Dai e dai ci sono riusciti. È quello che volevano, una strategia del caos e del disordine in piena regola, per mettere il governo Meloni e le forze dell’ordine sotto accusa, sulla difensiva. “Vendetta per Ramy” è diventata una campagna antagonista multi-città, sul modello Black Lives Matter e Antifa.
Dai disordini di Corvetto si sono intensificati scontri e assalti alle forze dell’ordine, polizia e carabinieri, estesi nel fine settimana in diverse città, prima a Torino, poi a Roma, Bologna, Brescia. Decine gli agenti feriti, tra bombe carta, sassi, bottiglie e minacce (significativo il video girato nel quartiere San Lorenzo, a Roma). Scene di ordinaria guerriglia urbana, con cassonetti bruciati e dehors distrutti.
A Firenze ieri sera un attentato incendiario contro una caserma dei carabinieri. A Bologna la rabbia dei sedicenti “anti-razzisti” non ha risparmiato la Sinagoga.
Prima la causa di Hamas, ora la “vendetta” per Ramy, ogni scusa è buona. Ma stavolta sembra che il ruolo delle cosiddette “seconde generazioni” sia residuale. Protagonisti dei disordini, centri sociali e collettivi studenteschi, estremisti di sinistra.
La copertura politica e mediatica
Va detto però che questa escalation ha un patrocinio politico e mediatico ben riconoscibile. È stata innescata e alimentata dalla fake news, diffusa dai media tradizionali (non dai social!), dello speronamento della moto su cui viaggiava Ramy Elgaml da parte dei carabinieri.
L’ultimo video pubblicato, con le voci riprese dalle pattuglie protagoniste dell’inseguimento, è stato presentato come la “pistola fumante” della responsabilità degli agenti, nonostante in realtà le stesse immagini, nei fotogrammi finali, e le prove finora emerse, come il verbale dei Vigili Urbani, dicano il contrario, ovvero che non c’è impatto prima della caduta della moto.
Mentre si discute di Elon Musk, attenzionato da ben 150 funzionari Ue durante la sua intervista alla leader di AfD, e di Mark Zuckerberg, tornato ad essere un leccaculo del potere dopo aver dato il benservito ai fact-checker e all’ideologia woke, a diffondere fake news che offrono innesco e copertura alle violenze di piazza degli estremisti di sinistra sono i media tradizionali… anch’essi di sinistra, guarda caso.
Né è mancato, ovviamente, il giustificazionismo di molti, troppi esponenti dei partiti di sinistra che fanno leva sul vittimismo dei gruppi etnici pensando di trarne profitto dal punto di vista elettorale, ma raccogliendo soltanto rabbia e ulteriore disgregazione delle nostre comunità.
La sicurezza secondo Gabrielli
Doppiamente sconcertanti le recenti dichiarazioni di un ex capo della Polizia, Franco Gabrielli, già ai vertici dei servizi e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica del governo Draghi.
È ovvio che quella non è la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento, perché c’è pur sempre una targa, un veicolo.
Scemenze a ruota libera. Ma non te lo aspetti da un uomo delle istituzioni, almeno in teoria, che si metta a delegittimare le forze dell’ordine nelle veste odierna di consulente del Comune di Milano per la sicurezza. I cui risultati sono davanti ai nostri occhi…
Parole doppiamente sconcertanti perché, innanzitutto, una persona che salta un posto di blocco e scappa si mette in pericolo da sola. La responsabilità colposa della morte del povero Ramy è chiaramente di chi guidava la moto, che non si è fermato al posto di blocco e ha iniziato una folle corsa per le vie di Milano, alcune imboccate contromano.
Ma sconcertante è anche la concezione della sicurezza che traspare dalle parole di un uomo che è stato per anni ai vertici della sicurezza in Italia. Annotare una targa non impedisce di commettere reati, non è sicurezza. La moto o l’auto che saltano un posto di blocco potrebbero essere rubate, quindi il numero di targa consentirebbe al massimo di “beccare” il legittimo proprietario. La frase di Gabrielli potrebbe inaugurare un ciclo di barzellette sui capi della polizia, anziché i carabinieri.
O peggio, i fuggitivi potrebbero aver appena commesso un reato gravissimo, o stare per commetterlo. Ma banalmente, la moto su cui viaggiava Ramy avrebbe potuto travolgere pedoni, ciclisti, altri motociclisti e causare un grave incidente, spezzando vite sicuramente innocenti.
Se non lo capisce uno come Gabrielli, alziamo le braccia: o è sempre stato un totale incompetente, o anche la sua è pura strumentalizzazione politica, sulla pelle dei servitori dello stato di cui era a capo fino a poco tempo fa.
La risposta del governo
Positive le reazioni del governo Meloni, della presidente del Consiglio e dei ministri che hanno condannato i disordini ed espresso senza ambiguità vicinanza e sostegno alle forze dell’ordine.
Significative anche le parole di sostegno e riconoscimento della premier Giorgia Meloni, nella sua conferenza stampa di inizio anno, al carabiniere Luciano Masini, che il 31 dicembre scorso a Rimini ha ucciso un egiziano che stava accoltellando a morte i passanti, e l’intenzione espressa dal ministro della difesa Guido Crosetto di volergli conferire un encomio.
Silenzio invece dell’Arma dei Carabinieri sull’operato degli agenti all’inseguimento di Ramy, per senso di responsabilità e senso dello Stato. Ma anche dai vertici dell’Arma forse è ora che giunga un segnale.
Finalmente lo Stato comincia anche a chiedere il risarcimento danni ai violenti. Notizia di ieri è la richiesta di 6,8 milioni al centro sociale Askatasuna per i danni causati durante le manifestazioni No-Tav tra il 2020 e il 2021. Bisognerebbe farla diventare una prassi nei confronti di singoli o gruppi che danneggino patrimonio pubblico o privato. Certo, poi ci sono i giudici, ma questo è un altro tema…