarda la strage di Bologna, ma sarebbe utile sempre, non sarebbe forse un buon servizio all’intera comunità la verifica puntuale delle opinioni altrui? Perché non cogliere spunti di riflessione sulla non colpevolezza di chi è stato condannato pur dichiarandosi innocente? Perché la magistratura ha ritenuto di perimetrare come di “sicura origine fascista” la strage del 2 agosto 1980 il cui possibile movente fa acqua da tutte le parti?
C’è una sentenza, e riguarda tre ergastolani che se si fossero assunti la responsabilità della strage avrebbero tratto pure una serie di benefici riguardo le precedenti condanne. Invece si sono dichiarati innocenti.
A ben vedere, i dubbi che sono sorti non hanno nulla di irragionevole ed appare molto fragile la ricostruzione della tragedia e del movente, oltre al mandante individuato nello storico Licio Gelli. Non è legittimo avere perplessità? O meglio, è preferibile che esponenti di spicco politico a vario titolo non debbano esternarle?
Opposizioni a caccia
Forse in un clima del genere – dove non passa giorno che a causa di “inciampi” comunicativi, tali da consentire il rullo di tamburi dell’opposizione che vive costantemente a caccia di ogni indizio utile per far riecheggiare all”opinione pubblica il pericolo fascista – c’è da pensare che quel “pensiero unico” esista già. Non avendo altro, certo non una politica di contenuti e progetti, è rimasto loro unicamente il tiro al piccione, e lo vediamo continuamente. C’è da capirli, fanno tenerezza.
Le sentenze si rispettano, ed è vero, giusto, corretto, purché però si convenga e rifletta che talvolta si possono anche commettere errori (e la storia insegna!) e correggerli.
Bene, dunque, la decisione del governatore del Lazio Francesco Rocca di non rimuovere il suo portavoce, ha prevalso come si sperava il buon senso liberale.
Uno Stato democratico, dove vige l’obbligo di rispettare leggi e sentenze, ma anche spazio libero per le opinioni personali, porgere il fianco a strumentalizzazioni come questa, addirittura chiedendo le dimissioni, avrebbe significato accettare di vivere in un Paese in cui scrivere e parlare in libertà, quella per cui si è tanto lottato, possa venir negato. E allora, la riflessione diventerebbe: chi è davvero fascista?