Il caso dell’anarchico Alfredo Cospito è particolarmente irritante, per non dire odioso. Abbiamo infatti assistito al dispiegamento della solita, ben nota coscienza pelosa, o doppia morale – o chiamatela come volete – su un caso i cui contorni risultano, invece, di una chiarezza pressoché cristallina.
Non entrerò nel merito della vexata questio “41-bis sì, 41-bis no”. Ragionando a legislazione vigente, appare del tutto evidente che Cospito, se non sottoposto alle ulteriori restrizioni di questo regime carcerario, potrebbe senza alcuna difficoltà mantenere una comunicazione assai fluida con il suo universo di riferimento. E per di più, a tale facilità sembrerebbe aggiungere una altrettanto evidente volontà di mobilitare le sue truppe.
Compagni che sbagliano
Ma il punto forse più scandaloso dell’intera vicenda è nel sottotesto, nella malcelata ritrosia da parte di una frazione non indifferente della intellighenzia e del giornalismo di sinistra nel condannare senza mezzi termini le imprese “rivoluzionarie” del Nostro (anzi: Loro).
Non nascondiamoci dietro un dito, il retropensiero è sempre lo stesso: dai “compagni che sbagliano” fino, appunto a un Cospito che “ok, certo, ha commesso atti criminali, ma mosso da una idea di società, da una visione del mondo”.
Ovviamente l’indulgenza e i distinguo vengono riservati ai portatori di ideologie latu sensu allineate alla sinistra: se si trattasse di sovranisti – per non parlare di fascisti; ma sospetto che una sorte simile toccherebbe anche ai liberali – non c’è dubbio che la mannaia della condanna più radicale si abbatterebbe sul reo.
Insomma, quando la violenza è generata dall’afflato verso un “mondo migliore” sembrerebbe più giustificabile agli occhi di una parte non insignificante della sinistra.
Il crimine ideologico
La nostra posizione, al contrario, è che il reato si tinge doppiamente di colpa se a suscitarlo e alimentarlo c’è una visione del mondo che ammette la violenza come mezzo. Detto semplicemente: una persona che ne uccide un’altra sa che ciò che sta facendo è sbagliato, punto.
Senza scomodare Dostoevskij, possiamo dire che parte del castigo nasce nell’atto stesso del delitto. Per il criminale ideologico, invece, questo non si verifica. Esattamente come Alfredo Cospito, quando gioisce in tribunale al ricordo della gambizzazione: il criminale ideologico è la specie peggiore, perché al danno causato aggiunge l’indisponibilità al pentimento, allontanandosi de facto dall’umanità.
Doppia condanna
Peraltro, l’ideologia violenta perorata da Cospito è degna anch’essa di doppia condanna morale. Sia per i metodi che abbraccia, sia per lo “stato finale della società” cui aspira: impregnata di soffocante e disumanizzante collettivismo, di controllo sociale ubiquitario e irrespirabile.
Niente a che vedere con l’anarco-capitalismo o il liberalismo libertario che, senza bombe e violenza, reclamano solamente che gli individui siano lasciati in pace, che possano vivere la propria vita senza entrare in rotta di collisione con lo Stato.
Insomma, smascherati i soliti tic ideologici di parte della sinistra, non rimane che essere ancor più severi e far di tutto per evitare che messaggi tanto ambigui e dannosi filtrino, per equivoco, nell’opinione pubblica.