Politica

Un’agenda di governo per onorare la memoria del Cav

Meno tasse, riforma della giustizia, europeismo e atlantismo. Cosa dovrebbe fare il governo Meloni per realizzare la rivoluzione che aveva in mente Berlusconi

Silvio Berlusconi Forza Italia

Nella giornata di oggi, Silvio Berlusconi avrebbe compiuto 87 anni. Dopo più di trent’anni durante i quali il Cavaliere ha saputo dominare in maniera incontestata la vita pubblica e politica italiana, governando il Paese per più tempo di tutti, portando un rinnovamento radicale nel mondo dell’editoria, dell’edilizia, del settore bancario e del calcio, l’idea che un personaggio come lui non sia più con noi fa quasi strano.

Ma, come molto spesso dice Antonio Tajani, colui che dal 1994 ha sempre seguito senza tentennamento alcuno Berlusconi, un vero leader non muore mai. Per questo, l’omaggio più bello che il centrodestra unito, sua squisita intuizione, potrà fare a Berlusconi sarà quello di fare in modo che i suoi sogni e progetti che non è riuscito a realizzare possano diventare realtà.

Nel giorno del suo compleanno, dunque, è giusto chiedersi: che cosa potrà fare e che cosa non dovrà fare il governo Meloni per onorare la memoria del fondatore del centrodestra italiano?

Manovra liberale

In questi giorni, ad esempio, il governo sta preparando quella che si appresta ad essere una complessa manovra di bilancio. In questo caso, l’omaggio più semplice è quello di dire basta ai bonus grillini e sì ad un abbattimento vero della pressione fiscale; sì al taglio del cuneo e no al reddito di cittadinanza; sì al debito, purché serva a finanziare crescita e non assistenzialismo. Insomma, è arrivato il momento che il governo vari una vera manovra liberale come non se ne sono mai viste.

Già, perché Berlusconi era un liberale e per questo a lui non sarebbe mai andata giù la tassa sugli extraprofitti alle banche, una norma che a leggerla sembra scritta dall’organo centrale del PCUS.

Niente blocco

Così come il Cav avrebbe sicuramente qualcosa da ridire su un eventuale attuazione del blocco navale o un ritorno alla politica dei porti chiusi, entrambi infattibili e non in grado di offrire una soluzione strutturale al problema degli sbarchi. La strada giusta da percorrere è, semmai, quella intrapresa dal premier Meloni negli ultimi mesi: stipulare accordi con Paesi africani per cercare di contenere il più possibile le partenze, mantenendo la schiena dritta di fronte ai ricatti internazionali ed europei.

L’Italia è l’Europa e l’Europa è l’Italia e questo concetto prima o poi dovranno capirlo a Bruxelles, ma solo tessendo vie diplomatiche si potrà arrivare ad una soluzione.

Europeismo

Per questo il governo dovrebbe far proprio l’europeismo di Berlusconi, che non ha nulla a che vedere con quell’approccio supino che i governi passati hanno avuto, presentandosi a Bruxelles con il cappello in mano alla ricerca di un consenso esterno perché in patria erano troppo deboli per imporre la propria linea.

Europeismo per Berlusconi ha sempre significato dire sì all’Europa della libera circolazione delle merci, delle presone e dei capitali, l’Europa del NGEU e della solidarietà e no all’Europa iniqua di Dublino, dell’austerità, del rigore, delle eco follie, del nutri-score e dell’omologazione forzata.

Uno dei sogni di Berlusconi, come espresso nella sua ultima intervista rilasciata al Giornale, era la creazione di un centrodestra europeo che sarebbe stato in grado di portare un cambiamento anche a Bruxelles, ritornando allo spirito dei padri fondatori e archiviando le politiche scellerate del duo più illiberale d’Europa Vestager-Timmermans.

Riforma della giustizia

Il Cav sarebbe orgoglioso di una riforma della giustizia in senso garantista, che sappia porre fine al potere illimitato di alcune procure, oltre che al sistema scandaloso delle porte girevoli, indegno di un Paese civile. Una riforma che renda il sistema giudiziario snello ed efficiente, nel quale non si debba attendere in media più di 1.600 giorni per un processo.

