Se fosse ancora vivo Maurizio Costanzo e andasse tuttora in onda il suo Uno contro tutti, un nome oggi sicuramente papabile, da ospitare nel suo teatro, sarebbe quello di Roberto Vannacci.
Ciò che i contestatori del plurilaureato generale dovrebbero chiarire, con un pizzico di onestà e coerenza, è la matrice di tutta questa indignazione. È il contenuto ideologico di quanto affermato ad aver innescato queste polemiche o il fatto che un servitore dello Stato si sia espresso pubblicamente?
Doppio standard
In entrambi i casi, le proteste della sinistra appaiono fuori luogo, per quanto anche il ministro della difesa Guido Crosetto abbia criticato la condotta del generale. Per due ragioni. La prima è nel dettato costituzionale, secondo cui ciascuno è libero di manifestare il proprio pensiero. In secondo luogo perché, se è vero che un servitore dello Stato debba essere super partes – che tradotto significa non lasciar trapelare il proprio colore politico, né prendere pubblicamente altre posizioni divisive – la polemicissima sinistra avrebbe dovuto condannare parimenti tutte quelle esternazioni di magistrati e funzionari pubblici che attaccavano (e attaccano) pesantemente i protagonisti della destra e dell’attuale governo Meloni.
Per citarne alcuni: Luca Dell’Atti (costituzionalista, docente universitario e presidente museale) passato agli onori per aver pubblicato sul proprio profilo Instagram la foto di Giorgia Meloni a testa in giù; Marcello Degni (magistrato della Corte dei Conti) noto per il suo recente post contro il governo “Potevamo farli sbavare di rabbia” cui seguiva un tag a sostegno della Schlein; o ancora, il giudice Iolanda Apostolico che sfida il governo; la lista è lunga e a confermarlo è anche Sabino Cassese (ex giudice della Corte costituzionale).
Perché la gogna?
Tra inchieste, querele e sospensioni, Vannacci continua ad essere protagonista della scena pubblica. Che quella del suo libro “Il mondo al contrario” – edito quand’era ancora in servizio – sia stata o meno una strategia per una certa campagna politica, non è dato sapere… si possono fare, come si son già fatte, ampie congetture, ma questo poco importa.
Il cuore della questione è un altro. Comprendere il senso della gogna. Sospeso il militare, rimane l’uomo, il cittadino. Perché continua imperterrita, dunque, l’ostilità nei suoi confronti? E come mai tanto clamore arriva proprio da quella sinistra che ha fatto sempre – questo è ciò che crede – della “democrazia” la propria bandiera?
Come dimenticare quel “linguaggio inclusivo” lgbtqia+ (e chi più ne ha, più ne metta!) che sta distruggendo la lingua italiana, sostenuto dal Partito democratico? Ormai arrivano lettere e mail dalle più varie istituzioni o università in cui un semplice plurale “Cari” è storpiato dall’asterisco (Car*), perché “dobbiamo essere inclusivi” e rispettare chi non si identifichi in una certa desinenza. Poi, però, quando Giorgia Meloni chiede di essere chiamata il presidente e non la presidente, viene ignorata, continuando ad essere chiamata al femminile. Altro che democratico… dovrebbero ribattezzarlo come “Partito Demagogico”.
Elogio della diversità
Nel frattempo, si guarda alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. I partiti fremono e gli occhi sono puntati ovviamente sul Vannacci: “Mi piacciono le sfide. Ma non ho ancora deciso. Ho ricevuto diverse offerte, ma sono io che scelgo quello che faccio della mia vita, mi sono sempre sentito il padrone del mio destino”.
Aggiunge poi: “Nel mio libro c’è l’elogio della diversità, io ritengo che il mondo sia ricco grazie alle differenze di cultura, di religione, di etnia, di pelle”, ed è in questi termini che definisce il concetto di “anormalità”, inteso cioè come fatto non ordinario ma straordinario, fuori dalla generalizzata consuetudine. Insomma, un cultore della parola e del pensiero che si dovrebbe riconoscere come tale già solo dal suo interminabile e prestigioso curriculum. Forse non lo capiamo. Forse non lo meritiamo.