Politica

Vannacci-Salis: dove sono le ferite alla democrazia

Posti sullo stesso piano personaggi diversissimi. La giustizia “pilotata” dalla politica, in un senso o nell’altro, è sempre una mazzata per qualunque democrazia

ilaria salis e vannacci curriculum

In questi giorni post elettorali la riflessione che il “sistema Italia” ci sta costringendo a fare è sulle ferite alla democrazia. Democrazia, parola tanto usata quanto abusata a seconda del contesto in cui viene utilizzata, tanto a destra quanto a sinistra, tutti se ne riempiono la bocca. Diritti, libertà, leggi… Poi la realtà come al solito supera la fantasia e per dirla come un noto comico e stemperare l’aria mefitica che si respira sulla stampa e fuori “esistono storie che non esistono”, in senso positivo e in senso deteriore.

Sullo stesso piano

In questi giorni si sta parlando moltissimo nel cosiddetto “Paese reale” della candidatura elettorale dell’attivista antifascista – come se il fascismo non fosse finito decenni – Ilaria Salis e, diremmo pari merito, della candidatura del generale Roberto Vannacci e della sua narrazione di questo mondo al contrario i cui viviamo.

In effetti, volessimo dargli un assist, come si dice in gergo calcistico, anche se non ne ha bisogno, vista la cascata di voti che ha preso, è un mondo al contrario quello dove prima si nega persino in televisione di voler candidare una pluricondannata, e quindi non incensurata, detenuta in un Paese straniero con gravi capi d’accusa sulla testa, e poi la si riesce persino ad eleggere al Parlamento europeo per provare a darle un’immunità retroattiva rispetto ai fatti per i quali è a processo.

Parimenti però è un mondo al contrario anche quello dove un servitore dello Stato viene aggredito dalla magistratura militare e indagato per spese di rappresentanza, qualche cena e l’uso improprio della macchina aziendale con qualche data di discordanza nella rendicontazione formale dei privilegi diplomatici concessi al suo incarico e al suo rango. Oppure per “istigazione all’odio”, nuova fattispecie di reato odioso che non permette più di nemmeno verbalizzare una libera e fondamentale pulsione dell’animo umano.

Ecco, i vulnera alla democrazia, come direbbero “quelli studiati”, le ferite inflitte ai principi logici e persino filosofici che sottostanno al senso delle leggi che regolano la vita democratica, vergognosamente sbeffeggiati nel momento in cui si è costretti da distorsioni ideologiche e politiche a porre sullo stesso piano una persona con più lauree, difensore della patria e delle istituzioni, con una giovane maestra occupante di case popolari che invece di lavorare ancora parla di antifascismo se ne va in giro per il mondo a combattere il nazismo accompagnandosi ad un gruppo di persone che si gratificano ad aggredire la gente a mano armata. Gente che la pensa diversamente da loro, beninteso, e questo non è democrazia ma reato più o meno ovunque sul pianeta Terra.

Giustizia politica

Prevarrà forse la linea della difesa che non si trattasse di lei? Anche questa presunzione di innocenza andrebbe un po’ smussata, sei innocente fino a prova contraria ma è un diritto democratico potersi fare un’idea e poterla esprimere. O no?

Quando un caso giudiziario internazionale prende una brutta piega, il rischio che la giustizia venga “pilotata” dalla politica, in un senso o nell’altro, è sempre una mazzata per qualunque democrazia. Perché anche se adesso l’Ungheria del perfido Orban dovrà chiedere formalmente al Parlamento europeo di revocare l’immunità aprendo un contenzioso internazionale, e la condanna, se verrà in tempi brevi, potrebbe far decadere la Salis dal seggio, chi ci dice che altri poteri oltre quello giudiziario non siano all’opera?

Ve lo ricordate Ignazio Marino, l’ex sindaco di Roma? Una persona per bene che si è dovuta dimettere per due scontrini di troppo per poi essere assolto perché il fatto non sussiste. Perché a qualcuno che dovrebbe raddrizzare le storture della democrazia il buon Marino forse non piaceva, perché nel mondo al contrario uno scontrino o una rendicontazione errata ti espongono al pubblico ludibrio per farti fuori a furor di popolo.

Eccole, queste sono le ferite alla democrazia, la commistione dei poteri dello Stato, lo sfruttamento della notorietà negativa di una persona o di un fatto per tirare su il consenso a questo o quel partito, il dover sempre rilanciare in modo acefalo e becero come di solito fa il popolo semplice: eh ma allora Sgarbi, eh ma allora la ministra Santanché … eh ma i 49 milioni? (per chi se li ricorda).

Si ferisce inesorabilmente il valore della politica e degli uomini che la fanno se si pone sullo stesso piatto elementi di diverso valore facendo sempre di tutto un calderone.

Due pesi due misure

La Legge Severino rivista dalla Legge Cartabia consente la candidabilità, in Italia, solo a persone che non hanno a loro carico condanne superiori ai due anni, ma considerato l’uso allegro di certe norme per indagare e mandare a processo chiunque di noi, forse bisognerebbe valutare le tipologie di reato e la loro gravità o tenuità, oppure statuire l’incandidabilità totale sia in Italia che in Europa di chi non è incensurato.

La ferita alla democrazia è proprio qui ed è grandissima: se sei un avversario politico incensurato fanno di tutto per non fartici restare, ma se sei un delinquente recidivo il tappeto rosso ti aspetta. Due pesi e due misure che distruggono il bello, il buono e il giusto funzionamento della tanto proclamata democrazia.

Se non fosse che non è democrazia, è delirio, anche normativo oltre che giudiziario e politico e quindi istituzionale, che è molto peggio di un mondo al contrario, è il caos, l’aberrazione della democrazia e persino dell’individuo, la sublimazione dell’uno vale uno anche se uno non vale niente e l’altro vale mille. Urgono correttivi, prima di tutto mentali.