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Autogol Ue: il blocco dei vaccini per l’Irlanda del Nord indigna tutti e smaschera l’ipocrisia di Bruxelles

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Con una telefonata nella serata di venerdì Boris Johnson e Ursula Von Der Leyen hanno messo fine a una giornata di tensioni tra Londra e Bruxelles, causata dalla decisione, da parte della Commissione, di rompere unilateralmente il Northern Ireland Protocol (NIP) firmato a latere dell’accordo sulla Brexit e interrompere le forniture di vaccini per l’Irlanda del Nord. Johnson ha espresso tutto lo sdegno e la preoccupazione per una decisione che è arrivata di sorpresa e senza nemmeno essere notificata al Regno Unito, né agli Stati membri dell’Unione. Persino Dublino era all’oscuro di tutto e si è schierata con il governo britannico. Von Der Leyen ha affermato che la telefonata con il premier britannico è stata costruttiva e che nessuna restrizione doganale sarà imposta ai vaccini delle aziende che rispetteranno gli obblighi contrattuali. Insomma, se AstraZeneca ha sbagliato o si è comportata male, la Commissione se l’è presa con Londra con un clamoroso autogol che rivela la debolezza della politica vaccinale europea e il fallimento della strategia per l’approvvigionamento delle dosi.

Johnson dal canto suo ha potuto godere di un appoggio incondizionato come non si vedeva da tempo. Il Labour si è schierato a difesa di Belfast e del Governo, così come tutti i partiti nordirlandesi, dall’unionista DUP, ai socialdemocratici e laburisti del SDLP. Persino i nazionalisti del Sinn Fein, il meno britannico (per usare un eufemismo) dei partiti irlandesi, hanno espresso grave preoccupazione e gli europeisti LibDems hanno definito la decisione dell’Ue “incomprensibile”. A dare manforte al governo Tory, infine, è intervenuto perfino il leader spirituale della Chiesa Anglicana, l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, che, con un tweet ha parlato di una “Ue che ha rinunciato al principio basilare della solidarietà”. Insomma, tutti contro Bruxelles, proprio in un momento in cui Johnson sembrava in difficoltà sia per alcuni contrattempi della Brexit proprio nel transito delle merci nell’Ulster, sia per la potenziale disgregazione del Regno che vede nella Scozia e nell’Irlanda del Nord i pericoli rispettivamente numero 1 e numero 2 per Downing Street.

Ma la mossa della Commissione ha rivelato l’essenza assolutamente bifronte dell’Ue, che prima aveva parlato di violazione degli accordi internazionali quando la Camera dei Comuni aveva approvato l’Internal Market Bill modificando alcuni estratti del NIP, e poi ha deciso di farne carta straccia in maniera unilaterale nella giornata di ieri, nonostante la Commissione congiunta UK-UE avesse già modificato la parte riguardante Belfast con soddisfazione di entrambe le parti prima dell’approvazione del Brexit Deal.

Sullo sfondo rimane sempre la questione nordirlandese, che sta a cuore a diversi player della partita, non ultimi il presidente americano Biden e il Taoiseach irlandese Martin. Con quanto stabilito ieri, Bruxelles ha gettato la maschera e mostrato che il ritorno di un hard border, un confine visibile tra le due Irlande, è stato realizzato proprio dall’Ue, seppur temporaneamente, nonostante l’accordo commerciale firmato lo scorso 24 dicembre tra Johnson e Von Der Leyen, con buona pace – è proprio il caso di dirlo – degli Accordi del Venerdì Santo. Per questo la reazione di Dublino è stata tra le più furibonde. Nella riprovazione il Governo dell’Eire ha trovato in alcuni Tories degli alleati insospettabili. Tom Tugendhat, presidente della Commissione affari esteri di Westminster, ha chiesto che venga istituita una Common Medical Area tra UK e Irlanda sul modello della Common Travel Area istituita nel 1921 tra le due nazioni.

Dopo avere dimostrato che uscire dall’Ue è possibile e che trattare da uno solo contro 27 anche, Johnson rafforza l’unionismo e porta a casa un altro punto a favore nella sfida a Bruxelles. Tra i tanti leader di partito che hanno espresso solidarietà al Governo britannico ne è mancato solo uno: la First Minister scozzese, Nicola Sturgeon, che ieri ha definito la visita di Johnson in Scozia “inopportuna” dopo avere manifestato per mesi il suo disappunto al premier per avere trascurato Edimburgo durante la pandemia.