Con una certa ridondanza, sentiamo ripetere che bisogna imparare la lezione impartita dalla pandemia sofferta nell’ultimo triennio. Eppure, più che imparare o cambiare approccio alle vicende sanitarie, si persevera cocciutamente negli errori.
Autorizzazione dei farmaci più rapida
Per esempio, il commissario alla salute dell’Unione europea, Stella Kyriakides ha proposto “procedure di autorizzazione più semplici e rapide” nel processo di autorizzazione dei medicinali. Così, da favorire lo sviluppo, la produzione e la distribuzione dei vaccini in ambito europeo, anche per quel che riguarda la prevenzione delle malattie infantili.
Insomma, il modello che piace alla commissaria cipriota è proprio quello assai discutibile che è stato adottato nel contrasto al Covid-19; un modello che si è rivelato non solo estremamente penalizzante per le libertà e i diritti ma anche piuttosto contestabile sul piano strettamente sanitario.
Ora, al di là di tutte le questioni controverse relative alla trasparenza nella redazione dei contratti per la fornitura dei vaccini e al successivo insorgere di reazioni avverse silenziate dai media mainstream, resta sul tavolo una questione fondamentale: l’obiettivo neppure troppo celato di istituzionalizzare le emergenze comprimendo gli spazi democratici e trasformando l’eccezione nella regola.
Il moralismo sanitario
Desta allarme pure il Piano nazionale di prevenzione vaccinale presentato dal governo per il prossimo triennio. A inquietare, ancor prima dei concetti, è il lessico che viene usato per descrivere gli obiettivi perseguiti. C’è da premettere che tale piano si basa su alcuni pareri del Comitato nazionale di bioetica che poi sono stati recepiti e assorbiti.
Si sottolinea, in particolare, il valore “umano, etico e sociale” delle campagne di vaccinazione. Ecco, quando non è sufficiente il dato scientifico, ci si rifugia in considerazioni di altro tipo che sfociano addirittura nell’etica, se non nel moralismo sanitario.
Tanto è che ci sono alcuni passaggi da far tremare i polsi. Nello specifico, quello sulla campagna di “educazione pubblica” tesa a fornire un’informazione capillare sui media, sul web e sui social. Se questo non bastasse a convincere i riottosi, allora andrebbe attivato “un sistema di monitoraggio/sorveglianza per acquisire dati sull’esitazione vaccinale con il massimo livello di granularità”.
Lo scopo è proprio quello “di identificare coloro che necessitano di essere incoraggiati verso il percorso vaccinale e di evidenziare eventuali insufficienze nella copertura vaccinale, specialmente con riguardo ai bambini”. Se tutti questi meccanismi da Minority Report non dovessero funzionare e piegare le resistenze dei renitenti alla puntura, allora non si potrà escludere l’obbligatorietà del trattamento in casi di emergenza. Ergo, volente o nolente, sempre all’imposizione si arriva pure dopo aver attivato tutta una serie di strumenti degni di uno Stato etico.
Sabotaggio della Commissione Covid
D’altronde, in questo contesto da damnatio memoriae, non fa eccezione il tortuoso iter che sta portando alla nascita della Commissione d’inchiesta parlamentare sulla gestione pandemica. Su Atlantico Quotidiano, già avevamo dato conto dei timori che la nascente commissione possa arenarsi producendo un nulla di fatto.
Quanto questa apprensione sia fondata lo dimostra il tentativo di eliminare dalle necessarie verifiche da effettuare ogni riferimento all’efficacia del piano vaccinale predisposto e alle modalità di acquisto delle dosi durante la fase emergenziale.
Come riporta La Verità, l’operazione per circoscrivere il campo di azione della Commissione non sarebbe arrivato dall’opposizione ma da settori della maggioranza parlamentare. La promotrice di questa iniziativa sarebbe la leghista Arianna Lazzarini.
Guardano con favore a questa svolta sia ampi settori di Forza Italia sia la componente renziana che, unitamente alla Lega, hanno appoggiato il governo Draghi e l’inscalfibile stagione delle larghissime intese. Naturalmente, se passasse questa linea, l’indagine sarebbe depotenziata sul nascere impedendo qualsiasi approfondimento anche sul delicato tema delle reazioni avverse.
C’è ancora tempo per rimediare perché il voto definitivo in Commissione affari sociali è previsto per la prossima settimana, ma le premesse non sembrano delle migliori se la maggioranza va in ordine sparso o addirittura ostacola il percorso della Commissione.
L’impressione è che sarà arduo vincere le resistenze di quanti non vogliono mettere in discussione l’operato del precedente governo e tutto l’incredibile armamentario di restrizioni a cui sono stati sottoposti i cittadini per spingerli negli hub allestiti dal generale Figliuolo. Altrove, i tabù sanitari sembrano definitamente superati e si indaga a 360 gradi.
Italia ultima trincea
L’Italia resta l’ultima trincea del credo pandemico. Lo attesta pure il significativo silenzio dei principali mezzi di informazione su queste ultime vicende; gli stessi mezzi di informazione che, invece, erano martellanti quando si trattava di descrivere obblighi e imposizioni.
Come dimenticare, per esempio, gli inserti o le vignette con le guide ai divieti pasquali. Come non ricordare il modo in cui il concetto di libertà è stato manipolato, spacciando il Green Pass come un mezzo per riappropriarsi dei propri diritti non più naturali ma subordinati al rilascio della certificazione verde.
Infatti, c’è poco da girarci attorno: un’indagine parlamentare sulla massiccia campagna di vaccinazione non può prescindere da un’attenta valutazione della severa normativa messa in atto per costringere le persone all’inoculazione.
È questo il punto fondamentale di tutta la faccenda. Se si elimina alla radice la questione più controversa, allora il lavoro della Commissione diventa un puro esercizio di stile. La vicenda potremo raccontarla in tanti modi differenti ma, come nei famosi racconti dello scrittore francese Raymond Queneau, l’epilogo della storia sarà sempre lo stesso. E non sarà affatto gradevole da narrare.