Un Paese più libero

Berlusconi voleva un Paese più libero, nel quale lo Stato, quel male necessario, fosse al servizio del cittadino e non viceversa. Un Paese nel quale gli imprenditori venissero messi nelle condizioni di fare ciò che sanno fare meglio: fare impresa, produrre ricchezza e dunque posti di lavoro, senza essere accusati ogni giorno di essere dei ladri o degli evasori fiscali. Un Paese nel quale sia il lavoro autonomo e non il posto fisso l’ambizione. Un Paese nel quale ognuno possa decidere dove mandare i propri figli a scuola, non per forza alla scuola pubblica, dove dovranno sorbirsi la solita lezioncina dalla maestra comunista.

Un Paese dove la persona possa davvero sentirsi libera sotto ogni aspetto. Libera di amare chi vuole e di fare quel che vuole nella propria vita privata. In questo Berlusconi era un campione assoluto e forse proprio per questo avrebbe storto la bocca di fronte a qualche affermazione del ministro Roccella.

Un Paese nel quale non si pongano ostacoli al libero mercato e alla libera concorrenza, né per le concessioni balneari, né tanto meno per gli affitti brevi. Per questo avrebbe rimproverato il ministro del turismo Santanché, con la stressa franchezza con la quale lei stessa si rivolse a lui nel giorno dell’elezione del presidente del Senato dicendogli “Silvio, stai sfacendo una cazzata a non votare La Russa”.

Oltre l’Occidente

Un altro importante omaggio che può esser tributato al Cav è anche il massimo impegno in politica estera e nella cooperazione internazionale. Il meraviglioso e commovente discorso al Congresso Usa, quello alla Knesset e quella visione mai miope, che sapeva sempre guardare oltre i confini dell’Occidente, con il giusto equilibrio e senza essere mai strabica, che ha consentito al Cavaliere il raggiungimento di una serie di capolavori diplomatici che hanno reso l’Italia protagonista nel mondo, la stessa cosa che questo governo sta cercando di portare avanti.

Proprio oggi, con una guerra alle porte e la Russia nuovamente isolata, non può che tornare alla mente il vertice di Pratica di Mare, uno dei successi diplomatici più importanti nella storia della politica estera italiana e occidentale. Berlusconi aveva infatti intuito l’importanza di un vertice permanente di comunicazione e coordinamento tra l’Alleanza Atlantica e la Russia, perché solo mediante il mantenimento di un dialogo costante e franco sarebbe stato possibile scongiurare tali catastrofi.

Aveva capito bene che Vladimir Putin avrebbe cercato, prima o poi, la vendetta per quella che lui stesso aveva definito una grande catastrofe geopolitica: la caduta del Muro di Berlino. Per questo, mantenendo i piedi ben saldi nell’Alleanza Atlantica, aveva instaurato un ottimo rapporto con il leader russo, come nessuno mai ha fatto in Occidente. E i risultati della scelta di isolare Putin, trattando la Russia come un appestato, si sono visti.

Le ultime frasi di Berlusconi, che da molti furono tacciate di filo-puntinismo, ennesima dimostrazione del fatto che in Italia colui che si distingue ed esce fuori dal coro viene subito messo all’angolo e definito impresentabile, rappresentavano semplicemente l’angoscia di un uomo che tanto si era speso nel corso della sua esistenza per il mantenimento della pace e di un rapporto tra l’Occidente e la Russia, con il costante timore che tutto avrebbe potuto precipitare facendo scivolare Mosca tra le braccia di una potenza imperialista veramente pericolosa: la Cina.

La via del dialogo

Per questo, senza timore alcuno e fremo restando il supporto incondizionato e senza scadenze temporali al popolo ucraino, il governo dovrebbe farsi promotore di un vero e proprio dialogo tra le parti, al fine di terminare al più presto un terribile conflitto. In altre parole, il giusto supporto e le armi a Kiev non devono indebolire la voglia costante di costruire dei ponti di dialogo tra le due parti.

Insomma, il governo dovrebbe portare a compimento una rivoluzione liberale nella speranza di rendere orgoglioso il Cavaliere, sicuramente molto impegnato a trasformare il paradiso in una società per azioni, come lui stesso aveva raccontato scherzando. Progetto geniale che sicuramente raccoglierà il parere favorevole del padreterno, da vero liberale quale egli è, eccetto che per il fatto che adesso toccherà proprio a lui ricoprire la carica di vicepresidente.